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Apolokia (Blackfrost)

Di Daniele D'Adamo - 1 Giugno 2013 - 16:24
Apolokia (Blackfrost)

 

Dopo tanti anni, finalmente, è arrivato il debut-album. Perché tutto questo tempo?

La band è stata inattiva, messa sotto ibernazione per 7/8 anni per nostra volontà, ergo la nostra decisione nel 2007 di riprendere con Apolokia dopo anni di puro distacco dai vari ambienti e scene di cui non ci è mai interessato far parte, soprattutto dopo il 1998, anno di aberrante declino ideologico e ‘musicale’ del black metal. In ogni modo a Noi non frega nulla di termini temporali, facciamo ciò che vogliamo in virtù di una nostra gratificazione personale e ideologica, e al passo con i nostri tempi, alquanto lunghi, visto il fatto che la distanza tra Norvegia e Italia, tra me e Verminaard, influisce decisamente sulle varie fasi compositive. Noi non siamo una band canonica e ne siamo fieri.

“Kathaarian Vortex” prende il nome dai Càtari, eretici medievali. Come mai la scelta di questo specifico tema?

Il tutto nasce da personali studi e ricerche di natura esoterica, storica ed elitista/nichilista relativamente collegati al concept primario del catarismo poi malevolmente sviluppato e reinterpretato nel concept inerente il nostro debut-album “Kathaarian Vortex”: astratto riferimento a un nero vortice, luogo di sulfurea asfissia dal mondo degli umani e rigenerazione-resurrezione in base a un dualismo infernale, come forma antitetica alla vita generica e geneticamente impura degli umani.

Di cosa trattano i testi? Si sviluppano attorno a un concept di base, oppure sono delle storie a sé stanti?

Noi non scriviamo ‘storie’. I testi dell’album riflettono i nostri interessi culturali, ideologici e attitudinali: Satanismo, occultismo, nichilismo cosmico, isolamento e ricerche-teorie in ambito storico, esoterico/elitista e visionario.

La cover sembra raffigurare una specie di vortice di corpi. È giusto? Non avete temuto di abusare di un tipo di artwork, specificamente per quanto riguarda il logo, abbondantemente sfruttato?

Affermativo. No, non credo, né tema di aver abusato di un cliché, sia a livello di artwork che riguardo al logo addirittura. Apolokia è black metal puro sotto tutti gli aspetti e intendo non solo musicali. Riguardo “Kathaarian Vortex”, l’artwork è stato interamente concepito da me, in simbiosi con il misticismo e la simbologia ermetica racchiusa ed espressa nell’album. Niente è lasciato al caso in ciò che realizziamo in Apolokia. Tutto ha un suo significato, tutto è sempre collegato.

 

 

Apolokia (a proposito, qual è il significato di questo moniker?) rappresenta il totale annientamento musicale, tanto che la vostra la label (My Kingdom Music, NdR) vi definisce ‘nihilistic black metal’. Concordate con questa interpretazione?

Il nostro monicker ha una valenza esoterica. Va relazionato e interpretato come un principio di iniziazione mistica e ritualista verso l’oscurità e il caos. Siamo una band nichilista ergo la definizione trova il nostro totale consenso.

A un primo ascolto, il vostro sound sembra quello di tante one-man band di black metal che albergano nei sotterranei di tutto il Mondo. Cioè, grezzo e quasi inintelligibile. Pensate, invece, di avere qualcosa in più rispetto a tali realtà?

A ognuno il suo. Noi siamo oltre ciò che è umano.

Comunque sia, “Kathaarian Vortex” non è figlio di nessun compromesso: black metal il più violento possibile, quasi parossistico. Perché gli Apolokia si sono indirizzati verso questa forma artistica assolutamente distruttiva?

Secondo la nostra ideologia, ‘black metal’ è strettamente connesso con il lato cosidetto ‘Non Umano’ e con le nere arti e i lati più distruttivi e misantropici della personalità. Per noi ‘black metal’ non è musica. L’aspetto esoterico, satanico e nichilista rappresenta il suo puro e incontaminato nucleo spirituale. “Kathaarian Vortex” è un manifesto di nero ritualismo, ultraviolenza artica densa di sulfuree atmosfere avvolte da vocals mantrico-infernali.

In particolare, perché avete scelto di evitare (a parte “Consolamentum”) inserti ambient e simili, cioè d’atmosfera, per concentrarvi sulla massima foga possibile?

Non abbiamo scelto di evitare parti ambient, in quanto il nostro obiettivo primario a livello compositivo e concettuale per “Kathaarian Vortex” era piuttosto diretto al raggiungimento di una certa atmosfera glaciale attraverso l’uso di composizioni incentrate su sonorità e visualità di oscura ultraviolenza senza alcun compromesso.
 

 

Le vostre linee vocali, perfette per una proposta musicale come la vostra, sono tuttavia indistinguibili come sillabazione. Che senso ha metter giù uno screaming di cui non si comprendono le parole?

Non creiamo ‘musica’ per dare piacere e comfort all’ascoltatore. Il nostro obiettivo è sempre quello di creare disturbo misto a un senso di claustrofobia e odio verso di esso. Non ci interessa minimamente se le vocals appaiono difficilmente distinguibili nel marasma sonoro; in ogni modo coloro che siano interessati a ciò possono seguirne i testi. Ergo…

Sembra scontato, questo concetto, ma rivela sempre degli aspetti nuovi, personali e interessanti: come vivete il black metal? Qual è la vostra filosofia di vita?

No comment.

Nel significato di misantropia, che fa da base emotiva al black, c’è spazio per ciò che pensano i fan della vostra musica oppure andate avanti per la vostra strada senza curarvi di niente e nessuno?

L’ultima opzione da te espressa.

Che aspettative avete, da “Kathaarian Vortex”?

Le nostre attenzioni primarie sono rivolte verso la sua distribuzione e promozione nell’odierno underground che è ben differente da ciò a cui eravamo abituati nei primi anni ‘90, un periodo dal fascino ben diverso, senza internet e cagate sociali.
 

 

Non temete che il black metal abbia già esaurito la sua spinta anticonformista, sia come musica, sia come temi affrontati?

Per come lo intendiamo Noi, ‘black metal’ puro è finito nel 1998, dopo essersi tramutato in un trend fastidioso che ahimè ancora esiste allo stato attuale. Ho avuto modo di notare che sono ormai poche le band con una certa ideologia, attitudine e qualità ‘black metal’ ovvero non deturpato dei suoi elementi originari, con un tipo di sound primitivo, distruttivo, disturbante e dalle tematiche di chiara inclinazione satanica. Suddetta ‘Elite’, credo continuerà a esprimere la pura essenza Black Metal per molto tempo a venire anche se Noi, sinceramente, ne auspichiamo l’estinzione a breve, vista l’inutile presenza di band che dovrebbero non etichettarsi come tale e che dovrebbero invece saltare sul prossimo trend del momento o togliersi direttamente la vita. «Black metal for Elite only».

Avete un’attività live? Se «sì», quali sono le vostre esperienze e qual è il vostro futuro? Se «no»… perché «no»?

Nessuna attività live sin dagli albori. Non ci è mai interessato e mai lo faremo. Non crediamo si possa ‘trasmettere’ ‘black metal’ su un palco.
 
Cosa potrebbero trovare, in “Kathaarian Vortex”, di non ancora sentito, i lettori di Truemetal.it?

Non è un album diretto; dietro la sua violenza caotica mista a un suono iper-glaciale, nasconde un’atmosfera del tutto fuori dalla norma, ma necessita di svariati ascolti e un’introspettività personale non comune all’inutile massa.

Intervista a cura di Daniele “dani66” D’Adamo

 

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