Death

Intervista Ekpyrosis (Nicolò Brambilla)

Di Andrea Poletti - 30 Gennaio 2017 - 9:09
Intervista Ekpyrosis (Nicolò Brambilla)

Le nuove leve crescono come il pane, non v’è tempo di battere cigilio che una nuova realtà esce dal nulla, spesso inutili cloni di altri cloni che cercano la via facile senza sucesso; in altri casi invece qulche relaltà interessante emerge e gli Ekpyrosis prendono forma. Dopo la nostra recensione dell’ottimo Asphyxiating Devotion” ci troviamo a scambiare qualche battuta con Nicolò, cantante e chitarrista della formazione. Una band giovane ma che sa già quale strada intraprendere e noi, come suporters della scena Italiana gli dedichamo questo spazio più che meritato. Buona lettura.

Ciao ragazzi, direi che per partire lascerei la parola a voi, essendo questo il primo disco ufficiale e la prima uscita sul mercato vi andrebbe di introdurre la band al pubblico?

Siamo un quartetto death metal della zona di Milano, più correttamente tra Monza e Lecco. Possiamo dire di essere principalmente ispirati dalla tradizione death metal statunitense, e specialmente da Incantation, Immolation, Sadistic Intent, Imprecation, Malevolent Creation, Deicide e Autopsy. Ritengo che tra i nostri caratteri più evidenti vi siano i suoni di chitarra cupi e fangosi, i frequenti cambi di tempo e riff, la contrapposizione delle due timbriche vocali, una più gutturale e l’altra più graffiata (rispettivamente, mia e di Marco) e la contrapposizione di tempi doom a sezioni veloci. Siamo attivi da circa 4 anni ormai, dopo che la nostra collaborazione iniziò al liceo facendo cover di pezzi black, thrash e death old school (fine del momento amarcord!). Da allora abbiamo pubblicato un paio di demo, su CD-R e su tape rispettivamente, l’EP “Witness His Death” (su CD e su pro-tape) e infine il nostro full-length “Asphyxiating Devotion” è stato pubblicato su CD da Memento Mori il 23 Gennaio 2017. Per la pubblicazione dell’edizione in vinile, seguiranno molto presto aggiornamenti sulla nostra pagina!

Dopo un Ep targato 2015, quale “Witness his Death” ci avete messo pochissimo a presentare il full-length, le canzoni fanno parte di una unica sessione di registrazioni oppure è stato tutto realizzato successivamente?

Avevamo in mente di far sì che il gap di tempo tra le due uscite non superasse l’anno e mezzo, come effettivamente è stato, per non invalidare l’obiettivo promozionale dell’EP. Dopo le registrazioni di “Witness His Death” a Febbraio 2015, abbiamo composto circa 3 pezzi durante lo stesso anno, e poi gli altri 5 di “Asphyxiating Devotion” durante il 2016, considerando invece che la sesta traccia, ‘Morticians of God‘, è stata riproposta – seppur con qualche accorgimento rispetto alla versione dell’EP. Generalmente la composizione dei pezzi è un processo ben ponderato ma relativamente celere: il più delle volte, sviluppo una canzone a casa, con i suoi riff, lyrics e il suo schema strutturale, e ognuno di noi impara le proprie parti e poi facciamo gli arrangiamenti finali assieme, nello specifico parti di batteria e linee vocali, e poi la proviamo insistentemente finché non suona pienamente coesa. Un paio di canzoni sono state scritte da Marco da solo, con la stessa routine.

Entrambe le vostre uscite prendono forma attraverso un death metal che ha molti spunti a ricordare band quali Incantation, in parte i vecchi Immolation e i leggendari Demigod; un suono molto radicato nel death metal grezzo e più primordiale, cosa vi ha spinto all’epoca verso eventuali determinate scelte? E’ eventualmente uscito tutto in maniera spontanea?

Il percorso musicale intrapreso è stato dettato, in maniera abbastanza naturale, dall’evoluzione dei gusti musicali, l’intenzione di rendere più omogeneo il songwriting, concentrandoci quindi su connotati stilistici meglio definiti, e anche da un miglior riscontro personale nel suonare questo tipo di death metal, che avesse la minor apertura melodica, risultando più oscuro, nonché toccando frequentemente tempi lenti e soffocanti. Per quanto ci riguarda suonare in questo si tratta proprio di una necessità. Parlando per me, credo di poter dire di essere fortemente immerso nel death metal nei più vari aspetti che concernono ad un musicista e ad un ascoltatore assiduo, e questo non può che aver avuto un impatto notevole sul songwriting dei nostri pezzi, sul nostro modo di lavorare. In un certo senso ci sono delle dichiarazioni di intenti nel nostro operato, nel senso che ripercorrere determinati cliché a volte è sia una necessità che una precisa volontà, in quanto è innegabile che questo disco,Asphyxiating Devotion, sia riconoscibilmente un disco death metal “alla vecchia maniera”. Porrei anche l’accento sul modo in cui il nostro sound si è evoluto nelle ultime due pubblicazioni. Innanzitutto Carlo del Toxic Basement ha fatto un ottimo lavoro già sul nostro EP “Witness His Death“, e il suo studio è uno dei miglior nell’hinterland milanese, per prezzi, professionalità e strumentazione. È sempre riuscito a cogliere al volo la direzione da prendere in fase di registrazione, mixaggio e mastering. Nello specifico, l’EP e il nuovo full-length hanno due suoni ben distinti: il primo è più vicino al sound più tagliente dei primi Terrorizer o Malevolent Creation, mentre l’album ha un sound molto massiccio, grosso, fangoso, impostato sulle basse frequenze come da tradizione del death metal newyorkese. Tale scelta è andata di pari passo con l’evoluzione dei pezzi in quella particolare direzione, ovviamente.

Allacciandomi alla domanda precedente mi pare che questa vena anni 90 sia quasi una dichiarazione d’intenti, verso quel mondo che oggi è diventato il death metal dove si fa a gara a suonare migliaia di note senza nessuna anima alla base del tutto. Come la vedete la scena odierna?

Suppongo che ci sia sempre stata una fazione oltranzista che negli anni ha conservato praticamente intatte le caratteristiche del death metal classico. Il fatto che oggi ci sembri di assistere a quello che qualcuno chiama un “movimento revivalistico” dipende dal fatto che molti di questi esponenti di questa fazione, come l’ho chiamata, siano tornati in voga sull’onda di un trend che negli ultimi anni è stato abbastanza forte, e che su tutti i fronti si è manifestato con una maggiore attenzione da parte delle etichette, reunion inauspicate di nomi di culto, e un sempre maggior successo degli attuali proseliti del death metal novantiano. È probabile che si tratti di una risposta ad una saturazione qualitativa nella proposta dei filoni più tecnici e moderni, o che possa dipendere dal fatto che oggi più facilmente si possa entrare in contatto con realtà musicali che al tempo della loro esistenza avevano ricevuto scarsissima considerazione (e che oggi sono celebrate come pietre miliari), sia per internet che per una massiccia operazione di ristampa (con il vinile in crescita) di quei lavori, demo compresi! Credo che per quanto riguardi il fattore di trend, si tratti di una ruota che continua a girare, ma indubbiamente credo che il death metal classico (diciamo pure “old school”) sia tra quelli che può vantare una fanbase estremamente fedele ed appassionata, per cui resterà sempre una costante, al di là della risposta generale. Nello specifico, credo però che avere solide (o evidenti) influenze musicali alle spalle non sia sufficiente per comporre un disco interessante. Potrà avere carattere, coerenza, ma magari risultare noioso o poco fertile di idee. Una certa attitudine al genere si deve sicuramente accostare a idee chiare, talento e buone capacità esecutive. L’originalità sta poi tutta nel modo in cui uno scrive le canzoni, i riff, le linee vocali, e come rimescola le carte per dare un’interpretazione personale del genere.

Anche la cover parla per conto suo, efficace e diretta quasi a ricordare le visioni di Mark Riddik e di alcuni momenti della storia degli Asphyx, cosa ci potete raccontare in merito a titolo e canzoni, v’è un tema di fondo?

Per quanto riguarda la cover, volevamo un artwork in bianco e nero a china, innanzitutto. Inoltre, lo volevamo malato, orrido, pieno di dettagli macabri, ma anche in un certo senso più introspettivo, piuttosto che un semplice artwork fatto di soli teschi, ossa e lapidi. In effetti, ho apprezzato davvero tanto gli ultimi lavori di Cesar, dal momento che riscontrano i miei gusti personali e riescono nell’intento di essere veramente angoscianti. Abbiamo poi scoperto che collabora da tempo con Memento Mori, così abbiamo scelto lui per la copertina di Asphyxiating Devotion. Il soggetto ha principalmente a che fare con il titolo: un uomo, in ginocchio, sta annaspando con un rosario stretto intorno al suo collo, soffocando in un ossuario, lo scenario macabro del trionfo della morte sulla vita, come avvertito dalla branca più fatalistica del credo cristiano. Nello specifico, invece, il titolo è tratto da un passaggio di ‘Obsessive Christendom’, la seconda traccia, ispirata da un’esperienza più o meno personale (come spettatore, si intende) di una congiunzione fatale di demenza senile, fede quindi distorta dalla malattia e ossessione per la redenzione. In generale, non si può parlare di un concept di fondo, in quanto le tematiche dei pezzi variano abbastanza, però l’approccio fatalistico e introspettivo, soprattutto legato alla demistificazione della religione, permane nella maggior parte delle canzoni, ma con alcune evidenti eccezioni.

Come siete entrati in contatto con la Memento Mori, una casa discografica che dalla sua ha un vasto parterre formato da band del calibro di Anatomia, Zealotry, Uncoffined e molti altri? La loro dedizione verso il death metal puro insieme a voi è un matrimonio perfetto potremmo dire.

Dopo le registrazioni di Witness His Death, ho scritto molte e-mail a diverse label che seguivo attivamente, a seconda del loro catalogo e delle loro pubblicazioni. Raul di Memento Mori ci ha offerto il miglior accordo per un full-length. Ovviamente, ciò ha contribuito a motivarci notevolmente per la realizzazione di questo album. Ho dapprima conosciuto Memento Mori per alcune ri-pubblicazioni di classici o per demo-compilation interessanti, come per Centinex, Goddefied, Acrostichon, Anatomia ecc., e anche perché hanno pubblicato l’abum di debutto dei Funest, di cui sono amico. Certamente Memento Mori ha band eccellenti, tanto nel proprio roaster attuale quanto nelle collaborazioni passate. Come etichetta, sta crescendo sempre di più e guadagnando un notevole rispetto nella scena underground internazionale, proprio per la propria dedizione viscerale per il death metal e doom/death, che ha garantito standard qualitativi elevati tra tutte le sue uscite: Ataraxy, Carnal Tomb, Necroven, Solothus… Inoltre, Raul è estremamente professionale e affidabile!

State Eseguendo molte date dal vivo in questi ultimi periodi a livello Italiano e non solo, v’è l’idea di un tour vero e proprio oppure ad oggi rimane difficile come possibilità?

Abbiamo ancora molte date in varie parti d’Italia, tra cui dei festival, alcune delle quali annunciate, e altre ancora in fase di sviluppo. Alla fine dello scorso anno abbiamo fatto un paio di date in Spagna, con ottimi riscontri. Prevediamo di fare a breve qualche tappa in Germania (e Austria magari) per le quali ci stiamo già attrezzando, e anche gli accordi per un paio di date in Romania sono stati presi. Per il resto, contiamo principalmente di puntare su trasferte della durata di un weekend, piuttosto che su tour di una certa durata, sia per la maggior difficoltà di organizzare situazioni di successo durante la settimana, sia per gli impegni che abbiamo essendo tutti e quattro studenti universitari. Chiaramente, se si presentasse una valida occasione per un tour, non ci tireremmo indietro!

Ancora complimenti ragazzi, siamo di fronte ad un validissimo disco di death metal made in Italy, lascio la parola a te Nicolò per concludere e spero vivamente che la strada per voi sia in discesa, ve lo meritate pienamente!

Ti ringrazio per il tuo tempo e per lo spazio dedicato a questa intervista!
Ricordo a tutti che possono seguirci su Facebook  per novità, date e altro. Se volete supportarci direttamente, potete trovare Asphyxiating Devotion (insieme a merch e pubblicazioni passate) sul nostro Bandcamp, mentre lo streaming di HD dell’intero album è disponibile su YouTube .

Grazie!