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Intervista Labyrinth (Olaf Thörsen e Rob Tyrant)

Di Stefano Ricetti - 5 Febbraio 2017 - 12:30
Intervista Labyrinth (Olaf Thörsen e Rob Tyrant)

In occasione dell’uscita di Return to Heaven Denied in doppio ellepì da parte della Pharagon Records – album epocale per i Labyrinth ma anche per il Metallo tutto – , ho scambiato quattro chiacchiere con Olaf Thörsen, chitarrista e simbolo vivente degli stessi Labyrinth per molti appassionati e Roberto “Rob Tyrant” Tiranti, ugola d’acciaio di fama internazionale. Un’occasione per un sano salto nel passato ma anche per scoprire le prossime mosse del combo italiano.

Buona lettura.

Steven Rich

 

LABYRINTH RETURN

La copertina di Return to Heaven Denied in versione doppio ellepì (2016)

 

 

Return to the Heaven Denied della Pharagon Records (Pick Up Records) è uscito sotto forma di due ellepì ma con una copertina diversa dall’originale. Quali i motivi?    

Olaf – Non saprei dirti: sono scelte che non abbiamo preso come gruppo, quindi non ho la minima idea del perché abbiano deciso di cambiare la copertina. Posso solo immaginare che sia dovuto al fatto che le grafiche originali sono andate perse tempo fa e quindi non fosse semplice riprodurre l’artwork originale. Ho notato che comunque hanno voluto rifarsi alla cover di RTHD pt2.

 

Da dove nasce l’idea di far uscire “Return” su Doppio Lp?

Olaf – Anche in questo caso, non è stata una decisione di cui ero al corrente, quindi non posso dirti nulla in merito. Posso solo immaginare che il doppio LP, se non ricordo male, permette di ottenere solchi più profondi,  fornendo un suono migliore (almeno una volta era così).

Rob – Gianni Della Cioppa, amico e stimato giornalista musicale ha voluto fortemente questa ristampa, in realtà Sergio Pagnacco ebbe la stessa idea anni fa che purtroppo non si concretizzò. Il vinile credo sia un doveroso tributo ad un album a cui dobbiamo essere grati. Nonostante all’epoca io stessi già lavorando coi New Trolls avendo accantonato il metal del dopo Vanexa (sempre nel mio cuore), cio che oggi ho dipende in buona parte da quel grande disco.           

 

Return to Heaven Denied contiene brani killer, mi piacerebbe che per i quattro che seguono voi due mi snocciolaste aneddoti e ricordi vari.  

MOONLIGHT 

Olaf – Dopo Heaven Denied, che fu il primo pezzo in assoluto che scrivemmo per RTHD, Moonlight è stato uno dei primi brani su cui abbiamo impostato quell’album, tant’è vero che la utilizzammo come provino per  i vari cantanti che stavamo valutando. Ad oggi ho ancora 3 versioni differenti di quel brano: una con Giacomo (oggi ancora voce dei suoi storici Crazy Train), con cui abbiamo sviluppato gran parte dell’album e che ci aveva aiutato anche nell’ultima parte del tour di No Limits, una con Morby (altro candidato, all’epoca, come nuova voce del gruppo) ed una con Roberto, ovviamente.

Un aneddoto valido per la maggior parte dei brani di questo disco, è che all’epoca una parte del gruppo voleva accentuare l’aspetto “dance” degli arrangiamenti, mentre io ero assolutamente contrario, arrivando anche a “scontrarmi” (amichevolmente) con alcuni membri. Anche Moonlight, in una versione, presenta suoni molto vicini ai Prodigy di allora.

Rob – Brano che amo molto, altrettanto amato dai nostri sostenitori in italia e nel mondo. E’ un marchio di fabbrica della band e mio per la performance vocale.        

 

LADY LOST IN TIME

Olaf – Un brano scritto nel buco creatosi tra la dipartita di Giacomo (che a causa dei suoi impegni voleva tornare a cantare solo con la sua band storica) e la scelta del nuovo cantante. In questo brano mi occupai di scrivere anche le parti vocali. Alla fine, il ritornello ci piaceva così tanto che decidemmo di aggiungerlo anche all’inizio, suonato solo da pianoforte e voce.

Rob – Altro pezzo sempre atteso nei live, in cui misi il mio “timbro” soprattutto nell’ introduzione piano e voce.

 

THUNDER

Olaf – Questo non era inizialmente un brano scritto per Labyrinth, ma faceva parte del materiale che stavo scrivendo per il mio primo album solista, poi diventato in realtà Vision Divine. Quando ci rendemmo conto che serviva ancora un brano “violento”, sono stato ben contento di proporlo ad Andrea,  che poi ha deciso di inserirlo nell’album.

Rob – Brano stilisticamente meno vicino a me ma pur sempre di grande spessore.

 

FALLING RAIN

Olaf – Un altro dei primissimi brani scritti per questo album. Una curiosità è che la canzone nacque sulla base di un cantato, che però venne infine riscritto interamente da Roberto. Il cantato originale, se a qualcuno può interessare, l’ho riutilizzato, riarrangiando completamente la parte musicale, per un brano dei Vision Divine, intitolato HERE IN 6048.

Rob – Assieme a Die for Freedom e New Horizon fa parte degli unici episodi in cui scrissi la melodia. Falling Rain è l’esatto esempio di ballata metal in cui melodia, energia e spunti riflessivi e romantici si fondo fra loro.

 

 

LABYRINTH BAND

Labyrinth: Return to Heaven Denied line-up

 

Cosa ricordate della fasi di registrazione di “Return”?

Olaf – AH, ci sono fin troppi ricordi in merito! Impossibile  citarli tutti, ma ti dico solo questo: siamo arrivati ad un contratto con Metal Blade per un disco che sentivamo essere importante, con mezza formazione mancante. In pratica, una volta assoldato Roberto, siamo comunque entrati in studio senza batterista e senza tastierista… continuavamo a sentire Metal Blade, che ci chiedeva i classici aggiornamenti dallo studio, e gli ripetevamo “tutto bene, tutto bene!”, ma in realtà non avevamo ancora idea di come completare la band!

Rob – A dicembre del 1997 i New Sin di Loria non furono solo gli studi di registrazione, divennero seconda casa grazie all’ottimo Luigi Stefanini, ottimo professionista del suono e gentilissimo padrone di casa. Conservo ricordi bellissimi di gioia, fatica, incertezze, insicurezze ed altrettanta spensieratezza data dalla giovane età.

 

E cosa vi è rimasto del tour successivo per promuoverlo?

Olaf – Mi è rimasto un vagone immenso di ricordi stupendi. Grazie a quel disco abbiamo suonato dovunque, da tour lunghissimi (il primo con Hammerfall e Primal Fear, che ci ha praticamente aperto le porte al mondo, facendo raddoppiare le vendite dell’album proprio mentre stavamo ancora in giro per l’Europa) a festival giganteschi, come Wacken e l’allora anche più famoso DYNAMO, dove suonammo a ridosso dei Metallica. Eravamo su ogni rivista e ricevevamo continuamente proposte per altri tour, festival, e date varie.

Rob – In realtà molto poco, poiché a parte l’esperienza mozzafiato del Gods 1998 ed altri simili episodi, fui costretto ad allontanarmi dalla band per circa 8 mesi per motivi “lavorativi”. Dovresti chiedere al grande Morby come fu affrontare il tour di supporto agli Hammerfall. Rientrai ad aprile del 1999 e fu un anno di grandi festival sulla scia di Return.

 

Dopo un discone come Return to Heaven Denied è normale che vi sia la totale identificazione , da parte dei fan, dei Labyrinth a quel disco… Quanto siete rimasti prigionieri di questa sindrome?

Olaf – Siamo rimasti fin troppo prigionieri di quel disco, che comunque amiamo come è giusto che sia. La verità, che forse molti oggi faticano anche solo ad immaginare, è che quando registrammo RTHD non esisteva nemmeno la parola POWER METAL così come lo si intende oggi, tant’è vero che nelle prime bozze promozionali di Metal Blade si parlava di “melodic speed metal”. La verità è che noi non abbiamo mai voluto realizzare un disco “Power Metal”, semplicemente perché quel genere non esisteva, quantomeno con le connotazioni abituali in uso da qualche lustro! Quando il disco è uscito, invece, tutti parlavano solo di “power” e ci hanno infilato nel calderone, accostandoci a band come Stratovarius e Gamma Ray, per dirne alcuni, che non sempre ci somigliano completamente. Se è vero che quel disco fa parte del movimento cosiddetto “power”, credo sia anche vero che i Labyrinth hanno sempre suonato ANCHE altro e addirittura all’interno di uno stesso album. Credo sia successo naturalmente che, quando abbiamo provato a suonare altro, non tutti i fans abbiano capito cosa stessimo facendo, ma in realtà continuavamo a suonare quello che semplicemente ci veniva in mente, come avevamo sempre fatto.

Rob – In realtà non ci siamo mai ritenuti “prigionieri” abbiamo però avuto modo di scegliere altre strade con dischi come Freeman e Six Days to Nowhere. Ad oggi credo che il brano “Free man” sia uno dei più belli delle nostre produzioni, ma di certo per tutti i Labyrinth sono R.T.H.D. e non solo non abbiamo mai rinnegato le nostre radici ma anche allora nei live eran sempre presenti quei brani.

 

 

Labyrinth LP

La visione d’insieme del packaging operato dalla Pharagon Records 

 

Quando scrivevate i pezzi di Return to Heaven Denied “sentivate” dentro di voi che sarebbe uscito un grande album, il vostro disco “definitivo”, insomma?

Olaf – Assolutamente si, lo sentivo mentre scrivevamo i pezzi e – soprattutto – mentre ascoltavo il mixaggio in studio. Sentivo qualcosa che suonava “metal”, che aveva degli standard e dei richiami familiari, ma che al tempo stesso suonava in maniera del tutto nuova, a partire dalla voce non tipicamente metal, inteso come lo intendevano i Teutonici dell’epoca.

Rob – Io sono arrivato a cose quasi fatte, aggiunsi qualcosa e tutto fluì semplicemente e con molta leggerezza. Nessuno avrebbe mai pensato a “Metal Blade” e tutto ciò che accade successivamente. Beata gioventù e beata incoscienza!

 

Come avvenne il contatto e l’approccio della Metal Blade nei vostri confronti?

Olaf – Avvenne nel modo più classico dell’epoca: per i 2 grandi incontri delle etichette mondiali, (PopKomm in Germania e Midem in Francia, a Cannes), le band preparavano un demo e lo facevano girare. Il nostro agente dell’epoca, Pat Scalabrino, lo portò assieme ad altri 15 demo di altre band con cui aveva lavorato.
Semplicemente, Brian Slagel li ascoltò tutti velocemente, dicendo “ questo no….questo no…etc…” finché arrivò al nostro e,  invece di scorrere velocemente i pezzi, li ascoltò tutti attentamente, poi chiuse lo stereo e disse “ I like these guys, I might be doing something about it”. Da lì il passo fu veloce: ci chiesero un altro demo con altri pezzi , che gli piacque, e poi ci proposero il contratto definitivo.

 

 

ROB TYRANT

Roberto “Rob Tyrant” Tiranti

 

Domanda “chiamata” successiva: come mai poi finì, con la stessa Metal Blade?

Olaf – A questo non posso rispondere, semplicemente perché io lasciai il gruppo dopo Sons of Thunder, ancora sotto Metal Blade, per poi continuare a lavorare sempre con loro anche con Vision Divine per “Stream of Consciousness”. Io non avrei mai lasciato l’etichetta, che credeva così fortemente in noi e per la quale rappresentavamo una delle band top sellers del momento. Evidentemente gli altri ragazzi avevano ricevuto un’offerta più interessante, se non ricordo male credo passarono a Century Media.

 

Rob, come si concretizzò l’interesse da parte dei Labyrinth nei tuoi confronti?

Rob – Andrea De Stefanis (Wild Steel) si trovava a Lucca negli studi di Frank Andiver(primo batterista) allora quartier generale dei Labyrinth che proprio in quel periodo cercavano un nuovo cantante. Portò loro l’album dei Vanexa “Against the sun” dicendo loro “se volete potete sentirlo/vederlo a Sanremo la prossima settimana” e così fu! Un provino a distanza da Sanremo! Incredible no? Fui successivamente chiamato da Olaf e sostenni un provino a Lucca…il resto è storia.

 

Immagino vi sia stato un momento nel quale abbiate pensato, veramente, di avercela fatta a vivere di sola musica… avanti voi…

Olaf – Beh, io l’ho fatto, anche se prendendo una strada diversa, e anche altri della band hanno fatto lo stesso. Il fatto che poi come gruppo le strade si siano separate, credo faccia parte della vita di molte altre band di questo mondo. In fondo eravamo veramente troppo giovani e provenienti da un Paese come l’Italia, dove non c’erano ruoli di supporto ad una band come la nostra ( parlo di manager, produttori etc…). Tutto quello che abbiamo fatto, l’abbiamo fatto quasi inconsapevolmente, per poi trovarci senza una guida esterna, che ci tenesse in riga e ci dicesse anche cosa fare ( a volte serve, credimi). Comunque siano andate le cose, tutto quello che ho fatto, almeno io, lo devo sicuramente a Labyrinth e a questo disco “viola”, senza il quale sarebbe stato tutto molto più difficile.

Rob – Io vivevo già di musica da circa un anno grazie ai New Trolls e nonostante l’esplosione Labyrinth non ho mai pensato che un gruppo italiano per quanto vincente potesse campare solo di quello. Vero è che alcuni nostri errori palesi ci hanno precluso questa possibilità, e parlo dell’aver rinunciato fra il 1999 e il 2000 ad importanti tour support che ci avrebbero aperto nuove strade. Di certo abbiamo vissuto il periodo dei buoni anticipi da parte delle etichette per realizzare gli album, abbiamo fatto tour italiani e date all’estero con buoni cachet ma “viverci” significa ben altro, significa avere una continuità che purtroppo non abbiamo saputo gestire, per inesperienza e forse anche un pizzico di stupidità. Di fatto, acqua passata non macina più ed oggi siamo ancora qui con una etichetta (Frontiers) che CREDE davvero in noi e lo dimostra in tutti modi possibili.

 

In occasione del recente Frontiers Metal Festival avete suonato dal vivo l’intero Return to Heaven Denied… avete in previsione altri eventi di questo tipo?

Olaf – Spero di no, perché stiamo diventando troppo vecchi per suonare tutto quell’album dal vivo! AHAH! A parte le battute, ci è stato chiesto spesso, anche precedentemente al Frontiers Festival, di riproporre quel disco live, ma a parte un evento speciale a Città del Messico, abbiamo sempre gentilmente declinato le offerte, perché riteniamo che sia una forma di rispetto verso quello che abbiamo fatto di buono in passato, ma anche nel presente e – si spera – nel futuro. Non abbiamo ancora bisogno di diventare la cover band di noi stessi! Se capiterà un’altra occasione ( magari il ventennale) magari ci farà piacere riproporlo, ma per il resto credo che se e quando suoneremo, preferiremmo concentrarci su un ventagli più ampio della nostra discografia, a cominciare proprio dal nuovo album di prossima uscita, che a mio avviso sarà un altro album “miliare” nel suo genere, anche se i tempi sono cambiati e tutto viene consumato fin troppo velocemente, per  poter restare come succedeva ai dischi di quell’epoca.

Rob – Faremo grossomodo lo stesso concerto il prossimo 11 Marzo al Druso (Bg) e non è escluso ne seguiranno altri. Ci dovremo misurare presto con la promozione live di “Architecture of a God”, nuovo ottimo lavoro.

 

 

Labyrinth   Sergio Pagnacco & Olaf Thorsen   01

Sergio Pagnacco e Olaf Thorsen

 

Potete e volete spiegare la recente uscita di Sergio Pagnacco dalla band? 

Olaf – Sergio è un amico ed è anche il bassista storico e fondatore dei Vanexa. E’ sempre stato un amico che ci aiutava nei live, dove Roberto preferiva non ricoprire anche il ruolo di bassista. Eravamo arrivati ad un momento di stallo, in cui non eravamo interessati a far uscire nulla di nuovo nell’immediato, ed in cui in ogni caso sentivamo la necessità, in caso di una ripartenza, di sistemare definitivamente la line-up per il futuro. Quando ci è arrivata la chiamata di Frontiers, da noi totalmente inaspettata, abbiamo sentito che quel momento era arrivato. Abbiamo deciso di rinnovare metà della band, semplicemente perché era l’unico modo per poter riproporre un gruppo solido e concentrato sul futuro. Sergio l’ha capito e, semplicemente, ci ha comunicato di volersi concentrare di nuovo esclusivamente sui Vanexa, che tra l’altro avevano un nuovo stupendo album in preparazione.

Rob – La band attualmente è formata da me, Olaf Thorsen e Andrea Cantarelli con l’entrata in forze di John Macaluso che non ha bisogno di presentazioni, Oleg Smirnoff che in molti ricordano e Nik Mazzucconi altro cavallo di razza. Eviterei di parlare degli assenti per svariati motivi e per rispetto dei medesimi innanzitutto. Sergio è per me una persona di famiglia fui io a volerlo nella band nel 2010, ovviamente venne accolto da tutti gli altri nel migliore dei modi ed avemmo modo di condividere bellissimi momenti di musica e amicizia. Ora sta dedicando il suo tempo ai Vanexa e gli auguro ogni bene possibile.

 

Quali sono le band italiane del passato che suscitano in voi maggior ammirazione?

Olaf – La mia band del cuore, in Italia, ha sempre avuto un solo nome: SABOTAGE. Li ammiravo quando mi capitava di vederli dal vivo ed avevo tutti i loro dischi. Morby era ed è ancora oggi un cantante di livello mondiale, che non teme il confronto con nessuno.

Rob – Vanexa, Vanadium, Elektradrive per una questione di miei gusti personali ma ce ne sono state davvero molte ed ognuna ha il merito di aver reso grande il genere in un paese dove ancora oggi se fai certa musica sei visto come un tossico sfigato perdigiorno. Peccato che i tossici sfigati perdigiorno li trovi in discoteca e non hai concerti metal dove in 20 lunghi anni in italia e all’estero non sono MAI stato testimone di casini o eventi drammatici.

 

morby

Morby

 

Olaf, nei Labyrinth hai lavorato con fuoriclasse del calibro di Fabio Lione, Roberto Tiranti, Morby e Mark Boals. Una tua definizione – uno per uno – di tutti e tre.

Fabio Lione – Fabio è un amico, il primo con cui ho iniziato a fare “seriamente” musica, partendo dal  garage, nel 1993! Ancora oggi suoniamo insieme nei Vision Divine… cosa potrei dire di lui? Oggi, nel metal, rappresenta l’eccellenza assoluta e se ne sono accorti anche all’estero, chiamandolo a “salvare” band come Kamelot, Gamma Ray ( con cui ha cantato per una buona parte di un tour) ed oggi Angra. Tra Labyrinth, Vision Divine, Rhapsody, Athena, è stato uno che ha veramente fatto la storia di questo genere, in Italia. Non posso che volergli bene e sentirmi fortunato per avere potuto condividere cosi tanti anni e cosi tanta musica insieme.

Roberto Tiranti – Roberto è Roberto: un cantante poliedrico, che suona pure basso e chitarra. Un musicista a 360°, con cui ho condiviso tutte le belle  cose di cui abbiamo parlato pochi minuti fa, qui sopra, e con cui ormai suono da quasi 20 anni. Tecnicamente inarrivabile, per la maggior parte dei cantanti di oggi, con un mix di tutto quello che ascolta, che traspare anche dal suo modo di cantare. E’ stato probabilmente uno dei primi, con Labyrinth, a cantare metal in un modo nuovo, direi tipicamente all’italiana.

Morby –  Il mio idolo da giovane ( anche se poi non è che sia così vecchio, visto che aveva iniziato a fare dischi giovanissimo, ma all’epoca non potevo saperlo). Il primo giorno che venne a trovarci in studio, per poi venire in tour con noi a supporto di Return ero emozionato come se fosse entrato Bruce Dickinson!
Non solo ha una voce della Madonna, ma è un vero autentico “signore”, o come preferisco dire, “un gentleman”, con cui sono molto amico anche al di fuori della musica e con cui ogni tanto mi ritrovo per delle mangiate epiche, vagando alla ricerca di ristoranti tipici, in Toscana! Il mio unico rammarico, riguardo Morby, è di non essere riuscito a concretizzare un album in studio insieme con lui!

Mark Boals – E’ quello che ho avuto modo di conoscere meno degli altri, per ovvii motivi. Devo dire che si è sempre comportato molto bene ed è una persona molto gentile. Purtroppo, a ridosso della nostra ripartenza” come Labyrinth, lui è stato assunto per un enorme Musical di stanza a Las Vegas e le cose sono diventate ingestibili. In fondo, sapevamo fin da subito che sarebbe stata una scommessa: purtroppo non è andata come vorremmo, ma la stima nei suoi riguardi rimane immutata.

C’è stato un momento nel passato nel quale avete preso strade diverse da quelle dei Labyrinth, come vanno le cose oggi?

Olaf – A prescindere da dove vadano le nostre strade, io Andrea e Roberto siamo sempre stati ottimi amici ed in ottimi rapporti. Anche se all’epoca di Sons of Thunder ci furono motivi per cui decisi di abbandonare musicalmente la band, questo non ha mai inciso sui nostri rapporti personali. Abbiamo tutti preso le nostre strade e fatto le nostre scelte, senza rimpianti. Oggi, quando decidiamo di suonare o di realizzare un nuovo album, lo facciamo con la libertà di chi può permettersi di farlo in piena libertà, senza costrizioni o senza dover fare scelte obbligate. Anche in questo, in fondo, siamo fortunati.

Rob – La musica per me è un territorio vastissimo e meraviglioso. Odio gli stereotipi, le etichette e la ripetitività e questi sono i motivi per cui non voterei mai la mia vita ad un solo genere. Esempi di tutto ciò sono gli Wonderworld, power trio classic rock che amo, la collaborazione con Ken Hensley che è ripartita da pochi giorno dopo un anno di stop e molte altre cose che non faccio per mero guadagno bensì per passione. Oggi coi Labyrinth abbiamo per le mani un nuovo ottimo album che vale la pena di promuovere e portare in palmo di mano. Vedremo!

 

Prossime mosse in casa Labyrinth?

Olaf – Intanto il DVD del concerto che abbiamo tenuto al Frontiers Metal Festival, in cui abbiamo suonato RTHD interamente,  ma direi soprattutto ed assolutamente nuovo album! Siamo completamente presi dalla realizzazione di “Architecture of a God”, che sarà mixato a breve. So che ogni volta, tutte le band parlano del loro ultimo album come del migliore, ma nel nostro caso è diverso: eravamo una band che, anche se mai sciolta, aveva deciso di non fare uscire più niente, a meno di non avere veramente qualcosa di importante da dire. Il fatto che oggi stiamo parlando di un nuovo album, significa che abbiamo veramente realizzato qualcosa che per noi riteniamo epocale.  Sarà un disco importante, perché per noi si tratta di un ritorno e vogliamo tornare in un modo che sia emblematico, con un disco che sia quanto di più maturo potessimo realizzare, grazie anche ai nuovi arrivati, John Macaluso, Nik Mazzucconi e Oleg Smirnoff, grazie ai quali abbiamo costruito i migliori Labyrinth di sempre. Ovviamente, non voglio mancare di rispetto a nessuno dei miei ex, che anzi ringrazio e ringrazierò sempre per quanto condiviso, e non voglio nemmeno sembrare presuntuoso (piuttosto, direi “galvanizzato”), ma credimi: quando questo album uscirà, ci riprenderemo il posto che ci spetta. E’ una promessa!

Rob – Come accennavo sopra, dobbiamo prenderci cura di una nuova release ed a breve realizzeremo anche due video clip. C’è molto d fare e come al solito non poniamo limiti alla provvidenza 🙂

 

Spazio a disposizione per chiudere come meglio credete l’intervista, grazie.

Olaf – Grazie a te per l’intervista e a tutti quelli che ci sono sempre stati vicini, anche quando non sembravamo dare segni di vita. Il nuovo album lo dedicheremo idealmente proprio a tutte quelle persone che ci hanno sempre dimostrato il loro affetto.

Rob – Per me la musica è vita, amore e fonte di sostentamento. Non so cosa accadrà in futuro e forse questa ennesima avventura si esaurirà presto, l’unica certezza è quella di aver realizzato un disco di cui possiamo andare fieri indipendentemente dai risultati che otterrà.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti