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Doomsword: DeathMaster e The Forger

Di Keledan - 25 Giugno 2002 - 20:11
Doomsword: DeathMaster e The Forger

In occasione dell’uscita del nuovo album della cult band Doomsword, ho avuto modo di organizzare un incontro semi clandestino con DeathMaster ( da ora DM), cantante e compositore, e The Forger (TF), chitarrista e compositore. Ecco cosa hanno risposto alle mie domande! Come al solito, finisco per parlare più di attualità che di musica, spero possiate perdonarmi. Una nota: in questa intervista non sono presenti immagini per via della scelta di anonimato che il gruppo porta avanti dal principio.
Ricordo a tutti che, nella sezione Files, sotto Heavy Metal trovate due pezzi del disco, Shores Of Vinland e Onward Into Battle.Ciao ragazzi,
Prima e unica domanda sulla line up: come mai il cambio di cantante ?

DM: Perché era una scelta che avevo già fatto sul demo, e avrei voluto ripetere anche sul primo disco ma non ce n’è stata la possibilità, perché forse, effettivamente, almeno a livello tecnico non ero sufficientemente preparato per potermi permettere di cantare sul disco, quindi ho fatto cantare un’altra persona. Perché sono convinto di una cosa, quando scrivi i pezzi, è troppo difficile spiegare ad un’altra persona come li deve cantare. Non c’è altra spiegazione, quando li scrivi te li senti, e se sei capace di cantare te li canti anche.

Le vostre canzoni parlano di guerra e battaglie. Non vi sembrano argomenti quantomeno indelicati, in questi momenti?

DM: No, non mi sembra indelicato. Innanzitutto, io sono anni che canto di queste cose, mi posso rendere conto che magari non è molto politically correct cantare di queste cose dopo l’11 settembre, però ti dico anche questo, lo spirito dei Doomsword è all’esatto opposto di tutti coloro che cantano della guerra. Per noi cantare della guerra non significa cantare il trionfo di un eroe, di un gesto epico o di chissà quale atto violento. Per noi il significato più importante dell’epicità e della guerra, è il momento della morte. Per noi è come potrai leggere nella quinta canzone, “For those who died with sword in hand”, un’ode che è un po’ il sunto di tutta la filosofia dei Doomsword. Per noi l’importante non è immaginare l’eroe che uccide gli avversari e trionfa sul nemico. Per noi è importante l’eroe che guarda negli occhi il nemico che ha appena ucciso, e sa che quella persona, nemica fino a due secondi prima, lascia moglie e figli, capisci?Noi siamo la differenza che c’è tra il cantare l’epicità di un Conan senza cervello che mulina la spada addosso a tutto quanto, e l’epicità di una persona che difende i propri valori.

TF: attenzione, i Doomsword parlano di battaglie, ma cercano sempre comunque di far capire che nella guerra c’è il bene e il male. Nelle nostre canzoni vedi la sofferenza, la disgrazia di chi è sconfitto. Oggi sicuramente la guerra è diversa, per i popoli che cantiamo noi faceva parte della tradizione. I celti smettevano di combattere in inverno e ricominciavano con la primavera, questa è cultura della battaglia, non i massacri indiscriminati di oggigiorno.

Scriverete mai un pezzo sulla situazione palestinese? La lotta dei palestinesi non merita di essere cantata al pari di una battaglia epica?

TF: no, perché entreremmo in un contesto politico, non puoi parlare di certe cose da esterno, ti posizioni da una parte o dall’altra, o pro o contro.

DM: Diciamo che il problema principale è che io mi sono scelto un tempo nel quale far agire i miei testi, che è il Medio Evo. Difficilmente uscirò da questo, anzi, credo che non uscirò mai da questo. Ciò non toglie che la lotta in Palestina sia epica. Il problema è come la si conduce: perché non penso che mai nella storia sia stato considerato epico un suicidio che ha portato alla morte di poche unità nemiche, quando invece, magari, un suicidio che ha portato a un grosso successo è stato considerato veramente epico. O il suicidio serve a qualcosa, o è un atto più simbolico che reale, rimane l’atto di un folle, un dinamitardo che si fa esplodere e ferisce 5 persone. E con questo non voglio aggiungere altro.

Un disperato, forse?
DM: Un disperato, sicuramente, ma il problema è la cultura nella quale questo cresce, che è una cultura di esaltazione, che è contro le leggi del guerriero. Perché l’esaltazione in battaglia è un conto, l’esaltazione di una vita è un altro. L’esaltazione nella vita quotidiana non porta ad altri risultati che a quello che succede ad un terrorista palestinese, cioè farsi esplodere in un ristorante, ferendo 5 persone ed ammazzandone altre due, col risultato che è talmente poco efficace il tuo atto, che più che rappresaglie 10 volte più violente non subisci.

Neanche sui curdi?
DM: No, ma il problema è questo. Tu non puoi escludere che noi, nella nostra vita, al di fuori del nome Deathmaster e The Forger non facciamo qualcosa per i curdi. Io non ho paura di dirti come Deathmaster che dei curdi non m’importa, ma col mio nome reale, come uomo e non come musicista, se te lo volessi rivelare, potrei dirti che so benissimo che per ogni curdo ci sono 37 mine antiuomo, e che spesso un curdo non arriva a quarant’anni con tutti gli arti interi. Ma questo è un problema che influenza la mia vita, i Doomsword sono un’altra cosa.

Mi ricorda l’ideale romantico
DM: È semplicemente estrapolare il nostro animo più eroico sempre secondo un’ottica di saggezza. Per noi ciò che conta di più non è la gloria, è qualcosa che va al di là. Se tu leggi i testi ti accorgi che lo spirito è tragico.
L’importante è che tu sia vissuto nell’onore, c’è un pezzo di quella canzone che dici ‘ognuno potrà testimoniare che io ho combattuto con onore e i miei figli potranno dire che la loro stirpe è una stirpe gloriosa’. Ma con questo non c’è felicità nell’uccidere, non c’è ricerca della guerra! Per noi è esaltare l’aspetto opposto, per noi la guerra non è celebrata è vissuta. È il momento cardine, siccome è il momento più topico, più drammatico, va descritto ma non va glorificato nel suo duplice aspetto. Dell’eroicità del guerriero che uccide, e nella tristezza del fatto che una persona comunque sa di ucciderne un’altra che ha una propria vita. Chi parla del fatto che ogni guerriero era conscio di ciò che commetteva uccidendo, che era in fondo dispiaciuto di aver posto termine alla vita di un altro grande guerriero? Chi parla dell’onore che c’era nei duelli dove il vincitore pagava la famiglia dello sconfitto per rimediare al danno arrecato.

Doomsword da dove viene? Mi sembra il nome di una spada fantasy.

DM: Semplicemente è per ringraziare un mio amico, che è anche il narratore della parte del “Signore Degli Anelli” nella canzone … sul primo disco. Lui è riuscito a trovare un termine per sostituire Stormbringer, il concetto che ispirava i Doomsword. Nel senso che noi volevamo essere un gruppo che al momento stesso fosse epic, per cui la parola sword, tipico simbolo di epicità medievale. E doom, nel senso che volevamo sottolineare il nostro aspetto decisamente doom anche proprio a livello musicale. Doomsword vuol dire esattamente questo, che noi volevamo rappresentare un taglio netto nei confronti di tutto quello che è trend e music business per una band che è sincera in tutto e per tutto, e ogni volta che tu ascolti i Doomsword ti rendi conto che sei di fronte a un blocco di granito, e non ad un gruppo. Tutto quello che viene dopo di noi, o ci apprezza per come siamo grandi, o va da tutt’altra parte. Se cerchi la vera essenza del genere che facciamo, penso che ormai nessun altro possa immedesimarsi più di noi in quello che facciamo. Non trovo più altri gruppi che possano dirsi epic metal fino all’ultima nota, mentre il nostro giuramento è stato proprio questo.

MCXIX è un titolo che mi ha incuriosito, spiegami un po’ questa scelta di usare melodie arabeggianti.

DM: Hai scelto una canzone un po’ particolare, diciamo che mi piacerebbe che ognuno leggesse in MCXIX quello che vuole, non vorrei che il ‘mistero’ fosse risolto. Tu lo sai, ma vorrei che ognuno andasse a ricercare, perché viene incuriosito dal titolo e dal testo, ciò che potrebbe essere implicato in quella canzone. La melodia arabeggiante serviva anche per creare un contesto geografico, diciamo. Però è veramente l’unica canzone sulla quale non voglio rivelare particolari.

Dammi il tuo significato di TrueMetal. Per me è musica metal suonata con passione, per te?

DM: Per me questo termine si lega necessariamente al bisogno che c’è stato negli anni di mettere ordine nel casino che si è creato nel genere heavy metal. Iniziò tutti con i Black Sabbath, poi arrivò la NWOBHM, poi l’heavy metal si diffuse un po’ in tutto il mondo, e poi in tutto il mondo si mise a fare ciò che gli pareva, soprattutto a partire da metà degli anni 80, quando nacque il thrash, poi il death metal. A un certo punto la gente pensò “che roba è questa cosa, perché mettono ancora la parola metal di fianco alla definizione del loro genere? Che c’entrano gli Entombed con i Judas Priest? Allora arrivò la definizione di TrueMetal, che non è nient’altro che la derivazione di quello che fu l’HR dei Rainbow e dei Deep Purple, in poche parole, chitarre dal suono HM, aggressività HM, e un cantato degno di chiamarsi HM.

True Heavy Metal quindi.

DM: Certo, perché TrueMetal si riferisce all’heavy metal.

Allora io sono un false, io ci metto dentro anche certi gruppi black, death…
DM: Guarda io ti dico la verità, nella definizione TrueMetal non credo, credo nella definizione heavy metal. Per me TM non vuol dire niente più che HM classico, almeno secondo quella che è la mia concezione. Invece nell’HM credo tanto, in quello che c’è tra tutte le persone che hanno deciso di prendere i suoni dei vecchi gruppi HM e recuperarli sotto ogni punto di vista.
Le voci da cantate sono diventate gridate poi growl, le chitarre sono diventate prima delle zappe poi dei trattori, le batterie sono diventate tram poi dei cingolati. Non c’è più musicalità, non c’è più melodia, non c’è un cazzo di niente di quello che era lo spirito con cui è nato l’HM. E quindi va necessariamente differenziato. Io toglierei la parola metal, chiamatelo come vi pare, chiamatelo death, sta meglio, o thrash. A me piace, io sono un grosso fan degli Entombed dei primi dischi, sono nato anche musicalmente con i Dismember. Ma non vedo comunque nulla in comune con i Warlord, quindi togliete la parola metal. L’HM è quello che è nato una volta, poi quello che hanno fatto dopo va benissimo, il problema di tutto sono le definizioni.

Definisci TrueMetal (a The Forger)

TF Una parola che è stata usata per ridefinire l’HM classico.

Queste parole di “For those who died with sword in hand” mi hanno colpito: “I will mix my blood with sand”. È un tributo ai vecchietti del metal?

DM: Si, decisamente, è uno dei pezzi più sentiti di uno dei dischi che amo di più dopo i primissimi, è un’espressione che ho trovato veramente poetica e ho voluto ripetere. Senza vergogna, non ho paura di negare che non ho preso ispirazione, ho proprio tributato i Manowar in questa frase. D’altronde è una frasetta piccolissima, l’ho usata, con orgoglio anche.

A proposito di Manowar, si potrebbe dire che i Doomsword sembrano un gruppo dei tempi di Into Glory ride dei Manowar.

DM: Come stile decisamente, noi sicuramente abbiamo 15 anni di repertorio metal in più alle spalle, cosa che loro naturalmente non potevano avere. L’esperienza a noi ha giovato, noi abbiamo potuto per dire, fare una canzone epica con atmosfera orientale, ai loro tempi i Manowar non l’avrebbero mai fatta. Perché non s’immaginava che una melodia orientale potesse coniugarsi con l’HM.

Come mai questi soprannomi? Motivi d’anonimato, o altro?

DM: sicuramente anonimato. Tu guarda soltanto le foto e capirai. E’ da sempre che nutro questa cosa. Io ho sempre voluto che i Doomsword fossero band di culto. Anche se nella mia idea, e come sa chiunque sia nel music business, band di culto altro non vuol dire che sei bravo, ma non vendi.

TF: la risposta numero uno è anonimato. Per quanto riguarda invece il nome Guardian Angel II, è un tributo ai Warlord, e si chiama così perché ha succeduto Guardian Angel.

DM: lo scopo dell’anonimato è evitare in maniera assoluta la vanità, il trionfo personale e tutte le cose che non vanno d’accordo con trionfo musicale.

L’heavy metal epico è musica per bambocci?

TF: bella domanda. Dipende sicuramente da come è fatto. Oggi l’HM epico è fatto un po’ con lo stampino, per cui può diventare per bambocci. Troppi gruppi mancano di personalità, cercano tutti di ricopiarsi, cavalcano tutti la stessa onda. Per quanto riguarda i testi che, sicuramente, fanno tanto l’epico, parlare di fantasy piuttosto che di storia, fa differenza. Personalmente preferisco l’epicità dal punto di vista storico, anche se non disdegno per niente la fantasy.

Conoscendovi ho avuto modo di capire che avete una certa cultura, ma cosa ne pensate di quelli che parlano di scemenze perché non hanno null’altro da dire, quelli che danno modo poi di emergere a una giusta critica su contenuti banali al massimo?

DM: TF ha precisato una cosa che io vorrei enfatizzare. Io ho scritto tutti i pezzi del primo disco, mentre nel secondo c’è stata la collaborazione di tutto il gruppo. Il primo disco quindi era influenzato eminentemente dalle mie letture, infatti appaiono per esempio citazioni di Elric, del Signore degli Anelli. Invece su questo disco non troverai neanche una canzone fantasy. Noi prima di lasciarci andare all’ennesima cazzata sull’eroe che sfodera la spada e stermina milioni di avversari, ci siamo fatti un esame di coscienza e ci siamo detti “come lo vediamo l’epic metal, noi, come una roba da bambocci?”. Evidentemente no…
In generale ci siamo resi conto che l’epicità è l’insieme di quelle imprese e di quelle gesta che rendono la storia dell’umanità degna di essere raccontata ai posteri, questa idea perciò non si coniuga più con la fantasy, ne tanto meno con testi eroici che ai fini di tutto non vogliono dire nulla.

Parliamo di “The Youth Of Finn Mac Cool”. Era un eroe celta?
DM: Si, penso il più notorio dopo Cuchulain.

Ha un ritornello molto coinvolgente e immediato.
DM: Ha un ritornello decisamente orecchiabile, accattivante. È una delle canzoni che può piacere di primo acchito. La canzone è basata sui racconti giovanili di Finn Mac Cool, abbiamo preso spunto dai romanzi di Morgan Llwelyn, che narra in versione romanzata delle leggende sia irlandesi che scozzesi. In particolare nella canzone viene narrato un episodio della gioventù di Finn Mac Cool nel quale, con la sua compagnia, incrocia un cervo bellissimo. Finn ferma un uomo che si appresta a dare la caccia alla bestia, dicendo più o meno “quell’animale è talmente bello che sicuramente la natura gli ha disposto un fine superiore che riempire la tua stupida pancia”.
Noi non volevamo dare un significato a Finn Mac Cool in particolare, ma piuttosto evidenziare lo spirito celta di legame della natura e di trascendentalità degli eventi. Legame inimitato nella storia, perché solo i celti erano così legati alla natura e l’apprezzavano così tanto.

