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Amorphis (Tomi Joutsen)

Di Tiziano Marasco - 25 Marzo 2013 - 7:32
Amorphis (Tomi Joutsen)

Chi lo dice énfant prodige della scena estrema finlandese, salvatore di una band che con Far from the sun sembrava arrivata alla frutta. Chi lo addita come principale limite per gli Amorphis del dopo Koskinen, costretti a costruire canzoni viking-pop che possano far risaltare la sua voce,calda ma poco evocativa. Fatto sta che Tomi Joutsen è diventato in pochi anni la figura di spicco per una delle band più importanti nella scena scandinava. Dato che tale band si appresta a dare un seguito al non esaltante The beginning of times, Truemetal non si è lasciato scappare l’occasione di una chiacchierata col rastone dei 1000 laghi.Nonostante all’inizio il collegamento telefonico sia caduto tre volte in trenta secondi e il vivavoce mi abbia abbandonato subito dopo, siamo riusciti a portare avanti un’intervista nella quale il nostro ha presentato il nuovo album. E, tra le righe, ha lasciato intuire una personalità leggermente più insicura di quanto video e concerti diano ad intendere.

 

 

Caro Tomi, grazie per la disponibilità. Dopo aver appurato che addì 21 marzo in Finlandia ci sono dieci gradi sotto zero, se il collegamento telefonico regge, vorrei provare a farti qualche domanda seria. Naturalmente buona parte dell’intervista si concentrerà sul nuovo album, Circle, in uscita il 19 aprile. Per una mia tradizione personale, vorrei partire dall’artwork, trattandosi della prima cosa che uno vede acquistando il disco. Dato che si discosta molto dalle copertine precedenti, puoi parlarcene un po’?

Visto che il nuovo album si chiama Circle volevamo mettere in copertina proprio un circle, un cerchio. Ci siamo affidati a Tom Bates e, anche se il progetto si é evoluto diversamente da come pensavo, il risultato è soddisfacente per vari motivi. Il circle è rimasto, ma vi abbiamo aggiunto la figura, il volto che dà al tutto un carattere mistico, eppure molto organico e compatto. Anzitutto perché la cover ha un’estetica decisamente retrò, di tempi che non sono più, in controtendenza coi nostri vecchi art work. Ma in fondo si tratta di un’immagine atipica per la copertina di un disco metal in generale. E alla fine è una buona cosa perché anche questo disco sarà diverso. Non sappiamo se le reazioni saranno buone o cattive, ma sicuramente ci saranno. 

 

 

 

Esattamente. Ascoltando il promo di Circle mi è parso che ci dovremo aspettare grosse sorprese da questo nuovo album. Voi stessi inoltre avete detto che, durante il tour promozionale di The beginning of times, avete sentito il bisogno di trovare nuove vie. Puoi raccontarci un po’ cos’è successo?   

Alla fine è stato più o meno così: non è che eravamo stufi del processo creativo che aveva caratterizzato Skyforger o The beginning of times, ma tutti noi abbiamo sentito il bisogno di affrontare nuove sfide. Succede ogni tanto, e quindi proviamo a cercare nuove vie. Non è che alla fine ci riusciamo, ma ci proviamo almeno (ride). Comunque, durante la tournée dell’estate scorsa abbiamo avuto molte buone idee, alcune nuove canzoni sono state registrate e abbiamo fatto dei demo. Non tutte ovviamente, perché tra i vari concerti il tempo per registrare non è molto. Alla fine però ci siamo ritrovati con moltissimi nuovi pezzi e al momento di entrare in studio non avevamo che l’imbarazzo della scelta. E fin dall’inizio, quando Jan ha registrato la prima drum line con una batteria elettronica, abbiamo capito che le cose sarebbero state diverse. Poi il fatto di usare degli studi veri e propri ha profondamente influito. Durante le registrazioni dei vecchi dischi infatti tutto era fatto a volume altissimo e in parole povere, ci capivamo poco. Quando ad esempio registravamo una chitarra, il volume dello strumento era talmente alto da coprire le nostre voci. Finita la registrazione ci confrontavamo e naturalmente certe intuizioni potevano andare perdute. Questa volta invece l’atmosfera era, come dire, più raccolta. O più semplicemente, il volume degli strumenti era inferiore, quindi già durante la registrazione diretta potevamo confrontarci, proporre cambiamenti. È stato molto figo. Poi il fatto di collaborare con Peter ha portato ulteriori novità. 

Esattamente. Ricordo un progetto solista di Peter Tägtgreten, i Pain, come fortemente influenzato da sonorità industrial o elettroniche. Quindi, quando ho sentito il suo nome ho pensato ad un ritorno a sonorità tipo AM universum. E da quel che ho sentito in Hopless days, direi che l’aspettativa è confermata.

Che intendi?

Non dico che Circle sia un nuovo Am Universum, ma noto che esistano sonorità piuttosto simili tra i due album, e penso che sia merito anche del lavoro con Tägtgreten.

Questo effettivamente è vero. Non avevamo avuto un produttore vero e proprio durante le registrazioni degli ultimi dischi, ma non è che Peter sia arrivato con l’intenzione di stravolgerci le song. Però ha cambiato qui e là alcuni dettagli: ha abbassato le tastiere, ha reso le chitarre più taglienti e per certi aspetti classicamente black. In questo modo Circle si caratterizza per una produzione sobria(meno pompata, ndr). È stata una bella esperienza lavorare con lui, ed è stata una cosa bella anche lavorare gomito a gomito con un produttore unico durante tutto il periodo di registrazione. All’inizio io ero intimidito perché Tägtgreten è una figura importante del panorama metal scandinavo, ma anche per lui non è stato facile. Peter ha una famiglia in Svezia e per lavorare con noi ha dovuto staccarsene completamente, venendo a vivere ad Helsinki per 5 settimane, lavorando con noi 8 o 9 ore al giorno.

Le registrazioni sono durate solo 5 settimane?

Un po’ di più. Quando Peter è arrivato, avevamo pronte solo la drum line, che dopo le registrazioni provvisorie di cui ti ho parlato prima era stata reincisa in 4-5 giorni con una batteria vera e propria. Poi c’è stato il lavoro duro alla fine del quale Tägtgreten è tornato a casa per un breve periodo. Infine è venuto di nuovo qui in Finlandia per lavorare con me e rifinire le vocals. 

 

Un’altra cosa che notavo è che, dal tuo ingresso nel gruppo, non ci sono stati ulteriori cambi di line-up. Pensi che gli Amorphis abbiano trovato la formazione definitiva?

Spero davvero che sia così. È una bella combinazione di persone diverse. Siamo tutti coinvolti a tempo pieno nel progetto, non c’è gente che sparisce per un po’, và in vacanza, etc. Altra cosa molto bella, siamo tutti compositori, il che garantisce molta varietà alle songs. Trovo  fantastico il fatto di avere un tastierista come Santeri Kallio, per esempio. Non ho mai capito il motivo, ma quando inizi a comporre una canzone  partendo dalla tastiera, il risultato è molto diverso rispetto a quando parti dalle chitarre. Poi all’interno della band non c’è una guida assoluta, siamo molto democratici ed ognuno rispetta le opinioni degli altri.

Veniamo ai testi, che per voi sono sempre molto importanti. Ho letto che questo sarà un concept ma non sarà un Kalevala-album.

I testi sono scritti anche stavolta da Pekka Kainulainen e, come fai notare, non trattano di Kalevala. In realtà anche Pekka, aveva smesso di comporre poesie a tema mitologico quando noi eravamo in tour. Aveva iniziato a scrivere cose nuove e piuttosto diverse ed è stato felice di sapere che anche noi non volevamo un’altra kalevalata. Voleva parlare dei luoghi che amava e delle strade in cui vive, quindi queste persone erano piene di gente, di taxi. Effettivamente forse era un po’ troppo moderno per gli Amorphis e alla fine, dopo aver sentito le musiche ha un po’ dirottato su tematiche mistiche arrivando a questo concept. (Gran parentesi, il concept si svolge ai giorni nostri. Riguarda un artista segnato dalla sfortuna e destinato ad essere incompreso. Durante il disco, entra in contatto con lui una figura mistica, uno sciamano dei tempi andati, la figura posta sulla copertina del disco, che dona alla sua vita una dimensione diversa, ndr)

Avete bisogno di riadattare le poesie alle vostre canzoni?

