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Infernal Poetry (Daniele Galassi)

Di Daniele D'Adamo - 8 Aprile 2013 - 18:25
Infernal Poetry (Daniele Galassi)

 

Ciao Daniele, è un piacere riaverti sulle pagine di Truemetal.it! Prima di entrare nel vivo del nuovo lavoro in studio, ci aggiorni sullo stato della band post-“Nervous System Failur” e pre-“Paraphiliac”?

Ciao a tutti, è sempre un piacere tornare su queste pagine. Tra “Nervous System Failure” e “Paraphiliac” sono passati tre anni e rotti fatti di songwriting, pre-produzioni, tour con altre band. Può forse sembrare un’attesa eccessiva, ma abbiamo bisogno di un tempo fisiologicamente lungo per poter proporre ogni volta qualcosa che aggiunga nuovi elementi alla ricetta senza dimenticarsi degli ingredienti base.

“Paraphiliac” è nei negozi dal 14 gennaio 2013. Com’è la risposta dell’’audience? Ti va di presentarlo ai nostri lettori?

Il 14 gennaio è una data ricorrente: il debut-album “Not Light But Rather Visible Darkness” uscì il 14 gennaio 2002. Ed è anche la data in cui uscii io, tanti anni fa (troppi). Ah, “Beholding The Unpure” per poco non ci riuscì pure lui, perché il suo turno fu il 15 gennaio 2005. Tornando alla domanda: se per audience intendiamo recensioni e fan-base direi ottima, se parliamo di mercato in senso stretto… non ne ho idea, ma con i tempi che corrono solo un pazzo potrebbe farsi previsioni rosee. Musicalmente si trattava di chiudere un cerchio aperto con “Beholding The Unpure” (se non per certi versi col debut) e continuato con “Nervous System Failure”. Dare vita a una creatura che vive di lucida follia, stemperando in parte quella iconoclasta dell’ultimo disco con le partiture ragionate e le melodie oscure degli album precedenti. Una sintesi in qualche modo, ma anche un balzo in avanti per quanto riguarda incisività e produzione in senso stretto.

Quindi, guardando avanti, bisogna aspettarsi un nuovo corso per la band oppure è presto per definirlo? Il cambio etichetta è dovuto ai tempi non facili per la discografia cui accenni?

Non so davvero, per quanto credo sia fisiologicamente impossibile per noi fare due dischi uguali. Il cambio di etichetta è dovuto al fatto che la Copro è divenuta inaffidabile, truffaldina e vile. Prendete nota e statene alla larga. La Scarlet si era interessata a noi già ai tempi di “Nervous System Failure” ma per un disguido postale (incredibile) il pacco giunse quando avevamo già firmato con gli inglesi. Una tragica fatalità, insomma.

All’interno degli Infernal Poetry sembra difficile individuare un leader. Le composizioni sono un lavoro di squadra o nascono prevalentemente da qualcuno di voi?

Fino a “Beholding The Unpure” il 90% proveniva da me. Negli ultimi due dischi abbiamo affinato il lavoro di squadra, e sebbene rimanga il principale compositore, molto deriva dalla sinergia del momento. Significa che magari si può partire da un pattern ritmico o da un’idea di basso, su “Drive Gig Drive Gig” siamo addirittura partiti da una linea vocale. Un modo di comporre molto diverso dal classico «ho portato un riff, mettiamoci qualcosa sopra». E nulla poi vieta al batterista di uscirsene con dei riff, com’è successo in “Stumps”. Insomma il processo è magmatico, senza troppe regole.
 

“Paraphiliac” sembra un passo avanti per quanto riguarda i testi. Questi ultimi confluiscono nel bacino delle dipendenze. In linea di principio ce ne parleresti? Avete sviluppato il suono intorno al concetto o viceversa?

Onestamente non reputo “Paraphiliac” un passo avanti sul versante liriche. Personalmente preferisco il taglio sofferente di alcuni brani di “Beholding The Unpure” o i saliscendi deliranti di “Nervous System Failure”. Diciamo che su “Paraphiliac” si delineano situazioni limite, squadrandole da diversi punti di vista. La musica ha avuto la priorità cronologica ma poi si è in parte adeguata (in fase di arrangiamenti e missaggio) al mood settato in qualche modo dai testi. È sempre un’alchimia tra testo, musica e immagine quella che cerchiamo, quindi questi elementi s’influenzano tra loro circolarmente.

Il tema “Paraphilia” nasce da cosa? É venuto prima delle composizioni musicali, oppure esistevano già i brani?

È arrivato poi. A disco terminato (senza linee vocali) c’erano diversi temi in ballo, e c’è stato parecchio brainstorming. Questo tema alla fine ci è sembrato il più intrigante, anche perché la parafilia, al di là del significato più stringente correlato al codice di condotta sessuale, si può erigere a paradigma di tutto ciò che si disallinea, si discosta, si decentra dalla ‘regola’, dal ‘normale’, dal ‘socialmente accettabile’.

Con accezione positiva del termine, il metal può rientrare nella categoria? All’interno della scena gli Infernal Poetry come ‘si vedono’?

Macché, tutto il contrario. Il metal è uno dei generi più ingessati che ci siano. Ogni discostamento dai vari baricentri stilistici è visto di malocchio, almeno a livello di grandi numeri. Gli Infernal Poetry? Li vedo come un gruppo che fa quello che vuole, con i suoi tempi, col massimo della spontaneità e senza pressioni esterne: con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta.

Ho trovato la produzione eccelsa. Chi se n’è occupato? Dov’è stato svolto il lavoro?

Come sempre se n’è occupato Paolo (voce) presso i Potemkin Studios di Civitanova (ora trasferiti nella nuova sede a Macerata). Io cerco di essere sempre presente in studio per dare la mia impronta, ma non sono un tecnico e quindi posso dare solo idee o pareri su una soluzione piuttosto che un’altra. Difficilmente mi perdo un giorno di mixing o registrazione, mi piace essere sul campo il più possibile, anche se è a volte molto dura visti gli impegni lavorativi. Lo stesso per gli altri, Paolo in primis, anche lui deve fare salti mortali per ritagliarsi il tempo da dedicare ai nostri dischi. La registrazione è di alto livello anche perché c’è stato tutto un lavoro preliminare di reperimento di strumentazioni complementari alle nostre. Ad esempio abbiamo usato quattro chitarre diverse (tutte Gibson in realtà: due voodoo, una standard doublecut e una BB King Lucille custom) e tre testate per chitarra (H&K, Peavey, ENGL) miscelate in proporzioni variabili. É tutto lavoro che porta via tantissimo tempo ma che alla fine ripaga con alti dividendi.

Avete lasciato la matita di Lorenzo Mariani a favore della grafica digitale di Daniele Tedeschi. Una scelta di stile? Com’è nata la vostra collaborazione?

Sì, una scelta di stile. Lorenzo era perfetto per “Beholding The Unpure”, “Nervous System Checking” e “Nervous System Failure”. Assolutamente perfetto. Per “Paraphiliac” abbiamo voluto tentare qualcosa di diverso. Daniele Tedeschi è un artista che conosciamo da tanto, entrambi avevamo piacere di lavorare a un progetto comune. So per certo che ha sudato come un pazzo per fare questo lavoro, ma so altrettanto per certo che si è divertito molto (almeno così dice!).

La condizione umana è ben rappresentata dalle immagini del booklet. Guardandole, immediatamente le ho associate al ‘mito della caverna’ di Platone. Quali secondo te i mali maggiori che portano un individuo a un tale abbrutimento? La musica, oggi è un buon veicolo per aumentare consapevolezza nelle persone?

Cambiamo prospettiva: siamo sicuri che l’essere umano nasca virtuoso e si abbrutisca? Non sarà forse che egli nasce imperfetto, asimmetrico, obliquo e vivendo non accentui queste sue spigolose caratteristiche? Ma poi che ne so io, non sono mica Platone… al limite mi vedrei più come un Socrate, uno che va rompendo i coglioni per le piazze ponendo domande moleste con la scusa dell’arte della maieutica. La musica? Direi che la musica, oggi come un tempo, può essere un mezzo di elevazione, ma con tanti ‘forse’ in mezzo. Non banalizzerò dicendo «una volta sì che la musica era roba seria» perché è una semplificazione. Basta leggere i testi di alcune canzoni considerate ‘sacre’, ‘seminali’, ‘immortali’… le traduci e ti senti male perché il messaggio che veicolano stonerebbe persino a Sanremo. Quindi, come in tutte le cose, misura e senso critico. E soprattutto maieutica, tanta maieutica.

Le ispirazioni per la vostra musica, se è possibile identificarle, quali sono? Trovi che l’esperienza con i Dark Lunacy (tua e di Alessandro Vagnoni) abbia arricchito il sound Infernal Poetry e viceversa?

Non ci sono ispirazioni specifiche. Credo che il nostro background sia ormai molto vario, e che l’umore del momento faccia la differenza. L’esperienza con i Dark Lunacy? Tutto sommato, ai tempi dei rispettivi debut e dello split-CD fatto assieme nel 2003, non eravamo band molto distanti. Diciamo che forse mi hanno fatto riscoprire un po’ di sana passione per certa melodia decadente. Quanto alla nostra impronta nei Dark Lunacy, credo che questa si vedrà nel prossimo disco (nel precedente io non ho composto nulla), che stiamo finendo di provinare Alessandro ed io. Sarà un album veramente monolitico!

Esistono altri progetti musicali che vedono coinvolti membri degli Infernal Poetry?

Sì, troppi per ricordarseli tutti. A parte i Drak Lunacy, mi vengono in mente i Tapewhore di Vagnoni, i Live’n’Loud (un tributo a Ozzy dove suono io), una cover band dove suona Alessandro Infusini improntata a roba tipo Mario Biondi/Frank Sinatra/Berry White… senza contare gli innumerevoli, deplorevoli e inqualificabili solo-project del predetto Vagnoni.

Come per gli album precedenti, “Paraphiliac” avrà un video promozionale?

Sì, è stato girato a fine gennaio ed è in dirittura di arrivo presso gli Underroom Studios. Il brano scelto è “Barf Together” e per me è stato un piccolo grande incubo. Il video prevedeva già di per sé uno script semplice ma impegnativo sotto certi punti di vista (poi lo vedrete), ma per pura sfortuna mi sono sentito male quasi subito e una volta tornato a casa mi sono misurato la febbre: 39,9! Io non ho ancora visto un solo fotogramma, ma mi dicono che si vede eccome che fossi messo male!

Dal vivo avete cominciato a suonare il nuovo album ancor prima che fosse pubblicato. Ci saranno ulteriori date? Cosa dovrà aspettarsi (soprattutto per chi vi conosce con “Paraphiliac”) da un live degli Infernal Poetry?

Abbiamo iniziato prima solo per una serie di circostanze strane, diciamo un mese prima. Certo che ci saranno ulteriori date! Sto lavorando per battere anche territori nuovi come la Russia. Non vi starò ad annoiare con «l’Italia è una merda e via dicendo…». Vi dirò solo che la situazione live, già depressa e deprimente qualche anno fa, è completamente degenerata e che questo Paese è FINITO. Tanto vale guardare altrove o lasciare perdere. Sono forse un po’ drastico, ma gli umori in giro (tra le band che bazzicano l’ambiente da parecchio) sono molto simili al nostro. Dal vivo aspettatevi una buona metà di “Paraphiliac” più cavalli di battaglia tratti da tutti i dischi, sputati in faccia con la solita attitudine che bada al sodo.

Daniele grazie per il tempo dedicatoci ma prima ancora una cosa… dopo la tua disamina (purtroppo) non rosea per il nostro Paese nei confronti della musica mi vengono in mente le tue opere letterarie: “10 ragioni per iniziare a suonare e 1000 per smettere” e “Dream On/Dream Off”. Seppur molto diverse tra loro stilisticamente, mi servo dei rispettivi titoli per chiederti: una ragione per cui “continuare” a suonare può essere lo switch su “Dream On” o non basta?

Momento di esitazione (ndA). Ho dovuto rifletterci un po’ su questa domanda, segno del mio inesorabile declino cognitivo. Diciamo di sì. Oppure è semplicemente la voglia di andare in giro, sentirsi in qualche modo parte di una comunità e provare godimento nel pubblicare cose di valore. E poi ragazzi, si è parlato di Socrate, Platone, metafisica, piani di lettura ma… la figa dove la mettete? (risate, ndA). Cordiali saluti, alla prossima!

Intervista a cura di Antonio “kunstwollen” Guida