Heavy

Intervista Holy Martyr (Ivano Spiga)

Di Marco Donè - 9 Marzo 2017 - 10:00
Intervista Holy Martyr (Ivano Spiga)

Un ritorno a lungo atteso, quello degli Holy Martyr che, a distanza di quasi sei anni dal loro ultimo full length, tornano sulle scene con un nuovo disco: Darkness Shall Prevail (qui la nostra recensione). Un ritorno che assume il valore di un vero e proprio evento per l’intera scena epic metal italiana, e non solo. Non ci siamo quindi fatti scappare l’occasione di scambiare due chiacchiere con Ivano Spiga, fondatore e mastermind della compagine originaria della Sardegna. Eccovi il resoconto di quanto ci siamo detti.

Buona lettura!

Intervista a cura di Marco Donè

 

Ciao Ivano, sono Marco, bentornato su TrueMetal.it. Come va?

Ciao Marco! Va benissimo… specie in vista di un nuovo album! Lieto di essere nuovamente ospite presso di voi.

A distanza di quasi sei anni dal vostro ultimo lavoro, state per tornare sulle scene con un nuovo album. Sei anni in cui tanti cambiamenti sono avvenuti in casa Holy Martyr. Ti va di raccontarci cos’è successo?

Attualmente metà gruppo risiede a Milano, il resto fra l’Aquila e Roma. Purtroppo per motivi di lavoro abbiamo assistito ad un dislocamento geografico ed ad un cambio di lineup. Questo ha comportato molti stop forzati. Diciamo che ci siamo fatti desiderare dai nostri fan e siamo tornati sulle scene come eroi dati per dispersi.

 


L’attuale formazione degli Holy Martyr

 

Ripercorrendo la vostra storia, dai primi passi a oggi, è inevitabile notare come siate riusciti a conquistare sempre più consensi, diventando una vera e propria cult band. Quando avete deciso di interrompere il vostro “silenzio” e iniziare i lavori di Darkness Shall Prevail, il vostro nuovo album, quali sono state le sensazioni, le emozioni che avete provato? Sentivate pressione su quello che stavate facendo?

Beh… qualcuno ci etichettava cult band persino dopo il primo demo… la cosa fa sorridere, perché prima devi dimostrare il valore sul campo, ma sono conscio del fatto che ad alcuni siamo piaciuti da subito. Quello che risulta abbastanza palese, è che facciamo piccoli passi ma siamo inarrestabili, abbiamo una resilienza da far invidia a chiunque. Io non ho mai smesso di scrivere musica, per fortuna, però devo confessarti che dopo un periodo buio e di incertezza, stare nuovamente in studio e veder nascere questo nuovo disco mi ha emozionato parecchio. Durante l’ascolto tutti assieme a fine registrazione, avevo gli occhi lucidi. Pressioni non più di tanto, siamo entrati in studio con le idee chiare e molto preparati, magari i tempi erano stretti, questo si, abbiamo registrato anche dodici ore consecutive al giorno.

Le tematiche curate nei vostri testi hanno sempre avuto un ruolo importantissimo nella proposta degli Holy Martyr. Nei primi due dischi avete trattato l’epicità, lo spirito guerriero dell’epoca greco-romana, tanto che è stato coniato appositamente per voi il termine War Mediterranean Epic Metal. Con Invincible vi siete concentrati sulla tradizione del Giappone feudale, ispirandovi a vere e proprie leggende e all’opera del regista Kurosawa. Tematiche estremamente originali. In Darkness Shall Prevail avete invece deciso di ispirarvi all’opera di Tolkien. Com’è nata questa decisione?

Tutto si può dire degli Holy Martyr, tranne che siamo poco originali e che seguiamo la moda del momento. Abbiamo sempre fatto quello che volevamo, senza mai ripeterci, anche a livello di songwriting. Questo disco non è da meno, ho realizzato un desiderio che mi portavo dietro da tanto tempo. Essendo un fan sfegatato di Tolkien, l’idea di fare brani ambientati nel suo mondo mi ha sempre attirato, ma un tema del genere è stato veramente abusato in campo metal. Ora penso fosse arrivato il momento giusto, e comunque è un concept tolkieniano a modo nostro, visto che ricalca maggiormente il “lato oscuro” di questo autore.

Dal punto di vista musicale il vostro nuovo lavoro risulta una sorta di ritorno alle origini del metallo più puro, fortemente influenzato dalle band epic metal americane dei primi anni Ottanta. Concordi con questa mia affermazione? Ti andrebbe di approfondirla?

È il disco più dannatamente epic metal degli Holy Martyr. Non siamo mai stati così epici e cupi. Spesso e volentieri puntavamo a schiacciare sull’acceleratore e mischiare qualche influenza progressive e folk, su un heavy epico comunque di derivazione British. Per questi brani sono rimasto stupito pure io, di sentire uscire fuori così tanta atmosfera. Mi fa sorridere il fatto di non avere ascoltato determinati gruppi per avere questo tipo di sonorità. Penso sia dovuto alle tematiche abbastanza arcane, che mi hanno spinto ad osare sul doom metal, una cosa istintiva insomma.

Ivano, come Holy Martyr avete pubblicato il vostro ultimo lavoro nel 2011, ma so che tu non hai smesso un attimo di comporre musica. Le dieci tracce che caratterizzano Darkness Shall Prevail sono frutto di un lavoro ad hoc o arrivano da momenti diversi, selezionate per l’occasione?

In realtà, ho tante idee che ho scartato a priori, perché non rispecchiavano i temi e l’atmosfera di questo disco. Una volta deciso di buttarmi su un lavoro concettuale su Tolkien, ho accantonato il resto, anche se qualitativamente molto buono. Tutto è nato da Dol Guldur, la prima traccia scritta nell’autunno del 2012. A gennaio 2013 invece sono uscite di getto Numenor, Witch-King Of Angmar ed è stata aggiunta alla rosa dei brani Darkness Descends-Taur nu Fuin, frutto di un’improvvisazione sempre nel 2012. Nell’autunno del 2013 – questa stagione presumo aiuti l’ispirazione – è venuto fuori il resto: Born of Hope, The Dwarrowdelf, Heroic Deeds e Minas Morgul. Sono state limate nel tempo ma le strutture non sono cambiate tanto. Posso tranquillamente dire che è stato tutto frutto di un unico periodo, ma se non avessi scritto Dol Guldur probabilmente il disco avrebbe preso strade diverse.

 


La copertina di Darkness Shall Prevail
 

Con la rivoluzione avvenuta in lineup, com’è cambiato, ammesso che lo sia, il vostro processo di songwriting e di lavorare in studio?

A livello di songwriting non è cambiato nulla, il fatto di essere rimasto isolato e non aver potuto testare i brani con una formazione stabile, mi ha costretto a fare tutto da solo. L’apporto degli altri membri, anche di quelli nuovi, è stato però fondamentale. Lo stile di Stefano, il nuovo batterista, si è incastrato alla perfezione con composizioni più articolate e ricercate, c’è molto più groove e alcuni passaggi che ricordano Mark Zonder. Paolo Roberto Simoni si è dedicato a quasi tutti i soli. Puoi sentire un feeling completamente diverso dai precedenti dischi, che fa la differenza. È stato essenziale anche il lavoro di Nicola al basso, un cuore pulsante che ha enfatizzato molto di più le frequenze gravi, rispetto al passato. Menzione particolare per Alessandro, ha praticamente cantato in registri diversi per ogni brano, dalle parti più enfatiche a quelle più pesanti e tendenti al doom, una vera novità per lui, incluse le parti corali molto presenti in questo disco.

A proposito di studio… Per la realizzazione dei precedenti due album, Hellenic Warrior Spirit e Invicible, vi eravate affidati alle sapienti mani di Luigi Stefanini e ai suoi New Sin Studio. Per Darkness Shall Prevail avete invece puntato sugli Slam Studio Rec, in provincia di Roma. Da cosa deriva questo cambiamento? Servivano nuovi stimoli?

A volte può essere positivo cambiare, poi può piacere o no una nuova produzione. È un po’ più vecchio stile e devi alzare il volume invece che abbassarlo, come negli album attuali. Considerando che suona fuori dal tempo non è malissimo. Diciamo che anche a livello logistico è stato essenziale avere uno studio vicino a casa.

Dopo aver trattato così tanti cambiamenti, arriva il momento di un’assoluta conferma: il sodalizio con la Dragonheart Records. Tutti i vostri album sono usciti per l’etichetta italiana. Un binomio in cui entrambe le parti sembrano credere l’una nell’altra…

Esatto…e dura ormai da dieci anni. Di questi tempi è una grande sicurezza sapere che qualcuno crede in te. Pensa che non mi viene mai chiesto di far sentire in anteprima i brani prima di entrare in studio. Ho una grande autonomia durante la composizione e nessun tipo di pressione.

Ivano, ti farò una domanda a cui, forse, sarai stufo di rispondere. Provo a fartela ugualmente, confidando nella tua pazienza! Gli Holy Martyr arrivano dalla Sardegna, una regione che, purtroppo, viene spesso lasciata in secondo piano. Una regione che però, parlando della musica a noi cara, presenta una scena florida e interessantissima. Oltre a voi, mi vengono in mente, ad esempio, i Negacy. Sia voi che loro vi siete però dovuti trasferire. In Italia è così complicato suonare metal se non si abita nelle “solite quattro regioni”?

Non saprei, secondo me è difficile suonare pure in Italia, specie un genere come il nostro. Gli Holy Martyr stanno a Milano dal 2008, e indubbiamente abbiamo suonato tanto rispetto a prima. La location dove risiede la band aiuta gli spostamenti, anche se attualmente siamo divisi in due regioni diverse. Il meglio come situazioni live però, per noi è sempre stato all’estero.

 


Ivano Spiga in una photo session di Darkness Shall Prevail

 

Gli Holy Martyr sono attivi da quasi vent’anni e, già a partire dai loro primi passi, sono subito diventati uno dei gruppi di punta della scena italiana, di quella più pura ed epica, ritagliandosi un ruolo importantissimo anche nella scena internazionale. Vi siete presi un sacco di soddisfazioni suonando in svariati festival in Germania e Grecia. Tra tutte queste esperienze, qual è il tuo ricordo più bello?

Fa strano pensarlo ma è così. Abbiamo sgomitato e sputato sangue per farci strada. Soprattutto, abbiamo scelto la nostra di strada, non abbiamo seguito quella di qualcun altro e ancora lo facciamo oggi, noncuranti di quale genere o stile vada di moda. Penso che il ricordo più bello rimarrà per sempre il primo concerto ad Atene nel 2004, con appena due demo e trecento persone che cantavano a memoria i nostri brani.

E quello più brutto?

Il trasferimento da Milano a l’Aquila nel 2013. Stare lontano dalla musica e dalle persone con cui ho condiviso anni e anni di prove, è stato durissimo. Ma come vedi siamo ancora qui, Invincible non era solo il titolo di un disco, ma l’essenza stessa del gruppo.

Ivano, siamo quasi arrivati alla fine della nostra intervista. Prima di salutarci, però, concedimi ancora una domanda. Quali sono i progetti futuri degli Holy Martyr? Ci sarà un tour di supporto a Darkness Shall Prevail?

Speriamo di suonare un pò dappertutto, valuteremo ogni data con cura, vista la distanza fra noi. Tour magari è un po’ ambizioso, non viviamo di musica sfortunatamente.

Ivano ti ringraziamo per questa intervista e, come di consueto, lascio a te le ultime parole.

A chi ancora non ci conosce, consiglio di darci una possibilità con questo disco e di ascoltarlo a volumi pazzeschi… ne varrà la pena. Ai nostri fan più integralisti dico: affilate le spade, siamo tornati.