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Death (Chuck Schuldiner – 1998)

Di Stefano Ricetti - 14 Settembre 2014 - 18:00
Death (Chuck Schuldiner – 1998)

 

 

Chuck, cosa c’è di nuovo e di vecchio, in relazione a quello che da sempre è il Death-style, su The Sound of Perseverance?

Una cosa è rimasta intatta: l’aggressività! Molti gruppi perdono in aggressività col passare del tempo, ed invece io continuo a pensare che la musica debba essere sempre e comunque sorretta dalla grinta, da una forza di base. Quando ascolti una canzone devi trovarci dentro quel qualcosa in più che fa la differenza… e questo è importante per qualsiasi tipo di musica. Per un gruppo è fondamentale scrivere canzoni che vadano a colpire il proprio pubblico, almeno quanto restare indipendenti da qualsiasi tipo di moda. I Death non hanno mai avuto a che fare con lo stile in voga al momento e nei nostri dischi è pressoché impossibile scovare influenze o riferimenti a questo o quel gruppo. Noi siamo sempre andati in una direzione che è opposta a quella intrapresa da tutti gli altri, così quando esce un nostro album sei sicuro che dentro non potrai trovarci altro che dei fottuto metal!

Alla luce di un elevatissimo tasso tecnico, credi sia giusto appiccicare su The Sound of Perseverance l’etichetta di disco death metal?

Infatti, io considero The Sound of Perseverance più semplicemente come un album metal. Non ho mai apprezzato coloro i quali si divertono a creare decine si sotto-etichette all’interno del movimento metal. Sì, detesto tutto ciò! lo ho sempre suonato dell’heavy metal, eppure ogni volta che esce un disco dei Death mi ritrovo etichettato nei modi più disparati. ‘Fanculo… io faccio del metal! Detesto qualsiasi tipo di barriera e di regola, proprio a partire dalla musica!”.

 

 

Con il passare degli anni sono migliorate tantissimo le tue performances vocali ed anche il tuo modo di suonare la chitarra attraverso riffs man mano sempre più complicati. Quanto hai dovuto sudare per raggiungere risultati simili?

Beh, soprattutto all’inizio è stata durissima. Quando abbiamo cominciato a provare in saletta, mettevamo giù solo la parte strumentale dei pezzi, mentre i testi uscivano fuori più tardi. Dover pensare contemporaneamente a suonare e cantare mi metteva in seria difficoltà e alla fine non riuscivo a far bene nessuna delle due cose. Sì, spesso mi capitava che a metà del riff non ricordavo più le parole, o viceversa. Col passare degli anni queste difficoltà sono sparite, cantare mi viene naturale, soprattutto in studio, anche senza avere una chitarra tra le mani.

Ti fa piacere essere considerato come una sorta di guru, di pietra miliare del movimento death metal?

Diciamo che non ho mai fatto niente per esser considerato tale. Sì, sento da anni questa storia di Chuck Schuldiner padre del death metal e ne sono lusingato, ma, lo ripeto, non credo di aver mai fatto niente per guadagnarmi una simile reputazione. Credo che oltre ai Death negli anni ’80 siano esistiti gruppi altrettanto importanti il cui stile era aggressivo tanto quanto il nostro… il problema è che, ad eccezione degli Slayer, tutti gli altri hanno fatto una pessima fine.

 

 

Fammi qualche altro nome che ritieni particolarmente significativo per la storia del genere…

Beh, potrei dirti Celtic Frost, un gruppo veramente incredibile all’epoca. Considero Morbid Tales un classico, un capolavoro! Poi si sono sciolti ed io invece, ringraziando Dio, sono ancora qua! Un altro gran gruppo erano i Possessed, che si sono sciolti pur avendo davanti un futuro luminosissimo. Erano tra i miei gruppi preferiti negli anni ’80. Il mio obiettivo, invece, è sempre stato quello di andare avanti a qualunque costo, ho sempre desiderato migliorarmi come chitarrista e scrivere testi sempre più interessanti. Sai, invecchiando acquisti in esperienza e questo si sente soprattutto a livello lirico. Insomma, per tornare alla domanda che mi hai fatto prima, credo che i Death e Chuck Schuldiner siano considerati i padri del death per il semplice fatto che, a differenza di altri, dieci anni dopo sono ancora qua a suonare e far dischi!

Ricordo che nei mesi successivi alla pubblicazione del vostro penultimo album come Death (Symbolic), giravano voci riguardo un tuo progetto in ambito classicamente heavy metal, Control Denied. Come mai non ne è uscito fuori niente di concreto?

Ah… un sacco di persone continuano a pensare che quel progetto sia stato una barzelletta o che, addirittura, non sia mai esistito. In realtà, il periodo che ho dedicato ai Control Denied mi è stato utilissimo sia dal punto di vista artistico che umano. E comunque posso anticiparti che con i Control Denied ho registrato un album che vedrà la luce subito dopo che con i Death avrò concluso il tour di supporto a The Sound of Perseverance.

Cosa dovremo aspettarci dal punto di vista stilistico?

Beh, diciamo che a livello musicale considero i Control Denied come un’estensione di ciò che normalmente faccio coi Death, con la differenza che là abbiamo in formazione un vero singer di heavy metal classico e quindi il mio compito si limita alle parti di chitarra.

Dobbiamo considerare i Control Denied una sorta di side-project, di band consacrata esclusivamente a registrare in studio?

Assolutamente no! L’album sarà una vera bomba, te lo assicuro, e subito dopo la sua pubblicazione partiremo in tour.

Come mai allora tutto questo ritardo visto che di album si parlava già almeno un paio di anni fa?

Perché a un certo punto ho capito che sarebbe stato necessario far uscir prima un nuovo disco dei Death. Ti assicuro però che nel momento in cui l’album attiverà sul mercato il mio impegno coi Control Denied sarà pressoché totale, esattamente come succede ogni volta che c’è una nuova release dei Death. Insomma, voglio ribadire una volta per tutte che i Control Denied sono un vero gruppo… un gruppo da prendere in seria considerazione!

 

 

Prova a definirci con qualche aggettivo il tipo di musica che avremo modo di ascoltare…

Mmmh… una musica esplosiva, potentissima, pesante e al tempo stesso anche melodica e progressiva. Non voglio anticiparti nient’altro… sarà una sorpresa!

Se non sbaglio, Shannon Hamm e Scott Clendenin (il chitarrista e il bassista dei Death) sono al tuo fianco anche nei Control Denied. Che tipo di rapporto hai con loro?

Un rapporto perfetto, di amicizia e stima reciproca. Loro conoscono la storia dei Death e sanno che sono sempre stato io il compositore principale del gruppo. E’ una cosa comune a migliaia di altri gruppi quella di avere un formazione un unico compositore, ma io mi ritengo oltremodo fortunato perché a Shannon e Scott piace da matti suonare ciò che io compongo. E comunque, in tutti questi anni ho sempre lasciato piena autonomia d’espressione a tutti i musicisti che si sono avvicendati al mio fianco. li mio non è egocentrismo, ma solo volontà di non cambiare un metodo di lavoro che nei Death ha sempre funzionato benissimo.

E’ però un dato di fatto che i Death abbiamo cambiato continuamente formazione. Quando ti deciderai a “mettere la testa a posto”?

Come puoi immaginare io ho una considerazione altissima dei Death, non ho mai messo un annuncio sul giornale per dire che stavo cercando un chitarrista o un batterista. Sai, io sono molto esigente, puntiglioso, perfezionista, quindi non è facile trovare musicisti che fanno al caso mio. Dopo la pubblicazione di Symbolic tutti i musicisti che mi avevano affiancato se ne sono andati per i fatti propri perché sapevano che avrei accantonato per un pezzo il progetto Death, così quando ho deciso di far tornare fuori il gruppo la cosa più naturale mi è sembrata quella di chiamare Scott e Shannon visto che suonavamo assieme nei Control Denied. Ti ripeto, ho un bellissimo rapporto con loro due, di stima e di amicizia. Per quanto riguarda il batterista, purtroppo il mio vecchio amico Gene Hoglan era troppo impegnato in una miriade di progetti, così non ho neanche preso in considerazione l’ipotesi di richiamarlo. Per fortuna ho trovato quello che cercavo a due passi da casa mia, in Florida: Richard (Christy) è un musicista straordinario, ve ne accorgerete dal vivo! Cosa vuoi che ti dica, in questo momento la formazione è estremamente solida… e poi veniamo tutti dalla Florida!

 

Death, The Sound of Perseverance, 1998

 

Dopo diversi cambi di etichetta, oggi i Death sono approdati alla Nuclear Blast. Su quali basi hai deciso di firmare per loro?

Il nostro è un accordo che non ha necessitato di troppe discussioni perché sin dal primo incontro ci siamo trovati in sintonia su come le cose dovessero essere gestite. La Nuclear Blast punta moltissimo sulla promozione, un’opzione che oggi come oggi è molto difficile ottenere su altre etichette indipendenti. Ci siamo trovati avvantaggiati perché alla Nuclear Blast conoscono bene la storia del gruppo e, soprattutto, perché sono dei metal fans ancor prima che dei discografici. Loro sanno bene che se un gruppo non fa promozione ben difficilmente riuscirà a raggiungere un pubblico consistente. Insomma io gli ho detto che Chuck Schuldiner non si sente soltanto il componente di un gruppo ma che se è ancora qua è perché desidera ardentemente costruire qualcosa di importante, anche grazie ad una buona promozione.

In America stanno andando per la maggiore gruppi come Deftones, Korn, Coal Chamber, Marilyn Manson… Che ne pensi?

No, non mi piace proprio quello che oggi in America chiamano heavy metal. Non considero i Coal Chamber un gruppo heavy metal. E’ così che i media americani fregano i ragazzi, inculcandogli in testa cose che non stanno né in cielo né in terra. lo ho 31 anni e da una vita compro dischi heavy metal… So cos’è l’heavy metal, e quello dei Coal Chamber non lo è affatto!

 

 

Che opinione hai dell’Europa e dei gruppi europei?

In Europa la musica è veramente metal. I gruppi hanno un suono metal e un’immagine metal. L’Europa non è affetta da quel morbo che sta distruggendo la musica americana. Fra non molto i miei connazionali saranno costretti a volgere il loro sguardo aldilà dell’Oceano per riscoprire cos’è e cosa significa essere… heavy metal!

Un’ultima domanda: che tipo di significato attribuisci al termine “perseveranza” che hai usato nel titolo del nuovo album?

Perseveranza significa passare attraverso tutti gli avvenimenti – positivi e negativi – che la vita ti pone davanti ogni giorno; perseveranza significa avere degli obiettivi da raggiungere ben chiari in testa. Proprio la perseveranza e l’ostinazione mi hanno permesso di arrivare dove sono adesso passando sopra al sistema e a tutte quelle mode che divorano nel giro di pochi mesi migliaia di gruppi, soprattutto qui in America. Conosco tanta gente che ad un certo punto ha girato le spalle al metal e che oggi cerca invece di dire e fare il contrario. Sai meglio di me che qualche anno fa il termine heavy metal era considerato come una sorta di spauracchio, di tabù… Ebbene, quando io mi guardo allo specchio e mi chiedo chi sono, vedo Chuck Schuldiner: un metal fan che ha la possibilità di vivere grazie alla musica che suona. Anche per me sarebbe stato facile dare un taglio netto ai capelli, farmi crescere la barbetta sul mento e dire: ‘Eccomi signori, una volta suonavo metal ma adesso faccio altre cose!’. Fortunatamente ci sono ancora tanti ragazzi che adorano questa musica… ed è giusto rispettarli, accontentarli.

 

Daniel Crespi

 

 

Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti