Death

Intervista Amon Amarth (Jocke Wallgren)

Di Davide Sciaky - 29 Novembre 2019 - 11:38
Intervista Amon Amarth (Jocke Wallgren)

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Intervista a cura di Davide Sciaky

Ciao Jocke, come va?

Alla grande!
Non stiamo avendo nessun problema durante questo tour, tutto sta filando liscio.

 

Cominciamo parlando proprio del tour: ora siamo all’inizio del tour europeo, ma siete già stati in un lungo tour americano a settembre e ottobre sempre insieme agli Arch Enemy. Com’è andato, e come sta andando ora in Europa?

Il tour americano è andato davvero molto bene, nessun problema con quello.
Eravamo quattro band: noi, Arch Enemy, At the Gates e Grand Magus.
Tutto andato molto tranquillamente, tutti bravi ragazzi, tutti svedesi quindi potevamo chiacchierare e passare del tempo insieme molto facilmente, è andata sempre bene; ottimo pubblico e ottimi locali.

 

 Giusto, tutte band svedesi, e anche ora in Europa siete di nuovo tutti svedesi, Amon Amarth, Arch Enemy e Hypocrisy. Con tutti questi svedesi intorno sarà come stare a casa.

Quasi [ride] perché possiamo parlare la nostra lingua, ed è davvero semplice passare il tempo tra di noi perché non c’è bisogno di adattarci, di dover cercare di capirci, è come parlare con i nostri amici o vicini a casa, è tutto molto, molto semplice.

Immagino sia una cosa che non succede spesso quando si va in tour, soprattutto quando hai così tante band insieme.

Sì, esatto!
Abbiamo scelto di avere una formazione svedese, una lineup di tutte band Death Metal svedesi, quindi queste band erano perfette per aprire per noi.

Quindi li avete scelti a posta per questo.

Esatto.

 

Parlami della produzione del concerto, avete sempre avuto un palco piuttosto elaborato negli ultimi anni, e ogni volta che vi ho visto avevate qualcosa di nuovo. Avete sviluppato qualcosa di nuovo per questo tour? O avete piani di aggiungere qualcosa di nuovo magari l’anno prossimo?

Non stiamo ancora pensando all’anno prossimo. Be’, sarà probabilmente come ora dato che siamo nello stesso tour, nel ciclo di tour dello stesso album.
Ultimamente abbiamo cercato di fare qualcosa di ancora più grande, più fuoco, la pressa idraulica che solleva la batteria, più oggetti di scena in generale, gli effetti col martello e quei grossi gonfiabili che catturano molto l’attenzione del pubblico, sai.

 

 Riuscite ad usare il fuoco anche in locali chiusi come questo?

In questo non abbiamo fuoco, no, e anche ieri non ce l’avevamo a Zurigo perché non ce l’hanno fatto usare [ride].

 

Sei entrato nella band nel 2016 quando gli altri erano negli Amon Amarth da quasi 20 anni, più di 20 anni oggi. È stato difficile entrare in sintonia con quattro persone che lavoravano insieme da così tanto tempo?

È stato abbastanza facile, ci siamo trovati molto facilmente, rapidamente.
Io tendo a pensare a me stesso come ad una persona con cui è facile andare d’accordo [ride].
Sì, è stato tutto molto semplice e ora mi sembra di conoscerli da sempre, ci siamo semplicemente trovati tutti da subito.
Non ci sono stati problemi di alcun genere, mi hanno detto subito, “Ora sei uno della band e hai un quinto dei voti in qualunque decisione”.

Molto bello da parte loro.

Sì, molto democratico.

 E immagino che in tour abbiate tutti diverse routine: ci hai messo molto a trovare la tua, se ne hai una?

Sì, mi piace andare a visitare le città in cui siamo, e di solito qualcuno viene con me.
Questo è quanto, mi piace fare shopping, vedere i negozi locali… non mi interessa molto il cibo… ma ad esempio negli Stati Uniti siamo andati a sparare e su delle grosse montagne russe [ride].

Paese che vai…

Già, si fa quello che si può ed è divertente fare cose diverse anziché stare qua nei locali a non fare niente.

 

Qualche mese fa, dopo due anni e mezzo da che sei entrato nella band, è uscito il primo album degli Amon Amarth con te alla batteria, “Berseker”. Com’è andata la registrazione, in particolare rispetto alle tue aspettative?

Normalmente, quando sono stato in studio con le mie altre band, ci prendevamo una settimana per fare tutte le registrazioni di batteria, poi una settimana per il basso, una per le chitarre e via dicendo.
Con questo disco non abbiamo fatto così, abbiamo iniziato con la batteria per una canzone e poi abbiamo registrato tutto il resto per quella canzone.
Quindi, batteria, basso, chitarra, chitarra, voce e poi la canzone era finita e passavamo a quella successiva, quindi ero sempre occupato, ogni tre o quattro giorni iniziavamo una canzone nuova.
Quindi, dato che eravamo a Los Angeles, è stato bello lavorare in questo modo perché altrimenti avrei finito in una settimana e poi non avrei fatto niente per le quattro settimane successive, quindi sono stato contento di aver lavorato in questo modo.
Penso che il responso della band alle mie idee e alle cose che ho aggiunto alle canzoni sia stato molto buono.
E’ andata bene! Nessun problema, tutto andato liscio, una sessione di registrazione professionale.

 

Hai mezzo anticipato quello che ti volevo chiedere, se hai partecipato alla scrittura delle canzoni.

Quello che succede è che gli altri mi mandano dei riff con delle idee di batteria e io di solito le seguo abbastanza, ma aggiungo anche il mio tocco e magari suoni dei pattern un po’ diversi e cose del genere, ci metto del mio.
Non voglio cambiare troppo l’idea originale perché c’è sempre un motivo se è stata pensata così.

 

Okay, quindi immagino che non abbiate scritto l’album in studio. Quanto ci è voluto per scriverlo?

Non lo so, nell’ultimo tour, anzi negli ultimi due, già abbiamo lavorato a delle idee.
Quindi alcune canzoni sono davvero vecchie, poi abbiamo avuto un periodo di pausa prima di iniziare a registrare “Berserker” e lì ci siamo mandati avanti e indietro i file per essere bene pronti una volta in studio.

 

Ovviamente dopo tanti anni e album lo stile degli Amon Amarth è piuttosto definito, ma comunque hai detto che cerchi di aggiungere il tuo tocco alle canzoni. Trovi limitante il dover seguire lo “stile Amon Amarth”, o sei completamente a tuo agio con come sono le cose?

I nostri batteristi passati, in particolare Fredrik, sono delle fonti d’ispirazione per me dato che sono stato un fan della band per molto tempo, quindi conoscevo già quello stile.
Quando suono le canzoni vecchie non sento di dover cambiare qualcosa o di dover aggiungere un tocco diverso, alcune canzoni hanno delle parti distintive, devi seguirle altrimenti la gente poi si chiede, “Che cazzo è successo a questa canzone?” e non sembra la stessa canzone.
Quindi, cerco di seguirle il più fedelmente possibile, ma su canzoni molto dirette come ‘Pursuit of Vikings’ e ‘Death in Fire’ mi piace aggiungere qualche piccolo elemento che le rende un po’ più veloci, così mi diverto di più a suonarle e posso aggiungere anche un piccolo tocco personale.

 

Dopo tre anni con la band immagino che avrai provato un po’ tutto quello che vuol dire far parte degli Amon Amarth, sia come locali e festival dove avete suonato, che come tipo di produzione che portate sul palco. C’è qualcosa che non hai mai fatto con la band, o che la band non ha mai fatto in generale, che ti piacerebbe fare in futuro? Tipo, suonare in qualche posto particolare, aggiungere qualcosa al vostro show…

Questa è una bella domanda… non lo so, ad essere onesto [ride].
Non penso troppo al futuro perché mi piace concentrarmi sul presente.
Non mi viene in mente niente al momento, magari suonare in posti ancora più grandi, fare un salto di qualità, è qualcosa a cui devi sempre mirare, ma è difficile perché il genere che suoniamo è ha un numero limitato di ascoltatori.
Vedremo! Cerchiamo sempre di fare qualcosa migliore e più grosso, vedremo cosa ci riserva il futuro.

Pensi che gli Amon Amarth possano arrivare ad essere dove sono oggi Iron Maiden e Metallica, suonare da headliner ai festival…

Lo facciamo già! [ride]

Certo, ma sai cosa intendo, gli stadi, questo genere di cose.

Non lo so, sono cose di cui si discute su internet ho sentito, qualcuno dovrà prendere il loro posto quando andranno in pensione.
Ovviamente sarebbe un onore, ma non lo so, vedremo cosa ci riserva il futuro, ma probabilmente non succederà.
Ci sono altre band, come Volbeat e Disturbed, che sono già davanti a noi, in questo senso.

Penso che dipenda anche un po’ dal Paese. Ho visto i Volbeat qua a Milano il mese scorso e hanno suonato in un locale che penso sia un po’ più piccolo di questo, quindi, almeno in Italia, immagino che siate più grandi voi.

Okay, fantastico, ma per esempio in Svezia i Disturbed hanno suonato alla Globen Arena che è da non so quanta gente…

Dovrebbero essere sui 15.000 posti.

Già, qualcosa del genere, e noi non potremmo mai suonare in un posto del genere in Svezia.

Immagino che potreste suonare all’Annexet [N.D.R. un locale dalla capienza di 4000 persone].

Sì, suoneremo proprio all’Annexet quando torneremo a casa.