Heavy

Intervista Gunfire (Roberto “Drake” Borrelli)

Di Stefano Ricetti - 8 Maggio 2019 - 6:57
Intervista Gunfire (Roberto “Drake” Borrelli)

All’interno del live report dell’Acciaio Italiano Festival 9 (qui il link) così scrissi, relativamente ai Gunfire:

Dopo doom e thrash di casa nostra è tempo di Storia, con l’iniziale maiuscola. Sulle assi dell’Arci Tom si materializza la figura di Roberto “Drake “Borrelli, uno dei protagonisti di quel bel viaggio che ha saputo compiere l’heavy metal nel nostro Paese. Uno che ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze di quando ci si caricava di borchie e si portavano i capelli lunghi. Oggi un’affermazione del genere fa sorridere. Nei primi anni Ottanta si veniva additati e, talvolta, ghettizzati. Dimostrando un’ugola capace di resistere indenne allo scorrere del tempo, il singer dei Gunfire interpreta al meglio il proprio ruolo, sciorinando una prova degna di nota, peraltro ben coadiuvato dagli altri suoi compari, una vera e propria macchina da guerra sulle terremotanti parti ritmiche. Climax raggiunto durante la proposizione di “Hard Steel”, un brano che potrebbe essere eretto a simbolo stesso dell’edizione numero 9 dell’Acciaio Italiano. Peccato per una “Thunder Of War”, tagliata brutalmente dallo stage manager. Mannaggia a te, Guido! (Si scherza, neh?!?) 😉

La convincente prova alive del combo di Ancona celebrata in quel dell’Arcitom di Mantova sabato 20 aprile 2019 mi ha dato modo di fare una bella chiacchierata con il Roberto “Drake” Borrelli di cui sopra, personaggio cardine dell’italian way of heavy metal. 

Buona lettura

Steven Rich       

 

Gunfire3

Roberto “Drake” Borrelli 

 

Roberto, spiega la genesi della ristampa del Gunfire Ep da parte di Jolly Roger Records

Troppo spesso accadeva che ci chiedessero se avremmo mai ristampato l’EP GUNFIRE del 1985. L’intenzione c’era da tanto ma siamo sempre stati titubanti nell’affrontare il discorso, poi Antonio Keller ci ha offerto la possibilità di una bella produzione rivista nell’audio e che avrebbe per il resto mantenuto lo stile originale e soprattutto una doppia edizione vinile e Cd. Devo dire che il risultato è stato straordinario, quando l’ho ascoltato per la prima volta mi è sembrato di rinascere, è stato fatto un lavoro incredibile su tracce che pensavo ormai ‘fossili’, ovviamente non ci sono i nastri Studer originali e si è dovuto lavorare sul suono del vecchio vinile. 

Puoi immaginare quando ho aperto la scatola con i dischi della ristampa, non stavo nella pelle… qualcuno dei miei amici lo aveva già ricevuto avendolo ordinato online e mi era stato detto che era fantastico ma non pensavo davvero che potesse brillare finalmente una stella che era nata morta.

Io lo avevo avuto con qualche giorno di ritardo, impaziente mi misi ad ascoltarlo ed ecco che a momenti non ebbi un infarto quando partì l’intro di Hard Steel, davvero assurdo, in un momento fui proiettato indietro nello studio Vallemania tra le montagne del fabrianese nel 1985… altro che viaggiare nel tempo su una DeLorean: per quello devi aspettare un fulmine fortunato, per il mio viaggio sono bastate le prime battute di questi pezzi che mi mettono i brividi ogni volta che li ascolto.

In pochi secondi mi sono trovato in quello studio fantascientifico, non era come oggi dove un dischetto non si nega a nessuno, quella volta era un sogno poter entrare in uno studio professionale e ci volevano tanti soldi… cazzo però  se stava venendo bene il disco, mi sono proiettato al momento in cui ci sembrava di toccare il cielo con un dito, le nostre idee si stavano materializzando, era tutto pronto e stavamo aggiungendo all’intro l’unica parte di tastiere, l’orchestra  cinese del DX-7, che dava un tocco di importanza magistrale a un’opera che sentivamo fondamentale. 

Rividi come in trance gli ambienti solenni e ovattati dello studio, la moquette e il legno alle pareti, si parlava piano, quasi si bisbigliava in forma di rispetto per quella cattedrale della musica che era quel posto e per il lavoro certosino che vi si svolgeva. Respirai nuovamente l’atmosfera di quei momenti che per noi potevano significare la svolta, mi sembrò di sentire Fabio Allegretto e gli altri soddisfatti come me per quel disco così importante.

Frammenti di un passato che lottava adesso, prepotentemente, per rivivere almeno per un attimo in una ristampa in un futuro diverso. Ricordo che quando i giochi furono fatti e il master inviato alla produzione le nostre speranze erano a un livello massimo… salvo poi essere distrutte, annientate, da chi sbagliò l’equalizzazione e congelò in vinile una scarsa e pallida versione del nostro lavoro. Il destino ci era stato avverso, se avessimo avuto i soldi per riprendere in mano la cosa avremmo rifatto quell’ultima parte ma se ne era occupato qualcuno che non conoscevamo presso la casa discografica, anche loro ricordo che rimasero male della qualità finale ma purtroppo le stampe erano ormai pronte.

 

Se nel 1985 L’Ep fosse uscito con i suoni che vi sareste aspettati secondo te la carriera della band avrebbe preso una piega diversa?

Forse sì, ma il futuro non si costruisce con i forse, magari qualcuno dalle parti del nord Europa avrebbe potuto valutare le potenzialità dei Gunfire, è vero che eravamo tecnicamente acerbi e troppo giovani ma avevamo un’attitudine e un look non indifferente.  Se il disco avesse mantenuto i suoni e la dinamica che aveva in studio, se noi fossimo stati presi per mano e guidati a gestire i nostri tempi e le nostre energie, è possibile che avremmo potuto competere ad armi pari con altri che non avevano nulla più di noi.

 

GUNFIRE EP JOLLY ROGER

Gunfire Ep, 1985 

 

 

Avete partecipato a più edizioni dell’Acciaio Italiano Festival, quali le vostre sensazioni a riguardo?

Il lavoro di Antonio della Jolly Roger Records è straordinario, mica facile gestire tutti questi ex capelloni (ok qualcuno li ha ancora i capelli… beato lui). A parte gli scherzi è un lavoro encomiabile ed è sempre un piacere ritrovarsi in questo ambiente, certo l’età media è altina ed è normale visto che si parla per lo più di band che hanno una storia che abbraccia diversi decenni. Spero che aumenti anche il supporto di giovani che vogliano conoscere le origini del metal italiano.

 

Che ricordi porti del concerto al Tradate Iron Fest del 2005?

Bellissimo quel festival, un palco enorme, un suono gigantesco e un notevole abbraccio di pubblico, ricordo anche che ero molto in forma con la voce. In quel periodo era appena uscito “Thunder Of War”, l’album che riprendeva qualcosa del materiale vecchio in parte mantenuto uguale e in parte riarrangiato, per la maggior parte pezzi che avevamo cominciato a scrivere con la formazione originale e poi abbandonati per tanto tempo. Al basso c’era ancora Maury Lyon, Fabio Allegretto alla chitarra insieme a Luca Calò e alla batteria era da poco entrato Marco Bianchella.  Una bella formazione, come al solito Fabio si incazzava quando si faceva qualche errore di esecuzione e diventava intrattabile. Eravamo anche reduci della partecipazione nel 2003 alla prima edizione del Keep it True in Germania. Ricordo con piacere quel periodo, quegli anni nei quali avevamo resuscitato lo spirito della band originale.

 

GUNFIRE   LORD BLACKCAT 1

Fabio “Lord Blackcat” Allegretto

 

Cosa ti manca di Fabio Allegretto?

Quando Fabio se ne è andato ha lasciato un vuoto enorme, per me era un fratello, non è che ci vedessimo tutti i giorni ma sono quelle amicizie su cui puoi contare, per tanti anni ha convissuto con la malattia e ha lottato da vero combattente quale è sempre stato. Devo dire che avevo rimosso l’idea che avrebbe potuto perdere la battaglia finale e così la notizia della sua dipartita avuta dalla figlia Martina mi ha colpito e affondato.

Nel 2011 stavamo lavorando alla stesura di ‘Age Of Supremacy’, un disco ambizioso i cui riff principali erano stati impostati da Fabio; quando si ammalò e dovette assentarsi per le cure ci trovammo sicuramente in difficoltà ma anche per lui tenemmo duro, portammo avanti il lavoro e arrivammo a pubblicare l’album completo nel 2014. Ricordo che si commosse quando gli feci ascoltare la versione finale dei pezzi che lui aveva solo accennato. C’è un po’ di Fabio in quel disco e quando lo ascolto il mio pensiero va a quell’amico di mille battaglie che non c’è più ma continua a vivere in noi… oggi mi manca tutto di Fabio, il suo essere distaccato e sopra le parti in qualsiasi discussione ci fosse ma nello stesso tempo vedersi rispettato da tutti nel momento in cui si pronunciava; era ‘il Capo’ ai tempi della fondazione del gruppo e rimaneva tale anche adesso col suo modo di fare spesso burbero ma mai cattivo. E poi mi manca di sentire i suoi riff, il suo tocco magico, Fabio era l’incarnazione italiana dei chitarristi metal che abbiamo sempre amato, lui amava Van Halen, Tony Iommi e tanti dell’epoca ma non era un ‘tecnico’ anzi… non aveva basi teoriche, era un ‘sensitivo’ della chitarra elettrica. Tutto mi manca, ci manca, di lui…

 

Esiste la possibilità di vedere un nuovo disco dei Gunfire più avanti nel tempo?

Si, certo che esiste, stiamo lavorando (senza spellarci le mani) al nuovo materiale, i nostri tempi sono sempre lunghissimi ma ci siamo abituati, non ci corre dietro nessuno se non l’anagrafe così non è che facciamo le cose di corsa. Sarà un disco moderno e classico allo stesso tempo, riff diretti e aperture melodiche. Purtroppo nel mio dna di singer vivono Biff, Dickinson, Halford e tutti i matusa degli anni ‘80 per cui da me aspettatevi sempre di sentire qualcosa che ricordi loro… In chiave più moderna, però, perché gli altri dell’attuale formazione dei Gunfire sono relativamente più giovani e detengono punti di riferimento diversi.

 

Gunfire2

Gunfire: Michele “Vergio” Mengoni (basso)

 

Presenta l’attuale line-up.

Luca Calò, chitarrista preparato ed eclettico, è con me ormai dal 2000, entrò nella formazione a fianco di Fabio Allegretto nella prima rinascita dei Gunfire dopo 15 anni di fermo macchina totale. Marco Bianchella, già batterista dei Dogma e di altre formazioni locali è anche il proprietario dello studio dove abbiamo registrato ‘Age Of Supremacy’ ed è il suo produttore esecutivo, è quello che ha passato nottate intere su montagne di layers audio digitali. Michele Mengoni (Vergio) è il bassista entrato a sostituire il dimissionario Maury Lyon ormai da diversi anni, diplomato al conservatorio, è un musicista completo e versatile, se non ci fosse lui il gruppo non sarebbe l’ensemble di arte varia che realmente è.

Marcello Lammoglia si è aggiunto al gruppo per ultimo, è di una precisione estrema allo strumento, lo prendiamo in giro perché non gli sta mai bene niente, qualsiasi discussione su qualsiasi argomento è motivo di polemica! Ah,ah,ah! Drake lo conoscete, è quello che non accetterà mai di appendere il microfono al chiodo, è quello che nel 1981 cominciò a cantare senza un giorno di lezione, preso in giro per la voce da ‘gallinaccio’, è quello che ancora oggi trema di paura prima di salire sul palco. Devo dire che gli attuali membri dei Gunfire sono musicisti eccezionali, molto lontani e diversi per tecnica e preparazione dai quattro ragazzi di Ancona che nel 1984 volevano spaccare il mondo, ma certamente con quel quartetto lontano nel tempo hanno in comune la stessa attitudine e voglia di fare.

In che rapporti sei rimasto con Lyon e Gothar?

Ci incontriamo spesso e sempre si parla dei tempi andati e di cosa poteva essere e non è stato. Ottimi rapporti, anzi vorremmo organizzare un concerto tributo a Fabio dove suoneranno tutti quelli che hanno vissuto l’epopea dei Gunfire!

 

GUNFIRE   BAND

Gunfire classic line-up anni Ottanta:

Maury Lyon, Rob “Gothar” Fanelli, “Drake” Borrelli, Fabio “Lord Blackcat” Allegretto

 

La tua definizione di:

Gunfire (1985) – L’inizio, la consapevolezza, la speranza, la delusione, il distacco.

Thunder of War (2004) – Un grande disco, la rivalsa sul destino beffardo, un disco per true metaller senza se e senza ma.

Age of Supremacy (2014) – Un punto di arrivo, un approdo per un progetto ampio e ambizioso. Un album che ti può donare nuove emozioni ad ogni ascolto.  E’ un disco ineluttabile (questa definizione la prendo in prestito da un cattivo del Marvel Universe, ma rende l’idea!).

 

Qual è la maggiore soddisfazione targata Gunfire e quale invece la maggiore delusione patita…

Beh, della delusione ne abbiamo parlato prima! Più grande di una delusione che ti tarpa le ali non c’è nulla. Grandi soddisfazioni le vivo ogni volta che qualcuno che incontro mi dice che ancora apprezza quel disco del 1985 che uscì comunque con un audio e una dinamica molto debole, molti andarono oltre la forma e ne apprezzarono i contenuti… Ecco, forse è proprio lì che alberga la magia: il fatto che tanti appassionati si ricordino di noi è motivo di soddisfazione continua. 

 

Com’è la situazione concertistica nella zona di Ancona? Ci sono locali per suonare? Seguito?  

Ancona quasi zero… solo cover band per un panino e una birra, quasi tutti esecutori, bravi o meno bravi, non lo so, ma per quanto riguarda il Metallo poco o nulla… e i locali… lasciamo perdere, vah!

 

gunfire   drake e allegretto

Fabio Allegretto e Drake al Tradate Iron Fest 2005

 

Prossime mosse in casa Gunfire?

Continuiamo con la stesura del nuovo materiale. Per quanto riguarda i live: disponibili solo se ci sono situazioni interessanti. Comunque sempre avanti, si va!

 

Spazio a disposizione per chiudere come meglio ti aggrada, Drake. 

Voglio ringraziare te e quei pochi che si sbattono per spingere il metallo italiano, voglio anche ringraziare quelli che ci hanno supportato comprando i nostri dischi… non è cosa da poco oggi che un album si può scaricare in due minuti e dimenticarsi persino di ascoltarlo! Spero di vedervi qualche volta sotto un palco a cantare con noi le parole fatidiche: WE ARE IMMORTAL! Tempo ne abbiamo, sino all’eternità!  😉

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti