Thrash

Intervista Enemynside (Matteo Bellezza)

Di Andrea Bacigalupo - 2 Dicembre 2019 - 21:28
Intervista Enemynside (Matteo Bellezza)

Enemynside logo 450

Tornano sulla scena i capitolini Enemynside con il nuovo album ‘Chaos Machine’. Non possiamo non approfittarne e scambiare due chiacchiere con loro. 

 

Ciao Ragazzi, benvenuti su TrueMetal.it. Gli Enemynside sono stati fuori dalle sale di registrazione per circa sei anni. Cosa hanno fatto in tutto questo tempo?

Ciao! Ognuno di noi ha continuato a suonare in progetti paralleli, io mi sono dedicato ai New Babylon con i quali, realizzando due EP, ho potuto dar sfogo alla mia passione per l’hard rock. Ma il thrash mi scorre da sempre nelle vene tanto che, in parallelo ai New Babylon, insieme a Francesco De Honestis (che suonò negli Enemynside dal 2010 al 2013) ci siamo messi a lavorare ad un progetto stile thrash svedese che però, per problemi di line-up, non è mai decollato…..

 

Cosa è cambiato nello stile degli Enemynside dall’esordio ad oggi e cosa significa ‘Enemynside’?

Enemynside è un concetto che nacque per rappresentare quel nemico interiore che spesso è il principale ostacolo al nostro sviluppo personale. Molto spesso infatti siamo noi che ci poniamo dei limiti, che ci autosabotiamo, che troviamo alibi per giustificare gli errori e/o i fallimenti. Questi demoni interiori con i quali, chi più chi meno, hanno tutti a che fare sono anche il motore della nostra musica. Musica che nel corso di questi 20 anni è sempre rimasta saldamente con le radici nel thrash metal ma a volte inglobando anche altri elementi. Con questo disco però abbiamo sentito la necessità di proporre il nostro stile in maniera classica e senza divagazioni/contaminazioni perché ora è così che ci sentiamo e volevamo dare un’immagine di quelli che sono gli Enemynside nel 2019 ben definita e coerente!

 

Come nasce una canzone degli Enemynside? Chi scrive musica e testi?

Gli artefici siamo sempre stati io e Francesco (cantante/chitarrista). In genere ognuno di noi lavora a delle idee per conto proprio e poi ce le passiamo per valutare quelle più valide da portare avanti. Una volta che il pezzo è pronto per il 60/70% lo proponiamo agli altri e in sala prove poi si lavora tutti insieme sugli arrangiamenti.

Immagine 450

Parliamo di ‘Chaos Machine’, il vostro nuovo album, anticipato l’anno scorso dall’EP, di uguale valore, dal titolo ‘Dead Nation Army’. Quanto siete soddisfatti di questo nuovo lavoro? Quanto tempo avete impiegato per scriverlo?

Siamo pienamente soddisfatti perché siamo riusciti a creare quello che volevamo: un disco thrash d’impatto, con riffing ricercato e vocals intellegibili, old-school ma senza essere retro-thrash. A mio avviso credo davvero che non avremmo potuto fare di meglio! I pezzi sono stati scritti in relativamente poco tempo: ci siamo messi a lavorare al nuovo materiale dopo l’uscita dell’EP (inizio 2018) ed esattamente dopo un anno siamo entrati in studio di registrazione per finalizzare il tutto. L’idea era di proporre solo pezzi nuovi, senza andare a riprendere canzoni presenti su ‘Dead Nation Army’, volevamo che quell’EP avesse una sua identità ed un suo valore specifico indipendente dal successivo ‘Chaos Machine’.

 

I vostri testi affrontano tematiche essenzialmente sociali. Il tema che fa da filo conduttore è quello della mancanza di libertà. Secondo voi l’uomo di oggi è schiavo di se stesso?

La vita dell’uomo di oggi è fortemente influenzata da diversi elementi: la politica, la religione, i condizionamenti sociali, la tecnologia, ecc. Queste cose non fanno altro che allontanarlo dalla propria natura e dal senso vero dell’esistenza. Creano spesso degli elementi di ‘disturbo’ con i quali l’uomo deve fare i conti e non per tutti è facile adattarsi a quella che è la realtà imposta dal sistema. C’è chi ne rimane imbrigliato, chi ‘fugge’ con l’unico risultato di perdersi e sentirsi emarginato, diverso, inadeguato. La società impone di essere vincenti, performanti, sempre in concorrenza per primeggiare ed è anche questo che, se non riportato alla giusta misura, rischia di intrappolarci e divorarci.  

 

In particolare nei brani ‘Frozen Prison Cell’ (dal quale è stato estratto un video), ‘Terror’ e ‘No God in Kolyma’ parlate dei gulag, ispirandovi ai ‘Racconti della Kolyma’ di Varlam Salamov, prigioniero sopravvissuto alla vita in questi campi.

Che siano gulag russi, campi di sterminio tedeschi od altri luoghi di costrizione e sofferenza poco importa, a parere mio sono l’esempio più eclatante di privazione della libertà e della dignità umana. Qual è il vostro pensiero in merito?

Il concetto di libertà è tornato molto attuale ultimamente visto il ritorno di un certo tipo di politica che sembra aver dimenticato gli orrori del passato. Le nuove generazioni sono nate e cresciute con la libertà di espressione e purtroppo alcuni, invocando fantasmi del passato, non si rendono conto di cosa abbiano prodotto realmente gli estremismi del ‘900. Approfondendo l’argomento mi sono concentrato sui crimini del comunismo sovietico che storicamente passa sempre in secondo piano rispetto al nazismo e l’ho utilizzato come simbolo della privazione della libertà per alcuni dei testi presenti su ‘Chaos Machine’.

Qual’è il significato della copertina dell’album? Chi è l’autore?

L’autore è Mario Lopez e abbiamo scelto lui perché volevamo che la grafica avesse un impatto old-school. Lui è molto bravo a ricreare quel tipo di atmosfere e per questo ci siamo trovati subito in sintonia con lui su quello che sarebbe dovuto essere il risultato finale.

Nell’immagine si vede un leader che si rivolge, quasi incantandoli, a uomini in uniforme. E’ un po’ una metafora relativa al potere della comunicazione da parte di chi è in cima alla piramide di controllo e che muove le masse a proprio piacimento spogliando l’uomo della propria identità e rendendolo un numero al servizio del potere…

cover enemynside

Come definite il vostro sound?   

Quello che suoniamo è senza di dubbio thrash metal della vecchia scuola, figlio diretto di Metallica, Testament, Anthrax, Megadeth ed Exodus. Il sound però è in linea con le produzioni moderne, quindi niente retro-thrash registrato low-fi per simulare l’effetto dei dischi usciti negli anni ’80! Volevamo che la registrazione contribuisse a rendere i pezzi deflagranti e quindi non potevamo non rivolgerci a Stefano Morabito dei 16th Cellar Studio che, come al solito, ha fatto davvero un ottimo lavoro!

 

Secondo voi cos’è cambiato nella scena Thrash italiana dai vostri esordi ad oggi?

E’ cambiato che ci sono più gruppi rispetto all’epoca che suonano questo genere. Alla fine degli anni ’90 il genere che andava per la maggiore era il death metal e praticamente un buon 70/80% delle band underground erano impegnate a suonare death/black/brutal e compagnia bella (anzi brutta!). Forse in quegli anni le riviste (che erano l’unico modo per informarsi visto che internet non era ancora evoluto), spingendo molto questo genere, che era all’apice di popolarità, avevano contribuito ad influenzare parecchi metal kids. Poi con la globalizzazione dell’informazione tutto è stato raggiungibile e se prima le nicchie musicali erano a livello locale ma isolate, ora in qualche modo si sono ‘unite’, anche se solo virtualmente tramite internet, creando delle correnti musicali di sottogeneri del metal che vivono di vita propria e sono punto di riferimento per quelli che sono alla ricerca di certe sonorità.

 

Quanto vi hanno fatto crescere le esperienze live fatte sia in Italia che all’estero? C’è tanta differenza tra i fan delle varie nazioni?

Moltissimo, soprattutto perché ci hanno fatto entrare in contatto con realtà professionali, sia a livello di locali/fonici/addetti ai lavori e sia di gruppi. Quando suoniamo in certi eventi si sente un po’ la responsabilità di non sfigurare rispetto al contesto e alla band headliner di turno di cui magari siamo pure fans da quando eravamo ragazzetti! Questo ti permette di metterti in discussione valutando se e quali sono gli aspetti che vanno migliorati. In merito ai fans suonare fuori ti aiuta a percepire la realtà metal in maniera più internazionale e molto meno ghettizzata rispetto all’Italia. Girando parecchio abbiamo visto come il metal (nel nostro caso il thrash) goda di ottima salute e di come ci sia davvero tanta gente che ancora lo apprezza e riempie i locali. Quando siamo stati con i Flotsam And Jetsam in Spagna ad agosto per esempio, nonostante il periodo di vacanza, i locali erano praticamente tutti sold-out! Nessuno di noi se lo aspettava ed invece siamo rimasti piacevolmente stupiti….

 

I vostri progetti per il futuro? Avete in programma delle attività live per promuovere il nuovo album? Come amalgamerete i lavori della nuova epoca Enemynside con quelli dei primi anni?

Si come al solito c’è qualcosa in fermento per i prossimi mesi: suoneremo qui a Roma a Gennaio nell’ambito di una serata thrash e poi speriamo di riuscire a tornare in Spagna il prossimo anno tra primavera ed estate. I pezzi dei primi dischi si amalgamano molto bene con le ultime cose perché proprio con il nuovo album abbiamo recuperato il mood degli inizi e la setlist suona molto coesa e compatta.

 

Quanto tempo dedicate alle prove? Come vi preparate ai concerti?

Non proviamo con continuità perché in genere il grosso del lavoro lo facciamo a casa singolarmente: ognuno di noi suona per conto proprio tenendosi sempre allenato sui pezzi. Poi quando ci sono degli appuntamenti live concentriamo un po’ di prove per recuperare l’amalgama di gruppo e siamo a posto. Questo ovviamente in prospettiva live. Se dobbiamo lavorare a pezzi nuovi ovviamente intensifichiamo le prove anche una o due volte a settimana.

 

Purtroppo siamo arrivati alla conclusione. Un sentito ringraziamento a Matteo per la sua disponibilità, lasciando a lui i saluti ai lettori di TrueMetal.it. Grazie!

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