TF: Secondo me i compagni di Finn Mac Cool avrebbero mangiato il cervo! Haha! È proprio lui che ammira questo cervo in particolare, e siccome in quel momento il capo è lui, gli altri a malincuore devono arrendersi.

Mi ricorda i pellerossa d’America, forse siamo troppo eurocentrici.
DM: C’erano delle differenze, i celti erano guerrieri orgogliosi del proprio habitat, della natura in cui vivevano e ne ricercavano il valore attraverso la sapienza. Mentre i pellerossa, alle volte, arrivavano al compromesso con la natura attraverso delle droghe. Per esempio, puoi vedere “L’uomo chiamato cavallo”. Essendo comunque che l’indiano d’America non ha avuto modo di lasciare rituali e pratiche scritte, abbiamo maggiori documentazioni riguardo i celti, documenti che vengono dalle popolazioni vicine. Questa è la motivazione principale per cui non parliamo d’indiani: non li conosciamo e nessuno può dire di conoscerli bene attraverso le loro testimonianze, e che non mi vengano a dire che esistono dei documenti, perché lo sterminio nei loro confronti è stato così totale che tutto ciò che abbiamo a riguardo è quasi sicuramente di origine americo/occidentale.

La tipica domanda banale da intervista, il vostro pezzo preferito?
TF: the youth of finn mac cool.
DM: ne ho due a pari merito, la prima e l’ultimo del disco. La prima, “Shores Of Vinland” perché la trovo estremamente accorata, sentimentale. Trovo che sia stata strutturata dal gruppo in maniera geniale e non ho paura di dirlo. Il fatto stesso che sia l’unica canzone senza un assolo, fa capire quanta importanza sia stata data alla melodia e alla musica di questa canzone, che riteniamo uno dei capisaldi dell’album. E della carriera intera, a questo punto.
“Resound The Horn: Odin’s Hail” è un po’ incarnante quello che è lo spirito dei Doomsword, cioè la tragedia, la morte, il fine di tutto visto non solo come evento tragico, ma visto come evento glorioso, evento di passaggio. Un po’ come se noi volessimo celebrare tutti coloro che hanno difeso i propri ideali in maniera eroica. Primi tra tutti, i vichinghi contro i cristiani, perché il testo parla proprio di questo. Penso la frase finale sia una delle più belle in assoluto “questo è il giorno per cui sono nato”, ed è il giorno della sua morte.

Ho notato che i testi del booklet sono impaginati come racconti, non come col solito sistema strofa – bridge – chorus – solo. Scelta ricercata?
DM: Sul primo album queste notazioni sono apparse per necessità di layout. Stavolta abbiamo un racconto, una cosa che possa sembrare un poema medievale, scritto su una pergamena. Tra l’altro con tanto di errori di battitura dei copisti…

Consigliate ai nostri lettori un po’ di fonti biografiche per approfondire i temi trattati nel disco.
TF: io consiglio un saggio, “I vichinghi” di Peter Brondstet. Poi l’Edda di Snorri Sturluson.
DM: nel nostro disco vengono citati episodi dalla “Vinland Saga” e parecchi riferimenti derivano dalla storia medievale in generale.
Una delle due canzoni sui celti è ispirata alla loro idea di esercito e guerra, informazioni che ogni può ricavare dal testo storico sui celti che più gli aggrada, la seconda canzone sui celti è come abbiamo detto ispirata alle leggende scozzesi e irlandesi su Finn Mac Cool, o Fionn Mac Cumhail che dir si voglia.

Grazie ai Doomsword per il tempo dedicatoci, per la simpatia e per la disponibilità. E soprattutto grazie per lo splendido album, se ancora non l’avete correte a comprarlo!