Eh sì, questa è una bella domanda, hai proprio colto il punto. Pekka scrive le sue liriche in finlandese. Quindi noi dobbiamo passarle al nostro traduttore ufficiale e solo alla fine sorge il problema di adattare i testi alla musica. In studio perdiamo ore a cercare, magari, anche un solo verso. E spesso mi trovo a pensare “sì, lascio così perché non mi viene in mente nulla di meglio, ma non credo che possa funzionare”. Quello che conta però, è l’opinione del pubblico. Ed è una fortuna, perché il pubblico è un po’ meno esigente di me.

Mai pensato ad un disco in finlandese?

NO. So che il mio cantato può sembrare ridicolo ad un americano ma io mi trovo meglio con l’inglese (grazie a vari feedback ho scoperto che Tomi non suona per nulla ridicolo almeno ai britannici, ndr). È una cosa abbastanza normale forse, perché hai un rapporto meno immediato con le liriche, se canti in inglese le parole hanno una forza minore rispetto a quando canti nella tua lingua, dove capisci perfettamente tutto quello che dici. In ogni caso, cantando in finlandese mi sento un po’ a disagio, mi fa proprio strano.
Poi è da tenere in considerazione un altro fatto: gli Amorphis sono in giro da molto tempo e quando hanno iniziato, la scena scandinava era ancora imperniata sull’inglese. Solo in seguito sono apparse band che cantavano in norvegese, solo più tardi i Rammstein han fatto il botto e solo nel 2000, qui in Finlandia, sono arrivati i Moonsorrow. Ma gli Amorphis nel 2000 avevano già 5  dischi alle spalle e una fetta di pubblico internazionale ben consolidata, pubblico che non comprende la nostra lingua. Qunindi per ora ci accontentiamo di qualche parola qua e là, magari un giorno faremo una canzone. Ma cantare in madrelingua tutto il disco è fuori discussione.

A proposito di cantare, ho notato una certa evoluzione nel clean. Deriva da una tua scelta consapevole?

Effettivamente sì, qualche cambiamento c’è, ma non riguarda il clean. Peter Tägtgreten ha voluto apportare delle innovazioni anche con me. Mi ha proposto di usare diversi registri tipici del black ed in particolare mi ha chiesto di tentare lo screaming. Io, che sono abituato al growl, non ero molto convinto, dopotutto lo scream non l’ho neanche mai usato con molta frequenza. Ma alla fine in studio mi sono reso conto che potevo farcela senza grossi problemi. Questo ha contribuito a rendere l’album ancora più feroce. 

 

 

Cosa pensi di chi fa il confronto tra te e Pasi Koskinen?

Mah, alla fine non c’è niente da pensare né da fare. Gli scontenti ci saranno sempre, soprattutto in un ambiente conservatore come il metal. Ma io non sono Pasi, sono un’altra person, e pretendere che mi adatti al suo stile non è pensabile. Anzi, forse sarebbe anche più dannoso per gli Amorphis che finirebbero per clonarsi all’infinito.

Cosa ricordi del periodo di transizione in cui sei entrato nel gruppo? Gli altri come ti hanno accolto?

Per me è stato un salto enorme. Ho iniziato con altre band, naturalmente, e per di più facendo il batterista. Solo in un secondo momento mi sono scoperto vocalist. Quando sono arrivato io, gli Amorphis erano un gruppo famosissimo, non solo in Finlandia. Quindi ci sono entrato da fan prima che da musicista e, e ci sono entrato per essere il frontman. Naturalmente ero tesissimo. Non bastasse questo poche settimane dopo il mio ingresso abbiamo iniziato un tour negli Stati Uniti. Era il primo tour di là dell’oceano per la band e per me era il secondo o terzo in assoluto. Sono stato malissimo: non mi sentivo all’altezza, avevo paura del pubblico e credevo che non ce l’avrei mai fatta. Sono state settimane terribili. Per fortuna gli altri hanno capito la mia situazione e mi sono stati vicino. Dopo qualche tempo le cose si sono normalizzate e poi sono andate sempre meglio. 

Parlando di tour, possiamo chiudere con delle anticipazioni su una possibile data in Italia?

I nostri promoter sono già al lavoro e, anche se non è certo, posso solo dirti che molto probabilmente ci esibiremo nel vostro paese a novembre, con ogni probabilità a Milano. Durante l’estate però ci esibiremo in molti concerti. In settembre poi, tenteremo un’avventura in Australia e Giappone.