Power

Intervista Light & Shade (Marco Pastorino)

Di Luca Montini - 1 Dicembre 2016 - 0:00
Intervista Light & Shade (Marco Pastorino)

Marco Pastorino è indubbiamente uno tra i personaggi più attivi nel panorama del metal tricolore degli ultimi anni. Chitarrista e mastermind dei Temperance assieme a Giulio Capone, chitarra e backing vocals dei Secret Sphere, cantante dei Virtual Symmetry, promoter per Truck Me Hard, ai nostri microfoni per il suo nuovo progetto Light & Shade, con Alex Landenburg (Luca Turilli’s Rhapsody), Adrienne Cowan (Seven Spires) e Luca Negro (Temperance). Il risultato più che la solita intervista formale sull’ultimo disco, sul quale è risultato impossibile orbitare perennemente attorno vista la poliedricità del personaggio in questione, è una bella chiacchierata che spero possa divertire e stimolare il lettore quanto ha fatto con me nel realizzarla.
 

Iniziamo come da copione con i Light & Shade: come nasce questa band e come sei venuto in contatto con la talentuosa cantante statunitense Adrienne Cowan?

La band è nata un po’ per caso. Io ho conosciuto Adrienne in autunno, verso la fine del 2015. Eravamo con Temperance e con la sua band Seven Spires nella compilation annuale del Prog Power USA. Ogni anno inseriscono un venti/trenta band da tutto il mondo; c’eravamo noi ma anche band molto più grosse come Kamelot, Leprous, Symphony X…  ovviamente quando gli organizzatori scelgono le band mandano le copie promozionali ai gruppi scelti. Visto che sono abbastanza attivo nell’informarmi sulle band che non conosco, mi son sentito le band americane nuove. Tra queste c’erano appunto i Seven Spires con questa voce disarmante di Adrienne… allora solo per farle i complimenti l’ho cercata e mi sono accorto che mi aveva già aggiunto su Facebook. Quando ci ho parlato mi ha detto che già conosceva i Temperance, e la cosa mi ha fatto molto piacere. Eravamo rimasti un po’ così, “magari in futuro collaboreremo”. Poco prima di partire nel tour con i Luca Turilli’s Rhapsody, riascoltando delle bozze ho ritrovato una canzone mia che non avevo ancora usato, con un range vocale molto alto, adatto ad Adrienne. Glie l’ho girato dicendole: “se vuoi provare a farci qualcosa… vediamo…”. Mi ricordo benissimo il momento, proprio durante il tour dei Rhapsody, in cui apro la mail, ero con Luca, e mi ritrovo il demo di Adrienne cantato… ed era una roba clamorosa, proprio da disco!

Che pezzo era?

“Spirit of Anne”, la terza del disco. Qualche giorno dopo ne ho parlato con Alex [Landenburg n.d.M.], si stava creando un bel rapporto in quel tour, soprattutto io e Luca con lui, parlavamo tutti i giorni… e da lì eravamo rimasti che avrei scritto alcuni brani. Lui mi ha dato la massima disponibilità. Tornati dal tour ho iniziato a scrivere qualche brano, tra i quali “You Are”. Dopo che ho mandato questo pezzo ad Adrienne, a marzo abbiamo deciso di fare il disco; abbiamo iniziato a lavorare sulle linee vocali etc. Adrienne è venuta una decina di giorni in Italia a giugno per registrare. Abbiamo lavorato alle voci insieme in studio… già che c’eravamo abbiamo chiesto ad Alex di venire in Italia un paio di giorni, lui prende un volo ed in un’ora è qua, così abbiamo colto l’occasione per registrare anche il videoclip di “You Are”.
 


 

I testi di “The Essence of Everything” li hai scritti tu? Li ha scritti lei?

Stesso metodo dei Temperance: io scrivo le linee vocali adattate un po’ alla voce, poi Adrianne si è occupata dei testi.

Quindi chi canta sceglie il messaggio che vuole veicolare… e la Anne di “Spirit of Anne” chi è?

Esatto! (ride)  Ma veramente non c’è una Anne di fondo, era molto immaginaria, come cosa. Io ho scritto solo la linea vocale, nella mia demo aveva un testo abbozzato che poi ha rifatto.

Si nota molto facilmente dalla musica che scrivi che, come dici, hai una notevole attitudine a provare le band nuove, e questo ascolto continuo si trasforma in ispirazione per quello che poi scrivi. Non sei di quelli che si fossilizzano con Helloween e Gamma Ray e li ascoltano tutta la vita (ogni riferimento all’intervistatore è puramente casuale)…  Da ascoltatore ho l’impressione che ci sia una cura particolare, soprattutto nell’ultimo Temperance ma anche in questo Light & Shade nel fornire una grande varietà di soluzioni messe in una scaletta ponderata, cosa che si distacca molto dai numerosi dischi monotraccia di cui il mercato è purtroppo saturo… 

Per prima cosa devo dirti, per essere del tutto corretto, che nei Temperance scriviamo 50% e 50% io e Giulio. Anche lì comunque abbiamo un modo di lavorare consolidato, una sincronia incredibile… mi piacerebbe un giorno filmare mentre scriviamo i brani perché sembriamo due pazzi…

Vi scornate anche?

Nono, ormai sappiamo dove arriva uno e dove arriva l’altro. Magari uno arriva con un brano e sa dove ha bisogno dell’altro, quindi lì è proprio un mix vincente secondo me. Con Light & Shade invece a parte un pezzo scritto con Luca i brani sono tutti miei, sia musiche che linee vocali. Comunque in generale sì, ascoltando veramente tanta musica è una cosa alla quale faccio molta attenzione. Quando arrivo ad avere quelle dieci, undici canzoni, mi faccio il viaggio dell’ascoltatore, e dico: “questa dev’essere la seconda, questa sarà un singolo quindi la metto più avanti, quella più difficile tra le ultime…”. Ad esempio parlando di Temperance, io con questa band vorrei prendere una piega meno alla Amaranthe, sembrerà che c’entri poco ma più alla Leprous… quindi un po’ più difficile di ascolto. Infatti avevo proposto di mettere “A Thousand Places” come primo brano, un pezzo molto difficile con tante cose strane, molto progressive e così è stato. Se uno ascolta un album come Limitless che è molto più diretto e poi ascolta l’inizio di questo esclama: “ma è un’altra band!”. Mi piaceva dare un tocco più personale e maturo, cercando davvero di tirare fuori un progetto che vada oltre il radiofonico, ed abbia un qualcosa di più “culturale”, di più impegnativo.

Insomma, restando sull’ultimo The Earth Embrces Us All, uno si ascolta “Revolution” su youtube e magari si avvicina alla band, poi ascolta il disco e parte da “A Thousand Places” e magari scopre e apprezza qualcosa di nuovo…

Sisi, assolutamente!

Sempre sul tema “varietà della proposta”, nei tuoi ultimi lavori sento anche un po’ l’ispirazione di quel “Jorn Lande & Trond Holter Presents Dracula – Swing of Death” del 2015, del quale ho visto che hai fatto pure una cover acustica su Facebook…

Guarda io l’ho comprato al Frontiers Festival la settimana scorsa perché non avevo ancora l’originale. Un disco davvero devastante! Veramente molto bello. Spero che prima o poi riesca a portarlo in giro, ha fatto solo qualche data in Norvegia… se la gente solo lo ascoltasse, è davvero uno dei due/tre dischi più belli dell’ultimo anno. 

Torniamo ai Light & Shade, come mai hai scelto “Drown into Absurdity” come pezzo di lancio? Qui siamo davvero lontani da quel commerciale/radiofonico di cui parlavamo poco fa… è rappresentativa e-anche-no, del disco.

Devo dirti che dalle prime recensioni degli addetti ai lavori e dei distributori questo disco è visto come un album molto commerciale, ha tanti brani molto diretti come il singolo “You Are”, per quanto riguarda invece “Drown into Absurdity” è stata un’idea di Adrienne. Ha detto “proviamo di far vedere tante sfaccettature diverse della nostra band”. Lei ha questa voce veramente cattiva sul growl e sullo scream che a me ricorda un po’ Alissa White-Gluz degli Arch Enemy, però ha queste parti altissime alla Eric Adams, diciamo alla Battle Beast, ed era bello questo mix proprio nel primo singolo per far vedere chi ci si trova davanti… infatti un sacco di gente ci ha scritto dicendoci proprio: “ma dove l’avete pescata una voce così!?”. Una roba incredibile. Ed ha solo 21 anni. Io davvero credo di aver imparato di più in dieci giorni in studio con lei che in due anni a studiare. Gli americani hanno un concetto di arte sicuramente diverso da noi europei, ma lei davvero è molto preparata, è diplomata alla Berklee in composizione, arrangiamento… più di così non potevo chiedere. La prima cosa che ci siamo detti io e Luca sentendo la sua performance sul mio pezzo è che tra cinque anni con quelle doti potrebbe cantare con qualsiasi band sul pianeta!
 

Vista la distanza state pensando ad un tour?

Vorremmo prima cercare di andare in America, ma ammetto che tra gli impegni di tutti non è facile. Adesso usciranno un po’ di news ma coi Temperance il 2017 è l’anno in cui suoneremo di più. Abbiamo una valanga di date confermate e dopo tre album in tre anni ci siam detti che questo è il momento di impegnarsi sul palco, non so se arriveremo a cento date ma cinquanta, sessanta date in tutta Europa sono necessarie per raccogliere i frutti di tre anni di lavoro pesante. Registrare e scrivere tre dischi in tre anni è una cosa bellissima ma molto dispendiosa a livello di energie. Io in più ho scritto anche questo, quindi… (ride)

Molto particolare nel disco il dittico “Brokenhearted”/ “Lionhearted”, due brani agli antipodi. L’idea è venuta ad Adrienne?

Si, sinceramente io le avevo messe in trackilst di fila senza sapere il titolo finale che avrebbe scelto Adrienne, quindi alla fine è venuta un po’ per caso devo dire! 

Volevo chiederti una cosa che mi incuriosisce molto sia per quanto riguarda i Temperance che i Light & Shade. In questi dischi non avete avuto ospiti al microfono di nessun genere. Non avete chiamato Fabio Lione, non è venuto Michael Kiske… come ben sappiamo queste soluzioni promozionali servono sicuramente per aumentare l’attenzione del pubblico verso una band. Ci avete mai riflettuto?

Naturalmente si. Si è pensato e ripensato a questa cosa. Coi Temperance siamo tutti fan di un certo tipo di metal, quello melodico, o magari con Luca anche quello progressivo. Quindi chiamare qualcuno dei nostri eroi sarebbe stato bello. Però abbiamo fatto una scelta abbastanza radicata in questo senso, abbiamo deciso di fare album solo con le nostre forze. Magari poteva anche essere più facile uscire col primo anno e dire “ospite Michael Kiske”, sempre che avesse accettato… Alla fine adesso queste comparsate sono talmente frequenti che sono diventate un po’ prassi. È utile quanto butti fuori le news in cui puoi scrivere “featuring” questo o l’altro, o quando l’album viene promosso nei negozi che ci sono ancora, però io credo che se fai un percorso giusto o buono ci puoi arrivare con le tue forze. Certo che mi piacerebbe collaborare con un sacco di gente, quindi… chi lo sa?

È una cosa che personalmente ho apprezzato molto. Ci sono parecchi dischi in cui le comparsate sono un po’ buttate lì, giusto per far timbrare il cartellino. Certo, se sei Tobias Sammet e scrivi un album che si basa su quello è un altro discorso, se invece devi mettere una strofa di quindici secondi per applicare una pecetta su un disco esposto in vetrina o su una news, la cosa perde completamente di senso. Spesso anche band navigate come l’ultimo Angra o nuovi progetti come gli UMP, proprio con Alex Landenburg, peccano mescolando troppo voci, ospiti, amici e parenti e purtroppo il risultato non raggiunge il risultato. Una cosa è variare il songwriting, altra cosa è cambiare voce al microfono nello stesso disco: è una cosa difficile e va fatta con criterio.

Sono d’accordo. In alcuni brani del disco, ma in particolare nell’ultima traccia, la titletrack di “The Essence of Everything”, ci sono dei passaggi che riascoltandoli ho pensato che sarebbe stato fighissimo avere il cantante dei Leprous, perché ci sono tante cose cantate in quello stile. Però è una cosa detta di conseguenza, io sono molto contento di come è venuto il disco… come già detto, chi lo sa?

Quali sono i progetti per i Light & Shade? Come va la promozione?

Siamo in pieno periodo di promozione, il video di “You Are” esce in contemporanea con il disco in America. Ora ho un po’ di interviste e nel 2017 come dicevamo cercheremo di portarla dal vivo. Naturalmente bisogna vedere anche il feedback. Se la cosa funziona  e c’è tanta richiesta lo faremo sicuramente. Se invece c’è meno richiesta potremmo anche buttarci su un nuovo disco subito. Vedremo.

Passiamo ai Secret Sphere. Ti ricordi che hai creato tu il topic sul forum di Truemetal.it, ancora in uso? Ti immaginavi all’epoca che saresti diventato un membro della band di lì a pochi anni?

No assolutamente. Io quando l’ho creato… avrò avuto sedici, diciassette anni. Loro all’epoca mi piacevano veramente tanto. Io abito molto vicino ai ragazzi, quarantacinque minuti… quindi son diventato loro amico, è stato molto naturale, mi ricordo benissimo quando Aldo [Lonobile] mi ha chiamato dicendomi: “stiamo cercando un chitarrista, ti interessa?” Figurati! (ride)

Com’è fare da backing vocals a Michele Luppi?

Quella è una delle cose che mi piacciono di più… io ho una fissa per i cori, per le armonie vocali… e devo dire che anche in questo caso è una cosa che mi è cresciuta negli anni. Ricordo quando ho comprato “Stream of Consciousness” [Vision Divine n.d.M.], avevo sedici/diciassette anni… davvero fantastico.  Ho tanti amici cantanti, sono cantante anch’io ma Michele è il cantante più impressionante che io abbia mai visto. Non c’è nessuno come lui, secondo me. Non lo dico solo perché suona con me perché lo dicevo anche prima! (ride) Fa delle cose che per tanti sono impossibili e le fa col minimo sforzo, questo ti fa capire che talento incredibile abbia.
 

14633489 827393600735316 905847892209802191 o

 

Restando sul tema Marco Pastorino: quando hai iniziato a suonare e quando hai capito che questo era il tuo mondo?

Ho iniziato a suonare che avevo undici anni, con chitarra classica. Qualche anno dopo sono passato all’elettrica e suonavo con qualche band hard rock ed heavy metal. Sono partito in realtà ascoltando le radici: Led Zeppelin e Black Sabbath sono le band che mi hanno sconvolto. Sono partito con questo filone anni ’70, mi piace l’aspetto più romanzato di quegli anni, leggo tante biografie dei Led Zeppelin, Glen Hughes, di tutte queste band… poi ho iniziato ad ascoltare i chitarristi da Malmsteen a Steve Vai… e da lì sono passato a Stratovarius, Helloween e così via. Quando ho sentito per la prima volta la voce di Michael Kiske, e lui è uno dei miei preferiti, ho detto: “cazzo, che figata!” (ride) Da lì ho raffinato i miei gusti musicali, ho cambiato band, intorno ai diciassette, diciotto anni ho fatto tante date in giro, mi sono fatto un’esperienza importante che continuo tuttora ma tutto è partito da lì, poi è stato un fare sempre più cose e impararne sempre di nuove. 

Visto che sei sempre ‘on the road’, cosa ne pensi della scena musicale italiana? Lavorando anche con Truck Me Hard sei indubbiamente un addetto ai lavori ed avrai una visione molto chiara.

Secondo me, oggi come oggi a livello di band ce ne sono di davvero notevoli. Te ne cito qualcuna non solo di Truck Me Hard perché altrimenti sembra che mi faccia pubblicità, io parlo sempre degli Overtures come di una band che, piaccia o non piaccia, sono davvero l’esempio di quello che una band dovrebbe fare oggi. Molto spirito, molta voglia di fare tutto quello che si può fare, a testa bassa, sacrificando tempo libero e vita privata. Anche Scarlet ha molte band giovani di rock moderno come Anewrage, Be the Wolf, che obiettivamente uno ascolta il disco e capisce subito di trovarsi davanti ad una super-band. Forse il problema è che manca un supporto davvero pesante da parte degli addetti ai lavori. Che sia un sito o un promoter veramente grosso, negli ultimi anni sono uscite un sacco di agenzie più o meno piccole che stanno davvero cercando di spingere le band italiane. Naturalmente noi di Truck Me Hard ma anche Bagana, Rockshots…

Giusto citare i competitor, insomma!

No ma siamo tutti amici, ci conosciamo tutti e siamo delle entità che cercano assolutamente di promuovere le band italiane.

Non pensi che forse siamo un paese poco ricettivo nei confronti di certe proposte musicali?

Secondo me no, anche perché ci sono delle eccezioni. Penso ai Destrage, io li ho visti veramente tante volte dal vivo, è sempre uno spettacolo vederli e c’è sempre tanta gente che li segue. Magari tante band che hanno anche degli album molto validi non hanno trovato il giusto progetto da seguire e non ha ancora catalizzato l’attenzione della gente. Anche per quanto riguarda i locali anche in Piemonte non va benissimo, quest’anno abbiamo perso la Rock’n’Roll Arena e così in Lombardia che è comunque la regione con più locali, ti assicuro che anche lì tanti locali non ci sono più, quelli che ci sono magari faticano… è così per tutti. Per fortuna ci sono tanti promoter che cercano di risollevare la situazione. Uno dovrebbe vedere i concerti non solo come “io no non vado a vedere quelli lì”, ma come un discorso anche di esperienza. Io quando vado a vedere una band, grossa o piccola che sia, torno a casa con un’esperienza in più che posso portarmi dietro per un po’ di tempo. Non è una cosa da sottovalutare.

Non pensi anche che in questo periodo storico molto ‘soggettivista’, ‘egoico’ direbbe Luca Turilli, in cui ognuno pensa molto al sé e mai agli altri, ci sono tantissime band che suonano ed ognuna è interessata al proprio orticello, tanto che quando poi va a suonare il vicino di casa nel locale a cinquanta metri non lo va a vedere?

Non so, io tendo a vedere gli aspetti negativi in tutte le cose, ma bisogna vedere anche quelli positivi: ci sono tante persone che davvero suonano, musicisti che fanno chilometri e chilometri per vedere certe band. Non so nemmeno io dove stia la soluzione di questo! (ride) Penso comunque che se una band ha un progetto valido e a lungo termine, alla fine tutto paga. Ho avuto vari progetti in questi anni, che poi non è che siano tantissimi, non è che suono da cento anni [Marco è classe 1988 n.d.M.], però ho visto la differenza tra una band che ci credeva meno ed una che ci credeva al 100%, a alla fine l’impegno paga. Magari non subito, ci possono volere due anni di più, però paga. Cosa dire… credeteci!!

Domandone di attualità: siete una band in parte americana, quindi… cosa ne pensi delle elezioni presidenziali americane e del nuovo presidente Donald Trump?

Domandone (ride) Per quanto possiamo sapere noi, non essendo in America non possiamo davvero capire a fondo quello che c’è.  Io ci sono stato, è un paese che per tutte le cose belle che ci possano essere ha un malcontento generale importante. È davvero la terra dei sogni ma ha anche un sacco di problemi, magari diversi dai nostri, ma ripeto non essendo lì non è facile per noi capire. Non mi piace di solito parlare di politica, viviamo in mondi diversi e mi occupo di altro, però io sicuramente da quello che mi sono informato, anche se fossi stato americano avrei fatto molta fatica a scegliere tra i due. Sicuramente l’immagine di Donald Trump vista dall’estero non è bellissima, ma non so nemmeno se avrei scelto Hilary Clinton. Potrei dirti che è stata la scelta peggiore, ma anche boh… di certo ero più contento con Obama!

Direi che abbiamo parlato tanto, quindi ti lascio libero.

Innanzi tutto ringrazio te e Truemetal per l’intervista, come dicevi tu è un periodo storico in cui siamo tutti pieni di cose da fare, e potremmo tutti pensare ai cazzi nostri. Ma penso che se uno ha un progetto, che sia esso musicale o artistico, ci sono tante persone come te che si prendono la briga di mettere la faccia, e perdere del tempo anche per un’intervista o per scrivere una recensione. Che dire… ascoltate il nuovo “The Essence of Everything” dei Light & Shade e se vi piace… compratelo! (ride) Ci vediamo on the road!

Intervista a cura di Luca “Montsteen” Montini