Progressive

Intervista Dream Theater (Jordan Rudess)

Di Davide Sciaky - 14 Febbraio 2019 - 10:58
Intervista Dream Theater (Jordan Rudess)

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Dream Theater sono ormai una delle band più note della scena Metal: più di 30 anni di attività, tra i maggiori esponenti del Prog Metal (genere che hanno aiutato a popolarizzare), milioni di dischi venduti e innumerevoli concerti sold-out in giro per il mondo.
Tra una settimana la band americana pubblicherà “Distance Over Time“, quattordicesimo album in studio e quarto disco della nuova era dei Dream Theater, il dopo-Mike Portnoy.
Abbiamo raggiunto il tastierista del gruppo, Jordan Rudess, per parlare del nuovo album e non solo.

 

Intervista a cura di Davide Sciaky

Un ringraziamento ad Antonio Cristiano per l’aiuto nella stesura delle domande.

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Ciao Jordan, come stai?

Molto bene, tu?

 

Sto bene, grazie.
Se non sbaglio sei appena tornato dal NAMM show, com’è andato?

Sì, è stato folle per me come sempre perché sono molto coinvolto in varie aziende di tecnologia, sai.

 

Cominciamo parlando del vostro nuovo album, “Distance Over Time: l’ho ascoltato giusto stamattina per la prima volta e mi sembra parecchio più duro del suo predecessore.
E’ una sorta di reazione a “The Astonishing”, volevate andare in una direzione radicalmente diversa con il nuovo album?

Sì, volevamo tornare ad un suono più elementare.
Con “The Astonishing” ovviamente ci siamo allontanati dal nostro sound, è stato una sorta di esperimento, e con questo album ci siamo detti, “Okay, ora dobbiamo tornare alle nostre radici”.

 

Anche guardando alla lunghezza delle canzoni questo sarà un album piuttosto corto per i vostri standard.
Questo è l’album più corto da “When Dream and Day Unite”, quindi l’album dei Dream Theater più corto a cui tu hai mai lavorato. Come siete arrivati a questo risultato? Volevate un album più concentrato, per così dire?

Esatto, volevamo un album corto, un album di sostanza, ovviamente con una buona quantità di musica, ma volevamo decisamente che la musica fosse a fuoco.
Volevamo incanalare bene tutta l’energia che abbiamo cercato di creare.
Da quel punto di vista non aveva bisogno di essere un album esagerato, un album lungo.

 

Per quanto riguarda la scrittura, con “The Astonishing” tu e John Petrucci avete lavorato da soli su tutta la musica; è stato un processo più organico questa volta?

Sì, il processo è stato diverso questa volta, eravamo in una stanza con tutti quanti, tutta la band.
Abbiamo aperto le porte, per così dire, agli input di tutti, per esempio Mike Mangini è stato molto attivo, ha avuto un sacco di idee, è stato bello averlo lì durante il processo creativo.
E’ stata la volta in cui ha contribuito di più alla scrittura delle canzoni da quando è nella band, è stato davvero divertente ricevere i suoi input.
Quindi, sì, è stato un ritorno al modo in cui lavoravamo in passato.

 

In un’intervista precedente uno di voi ha detto che l’album è stato composto in solamente 18 giorni.
Avete iniziato da zero o avevate comunque già spunti e idee?

Abbiamo scritto il grosso in quello spazio di tempo, eravamo molto ispirati ed eravamo in un ambiente molto tranquillo che ci ha aiutato.
Ma avevamo alcuni riff, alcune cose che abbiamo buttato giù durante i soundcheck mentre eravamo in tour, non tanto, ma avevamo qualche cosa già pronta da usare che fa sempre comodo.

 

Vi capita mai di scrivere musica che decidete di lasciare da parte e di magari registrare per un album successivo?

Occasionalmente, a volte ho delle idee mentre sto scrivendo per i Dream Theater, ma magari io, o qualcun altro, sento che non sono adatte a quello specifico album.
Non ogni idea che esce dalla testa di uno di noi finisce per forza sull’album.

 

Con ‘Room 137’ abbiamo il primo testo di una canzone dei Dream Theater scritto da Mike Mangini.
Com’è andata, gli altri membri gli hanno chiesto di scrivere qualcosa, è stato lui a chiederlo, o cos’è successo esattamente?

Mike era davvero ispirato, voleva scrivere qualcosa, aveva questa gran voglia di scrivere dei testi per la band e aveva questa idea di numeri, teoria quantistica…sai, un’idea che si muoveva tra matematica e misticismo e voleva scriverci una storia, quindi questo è quello che è successo.

Leggevo su Wikipedia che alcuni giornalisti hanno paragonato “The Astonishing” a dischi come “Tommy” dei The Who, “2112” dei Rush e “The Wall” dei Pink Floyd.
Cosa pensi di questi confronti?

E’ un onore, ovviamente, che il nostro album sia paragonato a dischi così importanti, penso sia una cosa positiva.
Per noi “The Astonishing” è stato un progetto molto importante, ci abbiamo messo molta passione ed energia.
A dirla tutta penso che sia il tipo di album che in 5 o 10 anni la gente guarderà da una prospettiva diversa.

 

Vi aspettavate una reazione simile quando l’avete scritto e registrato?

Be’, sapevamo che sarebbe stato diverso e non ne eravamo spaventati.
La cosa principale di cui eravamo consapevoli era che “The Astonishing” avrebbe incluso della musica atipica per i Dream Theater, un po’ più dinamica, parti un po’ più delicate mescolate a parti più dure.
Sapevamo ciò e a quel punto della nostra carriera volevamo seguire quella strada e creare musica del genere.

 

La tua prima collaborazione con alcuni membri dei Dream Theater è stata nei Liquid Tension Experiment, pensi che pubblicherete mai nuova musica con quella band?

Penso che sia possibile, sì, decisamente possibile.
Il tempo lo dirà, la cosa è che siamo tutti incredibilmente occupati.
Riceviamo sempre tante richieste per i Liquid Tension Experiment ed è sicuramente possibile che succeda qualcosa.

 

La prossima domanda è su una mia grande curiosità perché David Bowie è uno dei miei artisti preferiti: hai lavorato al suo album “Heathen”, com’è stato lavorare con lui?

E’ stato molto interessante!
Ho trovato David Bowie una persona davvero unica, molto loquace: una cosa che ho trovato interessante è che ogni volta che registravamo una canzone me la presentava come una storia, per alcune mi presentava delle descrizioni per farmi entrare nello stato d’animo che mi voleva far provare.
Non mi ricordo esattamente quale su “Heathen”, ma una volta mi descrisse questo vecchio pub polveroso in Francia, pieno di fumo, tutta questa descrizione elaborata solo per farmi entrare nel mood giusto.
Era così… grandioso con le parole.
Non lo conoscevo molto bene ovviamente, sono semplicemente entrato in studio e l’ho incontrato, sono stato lì per 12 giorni in cima ad una montagna in questo fantastico studio adattato da una vecchia fabbrica vicino a New York, ma è stata davvero un’esperienza, l’ho trovato un tipo fantastico.

 

Eri un suo fan prima di lavorare con lui?

Come molta gente ero un fan delle canzoni più famose che abbiamo sentito tutti in radio, amo ‘Space Oddity’, ma non conoscevo bene tutta la sua discografia.
Non ero un grandissimo fan, ma quando ho ricevuto la richiesta di lavorare con lui – era intorno al periodo in cui i Dream Theater stavano registrando “Six Degrees of Inner Turbulence” – ho ricevuto quella telefonata e, anche se non ero un grande fan, era David Bowie che mi stava chiamando!
“Oh mio Dio, è davvero una figata!”.

 

Alcuni anni fa hai iniziato ad usare iPhone e iPad sul palco per suonare, in che modo questo ha influenzato il tuo approccio alla tastiera?

Ho un’azienda, si chiama Wizdom Music, insieme ad alcuni partner sviluppo strumenti musicali innovativi per dispositivi touch, come iPad e iPhone, e queste invenzioni, questi strumenti influenzano decisamente il modo in cui faccio musica.
Specificamente, una cosa che mi interessa molto è come sviluppare strumenti che ti permettano di poter suonare come…un po’ come chi suona strumenti fretless, senza soluzione di continuità.
Ho preso questo mio desiderio di creare strumenti che sfruttano la tecnologia in modo da permettere questo tipo di espressioni, indipendentemente da che si tratti di violino, chitarra, o qualunque tipo di bending.

 

Hai provato ad usare Android per fare lo stesso tipo di cose?

Mi chiedono tutti di Android, ma il problema è che Android è diverso a seconda del tipo di dispositivo e ci sono molti problemi con gli strumenti musicali su Android, ci sono pochi dispositivi che sono in grado di gestire la risposta touch senza troppa latenza.

Per concludere, avete mai pensato di registrare un album dei Dream Theater completamente acustico?

Sì, ci abbiamo pensato.
Succederà? Non lo so.
Penso sia più probabile che ad un certo punto suoniamo alcuni show acustici.
E’ più probabile che io faccia un album acustico solista prima che lo facciano i Dream Theater.

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