Il Rock trafugato e sfruttato

Di - 6 Aprile 2004 - 21:03
Il Rock trafugato e sfruttato

1. Corsi e ricorsi musicali

La musica che vende cavalca ondate stilistiche veramente curiose, degne di studi storici e statistici. Circoscrivendo il fenomeno al solo ambito della musica “dura” è inevitabile non accorgersi che se fino ad un paio di anni fa a far la voce grossa era tutto quel filone finto-mutante chiamato crossover (rap-metal, nu-metal, rap-rock e chi più ne ha più ne metta), è già da parecchi mesi invece, che sono tornate in auge sonorità al sapor di anni ’60-’70. Al retrò-gusto per essere più precisi.
La generazione “mutante” di sopra ha dovuto cedere necessariamente il passo a questo esercito agguerritissimo di consumati rocker armati di Marshall.
C’è analisi fenomenologica e di costume dietro tutte queste “new sensations” del carrozzone rock che si guadagnano passaggi tv a non finire? E’ autentica passione musicale a spingere questi lungo-criniti giovanotti australiani, inglesi e americani nel “roboante e sregolato” mondo del rock’n’roll? E’ un aria fritta molto unta quella che stiamo inalando o effettivamente il rock è ancora vivo e vegeto e sguazza fra noi?

Chi può dirlo. Una cosa è certa: Lester Bangs non avrebbe approvato.

2. Fuori nomi e cognomi! (senza risparmiare un po’ di cattiveria)

Iniziamo dal basso, ovvero tutta quella gente che pur non essendo finita nell’occhio del ciclone di questo fenomeno revival, ne ha tratto comunque del beneficio.
I Kings of Leon ad esempio. Band a conduzione familiare, messa in piedi sulla scia del successo di un gruppo come i White Stripes. Si rifà a sonorità rock-blues dalla memoria alcolica e allo strapazzatissimo garage-rock di un tempo che fu: in sostanza niente di nuovo….ah sì, sono molto credenti/praticanti, cosa su cui la critica ha insistito parecchio….ma mi faccia il piacere, mi faccia!
Sempre garagisti mancati (ma guarda un po’!) anche gli Electric Six, che pur di risultare originali hanno preso un mucchio di roba (la disco vecchio stampo, gli MC5, Jack White che canta in un pezzo, Nile Rodgers, Iggy Pop), hanno shakerato energicamente il tutto e ci hanno spiattellato stò minestrone indigesto.
Un autore capace di ben altro, come Ryan Adams, attacca la spina alla sua chitarra e partorisce un album di rock’n’roll canonico e piuttosto scontato. Il tutto ben suonato e prodotto, ma senza un briciolo di stile. Per fortuna qualche mese dopo si è rifatto pubblicando il fantastico Love is Hell.
Entriamo nella zona “calda” con gli Strokes, questo gruppo figlio dell’altissima borghesia americana, da cui eredita una mentalità da wasp-integralista, che a destra e a manca è stato fatto passare come la miglior band da un decennio a questa parte. Dice bene chi dice che le canzoni del loro Room on Fire sono tutte dei potenziali singoli: sono tutte infatti delle canzonette da due/tre minuti molto “influenzate” da quel fenomeno culturale che furono i Velvet Underground. La loro immagine è curatissima, per i video si sono appoggiati alla pr€zio$a regia di Roman Coppola; oltre l’immagine però, resta poco e niente.
La palma del copia-scupiazza va agli australiani Jet, se la meritano proprio! Essendo oceanici a chi potevano far riferimento se non agli AC/DC?! Sanno però pescare bene anche nella storia inglese ed americana: rifacendosi ai The Who per la loro Are you Gonna be My Girl e ai Black Crowes (mai troppo tributati a dire il vero), di cui adottano la densità.
Il primo posto però lo voglio assegnare ai Darkness: al contrario degli altri elencati loro si guadagnano questa posizione più per i meriti che per le carenze.
Se anche loro non sono originalissimi dal punto di vista compositivo, compensano il tutto con una dose massiccia di ironia (ingrediente necessario) ed una presenza scenica notevole. Allucinanti i vestiti del cantante così come pure la sua voce al fulmicotone. Sono inglesi e zeppeliniani all’ennesima potenza. Simpatici, brutti e sporchi: l’attitudine c’è tutta.

3. Fra tutti questi giovani striscia l’Iguana

Molte delle band storiche a cui tutti questi gruppi fanno riferimento o sono ormai sciolte (The Who, Stooges, Mc5, Black Crowes, Led Zeppelin…) o continuano ormai da decenni sulla loro rotta (i soli AC/DC mi vengono in mente..).
C’è un vero e proprio personaggio però, l’unico ad essersi letteralmente salvato da se stesso che riesce sempre e comunque a sfruttare tutti i trend imposti dal mercato. E’ un trasformista, ha un animo caleidoscopico, è onnipresente eppure non stona (quasi) mai.
Un esempio chiarificatore: per realizzare il live TV Eye nel 1977 la Rca gli aveva dato un budget di 90.000 U.S. dollars. Il nostro ne spese in tutto 5000 per realizzare un live farlocco fatto in studio. In amministrazione alla Rca stanno ancora cercando gli altri 85.000.

Signore e signori: Iggy Pop!

Ebbene sì, il rettile del rock’n’roll è sempre pesantemente in voga, è un personaggio che piace molto al pubblico e agli addetti ai lavori. Il suo ultimo lavoro si è incorniciato perfettamente in questa situazione simil-anni ’70 ed inevitabilmente Iggy ha ripreso a marcare il suo territorio.
Si fa intervistare da Jack White parlando di tutta una vita vissuta all’insegna del rock, racconta sfiziosi aneddoti, situazioni psichedeliche e serate alcoliche…
Ma quanto è anacronistico!
Fa parte di una generazione ormai estinta, non perché particolarmente vecchia ma solo perché scoppiata, morta e sepolta come la maggior parte degli ex-compagni di Iggy.
Ha una voracità tale per i media che appare quasi come un politico quando inveisce contro chi non gli piace e contro ciò che lo disgusta. Pur se nell’aspetto ha conservato la sua animalità, si è incredibilmente burocratizzato ed “imborghesito”. E’ pallida imitazione di un se stesso decisamente migliore, che per quanto ancora spettacolare e scapestrato non ha più il pelo, o per meglio dire le squame, della vecchia Iguana.
E’ più simile ad un biscione.

4. E alla fine?!?

Mi viene da pensare: che mega-buffonata!

E’ un pensiero condivisibile o meno, ma vedere questa gente che porta il vessillo del rock’n’roll all’inizio del 21° secolo, riempie il cuore di una tristezza.
Tutti quei fighetti che sono stati un tempo tunz, poi sono stati darkettoni, ora stanno diventando esageratamente seventies. Dei veri e propri esseri zoologici che cambiano pelle al cambiare della stagione…

Francesco “madcap” Vitale