Black

Intervista Stormlord (Francesco Bucci)

Di Marco Donè - 15 Giugno 2019 - 10:00
Intervista Stormlord (Francesco Bucci)

A pochi giorni dall’uscita di “Far”, attesissimo nuovo album degli epic black metaller romani Stormlord, abbiamo incontrato per voi il bassista Francesco Bucci, un occasione per approfondire l’argomento e scoprire i progetti futuri di una delle band più amate del territorio italiano.
Eccovi il resoconto di quella che si è rivelata una piacevolissima chiacchierata, in cui abbiamo parlato di presente, passato e futuro della band.

Non rimane che augurarvi buona lettura!

 

Intervista a cura di Marco Donè
 

 

Ciao Francesco, sono Marco, benvenuto su Truemetal.it. Come stai?
Molto bene grazie, dopo tanti anni passati a lavorare su questo nuovo disco, è meraviglioso poterlo presentare al pubblico ed ascoltare, finalmente, dei feedback in merito.
Soprattutto, è bello tornare sul palco per suonare un po’ di musica assordante!

 

A sei anni di distanza da “Hesperia”, lo scorso 24 maggio è uscito “Far”, il vostro sesto full length. Cos’è successo in casa Stormlord in questi sei anni di “silenzio”?
L’interminabile attesa fra un disco e l’altro è una ben nota consuetudine per chi segue gli Stormlord, nonché una brutta abitudine di cui non cessiamo mai di scusarci ogni volta che giunge il fatidico appuntamento con la release del nuovo album. D’altro canto, questi intervalli fuori da ogni logica di mercato testimoniano, più di ogni altro proclama, come gli interessi degli Stormlord siano diretti esclusivamente alla massima resa qualitativa della musica che proponiamo, a discapito di ogni aspetto pragmatico e commerciale.
All’indomani di “Hesperia” ci siamo dedicati alla promozione live, poiché il palco rimane la dimensione ideale per la band, girando in lungo e in largo l’Italia, visitando paesi dove ancora non avevamo suonato come la Spagna e prendendo parte a qualche festival internazionale come il “Ragnarok”, il “Darktroll” ed il “Boarstream”, in particolare in terra tedesca.
Trascorso qualche anno dalla pubblicazione, ci siamo resi conto di avere da parte molte idee sparse ma pochissime canzoni complete, e questo ci ha portato alla decisione di diradare la nostra attività da vivo, in modo da concentrarci principalmente sulla composizione del nuovo disco. Nel frattempo la nostra vita personale, non essendo più dei ragazzini, ha visto avvicendarsi diversi cambiamenti causati da matrimoni, figli, nuovi lavori, traslochi e chi più ne ha, più ne metta. Quando si suona unicamente per passione, è normale che la vita reale bussi alla porta pretendendo la priorità su ogni cosa. Ma va bene così.
È bello rimanere sorpresi, ogni volta che ci riaffacciamo sulla scena, del caldo benvenuto che ci viene riservato da persone che non hanno mai smesso di attendere la nostra musica, persino quelle che ci hanno scoperto da pochissimo tempo. E’ qualcosa che non diamo mai per scontato e di cui siamo immensamente grati.

 

Quando avete sentito l’esigenza di pubblicare un nuovo capitolo discografico, e quando avete compreso che il momento era quello giusto?
Noi non siamo avvezzi a comporre un disco solo per avere qualcosa da buttare fuori, al fine di tenere desta l’attenzione sulla band, anche se i velocissimi tempi di consumo della musica che caratterizzano i tempi odierni non premiano una simile attitudine; piuttosto cerchiamo di rendere disponibile del nuovo materiale nel momento in cui riteniamo che questo possa aggiungere qualcosa al nostro sound. Questo, almeno, nelle nostre intenzioni. Poi il giudizio finale rimane sempre quello dell’ascoltatore.
Non vivendo di musica, dobbiamo rispondere solo a noi stessi, quindi il momento giusto per pubblicare un disco è, sostanzialmente, quando siamo completamente soddisfatti del materiale che abbiamo prodotto, a prescindere da quanto ci voglia. Dopo quasi sei anni, eravamo e siamo convinti di avere fra le mani un disco con queste caratteristiche.

 


La line-up degli Stormlord

 

Analizzando la quasi trentennale carriera degli Stormlord, vedo in “Mare Nostrum” un capitolo fondamentale per la vostra proposta, di svolta direi. Da lì avete inserito quella componente “mediterranea” nelle composizioni, con l’uso anche di strumenti tipici dell’area mediterranea, che ha donato epicità e maestosità alle vostre composizioni, divenendo il tratto caratteristico degli Stormlord. Come ha preso vita questa svolta stilistica?
In effetti “Mare Nostrum” è un po’ la pietra angolare della nostra discografia, sia secondo noi che secondo il parere dei nostri ascoltatori. Il processo che ha portato alla creazione di quel disco è stato, come sempre nella nostra carriera, molto naturale.
Noi non decidiamo mai a tavolino come suonerà un album dall’inizio, piuttosto partiamo dagli aspetti dei dischi precedenti che ci sono piaciuti di più e cerchiamo di svilupparli, unendoli con nuove sfaccettature ed elementi che acquisiamo con il passare del tempo, lasciandoci influenzare dall’incremento dell’esperienza, sia personale che musicale. Abbiamo ben chiaro quale sia il cuore del sound degli Stormlord e cerchiamo di non tradirlo; d’altro canto, essendo così sicuri di quale sia l’essenza della band, non ci facciamo nessun problema ad integrare nuovi stili, influenze lontane dal nostro sound o esperimenti particolari.
Quasi ogni disco contiene degli episodi che definirei “particolari”: sto pensando alle strumentali dei primi tre dischi, a ‘The Castaway’ da “Mare Nostrum”, un pezzo black metal suonato senza chitarre elettriche ma carico di impatto, o della title track del precedente disco “Hesperia”, dove le liriche in italiano venivano declamate in growl su una base caratterizzata da forti arrangiamenti elettronici.
Se con i nostri primi tre dischi abbiamo costruito le fondamenta del nostro stile, andando anche un po’ a tentoni, complice l’incoscienza della giovinezza, con “Mare Nostrum” siamo riusciti, per la prima volta, a dare una forma completa a quel mix di metal estremo, epica e sonorità mediterranee che avevamo in testa. “Hesperia” è un po’ un caso a parte, trattandosi di un concept che, anche dal punto di vista musicale e degli arrangiamenti, potrebbe risultare più intricato e meno immediato rispetto al passato, ma che comunque ha portato a un gradino superiore la nostra concezione di Extreme Epic Metal.
“Far” è la summa di tutto ciò che Stormlord rappresenta nel 2019 e, ovviamente, beneficia dell’esperienza maturata durante il corso della nostra, non brevissima, carriera.

 

Un aspetto che da sempre risulta importante nella storia della band sono i testi che, almeno per il sottoscritto, hanno assunto ulteriore fascino da “Mare Nostrum” in poi. In “Hesperia” avete affrontato un concept incentrato sull’“Eneide” di Virgilio, rimanendo fedeli alla “mediterraneità” della vostra proposta. Quali i temi trattati in “Far”? Ci troviamo al cospetto di un altro concept?
Ti ringrazio per l’apprezzamento di un aspetto a cui tengo moltissimo, occupandomene in prima persona, e che troppo spesso, almeno per quanto riguarda il metal, passa in secondo piano.
Dal canto mio credo che un buon testo sia importantissimo a fini della definizione di un brano, perché fornisce una sorta di linea guida per l’ascoltatore, che tramite i concetti espressi può liberare la propria fantasia ed immergersi nelle tematiche che il gruppo vorrebbe comunicare con quella particolare canzone.
Sin dal nostro disco di esordio, “Supreme Art of War”, i miei testi tendono ad essere incentrati sulla cultura mediterranea; ciò perché, come non mi stancherò mai di ripetere, la Storia, le leggende e le tradizioni tratte dal patrimonio delle terre bagnate dal Mediterraneo – quindi non solo Roma o la Grecia, ma tutta quella sfera culturale in cui non possiamo fare a meno di riconoscere le nostre radici – rappresentano un patrimonio prezioso e inesauribile, che troppo spesso diamo per scontato e che meriterebbe una maggiore esposizione in un ambiente, come quello del metal, dove si tende a rivolgere lo sguardo unicamente a Nord.
Rispetto a “Hesperia”, però, ho deciso di non reiterare la scelta del concept poiché desideravo sentirmi libero di trattare tematiche eterogenee, senza dovermi forzatamente limitare a un preciso soggetto.
Volendo compiere una disamina degli argomenti trattati, non potrei che cominciare con le tracce più vicine ai nostri consueti argomenti:

‘Leviathan’ ruba il titolo ad un imponente mostro biblico (oltre a rappresentare un concetto indissolubilmente legato al filosofo Thomas Hobbes), nato dalle profondità dell’oceano, per parlare del vulcano Etna come uno dei principali simboli del nostro Paese e del Mediterraneo. Questo monte è sempre stato presente nella nostra cultura e, in antichità, è stato indicato ora come la porta di accesso al Tartaro, gli inferi della mitologia Greca e Romana, ora come la fucina di Efesto, il fabbro degli Dei, ora come il luogo dove Eolo imprigionò i venti, e mille e mille altre storie.
Essendo presente anche una parte in dialetto che riprende uno stralcio di un poema Catanese, non avremmo potuto trovare miglior interprete del nostro storico fonico Giuseppe Orlando (The Foreshadowing, Airlines of Terror), Catanese di nascita ed in possesso di uno dei growl più terremotanti della scena, anche se la sua abilità dietro il drumkit è decisamente più nota.
Dando poi un’interpretazione simbolica del brano, il monte Etna, che da millenni osserva impassibile i cambiamenti che avvengono alle sue pendici, fra imperi che sorgono e si disfano senza lasciare traccia, funge anche da memento della caducità della nostra esistenza, a cui troppo spesso attribuiamo una centralità esasperata che viene annichilita dall’incessante scorrere del tempo.

‘Mediterranea’ è un elegia dedicata al privilegio di vivere in una terra dove basta chiudere gli occhi per sentire i sospiri e le voci del passato, che riportano alla mente infiniti racconti di gloria e rovina.

‘Sherden’ tratta di una popolazione di mercenari e marinai risalente al secondo millennio avanti Cristo, parte della lega dei popoli del mare, che spesso è stata identificata con gli antichi abitanti della Sardegna. È l’ennesimo tributo che ho il piacere di porgere a questa meravigliosa isola, mai troppo celebrata.

‘Vacuna’ è un testo nato quasi di getto dopo la mia visita presso il meraviglioso anfiteatro di Pietrabbondante in Molise, regione in cui risiedono le mie origini, e parla dell’omonima dea, adorata dai Sabini e dai Sanniti a cui era dedicata, appunto, l’arena.
Colgo l’occasione per consigliare, a tutti i lettori, di prendersi del tempo per scoprire le meraviglie di questa terra così trascurata, partendo proprio da Pietrabbondante e da Sepino. Vi assicuro che il Molise esiste ed è splendido, dite che vi mando io.

Le tematiche di ‘Romulus’ penso siano abbastanza intuibili. Strano ma vero, non mi ero mai occupato del mito alla base della nascita di Roma, ma ora posso dire di aver rimediato in maniera soddisfacente.
Pur avendo elaborato il testo molto prima dell’uscita del film, peraltro, sono rimasto molto appagato dalla contemporaneità con cui è stato pubblicato lo straordinario “Il Primo Re” di Matteo Rovere, ottimamente interpretato da Alessandro Borghi.

‘Far’, che dà il titolo al disco, è un inno al viaggio ed alla scoperta. Per quanto mi riguarda, il concetto di “lontano” racchiude l’essenza stessa della vita: il desiderio di affrontare l’ignoto sfidando ogni pregiudizio ed ogni ristrettezza mentale, senza aver timore di mettere in gioco le proprie conoscenze di fronte alle nuove scoperte, da intendersi queste come arricchimento del proprio bagaglio, piuttosto che come tabù da avversare.
Mi piacerebbe che il nostro stile venisse descritto come “musica per volgere lo sguardo all’orizzonte”, poiché l’avventura, la sfida, il desiderio di conoscenza, LA TOLLERANZA, che non cessiamo mai di celebrare, sono le cose che rendono la vita degna di essere vissuta ed elevano l’Uomo a un rango superiore.

“Invictus” e “Crimson” sono incentrate su tematiche meno specifiche e hanno lo scopo di descrivere due sentimenti che fanno parte della natura umana: la prima, infatti, tratta dell’eterna e circolare lotta del nuovo contro il vecchio, della volontà di spodestare colui che detiene il potere per prendere il suo posto e, un domani, soccombere a propria volta. Ancora una volta ricorre l’ambizione, propria e per la propria stirpe, come scintilla dell’evoluzione umana.
Il secondo brano citato, invece, prova a immedesimarsi in un guerriero che, nel cuore della battaglia, vive quella sorta di trance combattiva anche nota come berserksgangr: è un momento di furia in cui l’Uomo si riconnette alla sua parte primordiale, spazzando via la superficie di civiltà e facendo emergere sia la preda che il predatore.

Accanto ai testi che trattano argomenti di carattere classico, inoltre, ho avuto anche modo di spaziare, adattando, ad esempio, il lavoro di R.E. Howard, autore, fra l’altro, de “Il Ciclo di Conan”, al brano ‘Cimmeria’, oppure prendendo spunto, pur partendo da una concezione antitetica, dalla poesia di Walt Whitmann “Prayer Of Columbus”, per dare voce, in ‘Levante’, ad alcune mie riflessioni sulla figura di Cristoforo Colombo e, più in generale, sulla natura umana.

 


Il lyric video di ‘Leviathan’

 

Durante le fasi di registrazione di “Far”, grazie a un annuncio su facebook, vi siete avvalsi della collaborazione di molti amici e fan che, durante le registrazioni, hanno contribuito ai cori o con parti vocali soliste, come nel caso della title track. Come è nata quest’idea?
La nostra necessità era quella di ottenere dei cori molto grossi e rumorosi, da qui l’idea, che è venuta a Riccardo (Studer n.d.r.), il quale, da bravo fonico, è abituato a situazioni di questo genere.
Fortunatamente conosciamo molti musicisti eccellenti e, sui nostri social, abbiamo i contatti di parecchi loschi figuri che non chiedono altro che strillare forte in cambio di qualche birra. Mi ha fatto piacere ricevere un feedback ben più ampio di quanto mi sarei aspettato, con musicisti, anche di band molto quotate, che si sono presentati in studio per darci una mano, farsi quattro risate e ascoltare qualche pezzo in anteprima in massimo relax. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare gli amici che ci hanno dato una mano in quell’occasione e per citare i componenti del “The Lords of the Storm Choir Ensemble”, con relative band di appartenenza:

– Marco Palazzi (Sailing To Nowhere), al quale appartiene anche la voce pulita che potete ascoltare nella title track

– Sa Mi (Adimiron/Invernoir)

– Silvio Giarratana (Beyond The Fallen), autore di gran parte delle voci del coro presente su ‘Sherden’

– Andrea “Ryan” Carnevali (Beyond The Fallen)

– Flavio Gianello (Lahmia/Theatres Des Vampires)

– Michel Cacciari (Ulfhednar)

– Micheal Massimiliani (Sangue Infetto)

– Giacomo del Colle (Spettro Sonoro)

– Eleonora Casto

…e poi ci siamo noi: Cristiano, Francesco & Riccardo.

 

Un altro aspetto che mi ha colpito durante l’ascolto di “Far” è il perfetto amalgama tra partiture metal e orchestrazioni, frutto sicuramente di un lavoro maniacale in fase di songwriting ma anche dell’ottimo lavoro svolto in fase di registrazione e produzione da nomi di primo piano come Giuseppe Orlando, con cui collaborate da tempo, e Simone Mularoni. Lascio completare a te il discorso.
Ti ringrazio per i complimenti, in effetti abbiamo sputato sangue per raggiungere il risultato che ora puoi ascoltare.
Il nostro sound è molto stratificato, con interventi importanti dell’orchestra che rischiano sempre di prevaricare sugli altri strumenti, mentre per noi è fondamentale che, oltre alla parte epica ed orchestrale, esca fuori anche il lato puramente metal perché… beh… noi tutti amiamo le chitarre distorte.
Le registrazioni si sono svolte principalmente ai Time Collapse Recording Studios di Riccardo Studer, il nostro tastierista, mentre per la voce ed il missaggio finale ci siamo spostati agli Outer Sound studio di Giuseppe Orlando, il nostro storico fonico, con cui siamo in procinto di festeggiare venti anni di collaborazione, dove ha concluso il disco con la collaborazione di Riccardo.
Per celebrare ulteriormente il “made in Italy”, questa volta abbiamo deciso di masterizzare il disco non ai finlandesi Finnvox, come era avvenuto per i due album precedenti, ma ai “Domination Studios” di Simone Mularoni, che sono ubicati a San Marino ma… beh… il concetto è quello.
Gli interventi maniacali a cui accennavi si sono svolti sia in fase di pre-produzione, che si è trascinata per anni, determinando anche il nostro allontanamento dalle scene per un lungo periodo, che in fase di missaggio, dove Riccardo e Giuseppe si sono impegnati in maniera che non esito a definire “ossessiva”, per dare vita alla migliore produzione della nostra carriera. In generale, in questo disco Andrea Angelini e Riccardo Studer hanno fornito un contributo più incisivo, sia dal punto di vista del songwriting che degli arrangiamenti, rispetto al precedente capitolo, prendendo definitivamente possesso del sound Stormlord e donando nuove sfaccettature al nostro sound.
La principale novità nel processo creativo che sta alla base del nuovo disco risiede sicuramente nel metodo di lavorazione utilizzato: se in passato avevamo quasi sempre composto i brani in sala prove, arricchendoli poi in sede di pre-produzione, questa volta il grosso del processo si è svolto di fronte al computer, su materiale composto singolarmente a casa ed elaborato in seguito dal gruppo nella sua interezza, riunito nello studio di Riccardo.
Questa scelta potrà suonare piuttosto “fredda”, eppure seguendo tale metodologia siamo riusciti a sperimentare di più, lanciandoci senza riserva in tentativi e soluzioni che difficilmente avremmo potuto mettere in pratica in sala prove, risparmiando al contempo un mucchio di tempo.

 

E dell’artwork che mi dici? Sbaglio o c’è un tema ricorrente nelle copertine di “Mare Nostrum”, “Hesperia” e “Far”? Ti andrebbe di approfondire?
Da “Mare Nostrum” in poi, quando i nostri amici Elvenking ce lo hanno fatto conoscere grazie alla stupenda cover di un loro disco dei tempi, abbiamo continuato ad affidarci a Gyula Havancsak e alla sua arte, perché, so di parlare a nome di tutti, lo riteniamo uno degli illustratori più dotati della scena e, soprattutto, è completamente in sintonia con i nostri gusti. Questo gli ha permesso di tradurre in immagine la musica di Stormlord come nessun altro prima.
Sul significato della copertina, che come hai intuito comprende parecchi elementi della nostra iconografia, preferisco che gli ascoltatori trovino la propria interpretazione in autonomia; non vorrei che, fornendo una mia spiegazione didascalica, rischiassi di tarpare le ali a letture diverse, magari più creative e fantasiose dell’intento originale, nate nella mente degli osservatori.
Amo considerare l’opera d’arte come una macchina pigra la quale si rinnova continuamente tramite l’intervento interpretativo degli utenti, i quali attraverso il loro sforzo danno nuova linfa vitale alla stessa.
Mi limiterò quindi da avallare la tua tesi secondo la quale, osservate in ordine cronologico, le copertine di “Mare Nostrum”, “Hesperia” e “Far” potrebbero essere unite dal medesimo filo conduttore.

 


La copertina di “Far”

 

A tutti gli effetti fate parte di quello che io definisco “black mediterraneo”, che nel suo bacino può vantare nomi di band differenti, come Varathron, Rotting Christ, Necromantia, Moonspell, Inchiuvatu, nomi di primissimo livello ma che, inspiegabilmente, nella stessa area mediterranea, non riescono a ottenere l’attenzione che hanno invece formazioni di black nordico, scandinavo. Come spieghi questo fenomeno?
Le strutture, la cultura e le tradizioni musicali (per quanto riguarda il rock, ovviamente) del meridione d’Europa sono sempre state arretrate rispetto all’area nordica. Così, mentre negli anni Settanta e Ottanta si sviluppava una scena musicale notevole nel centro Europa e in Scandinavia, anche grazie ad una ritrovata floridità economica, in Grecia e in Italia era difficile anche solo reperire quei dischi che nel frattempo stavano dettando i parametri della futura scena metal.
Questo per non parlare della difficoltà nel rinvenire una chitarra elettrica come quella di “James Hetfield”, un’amplificazione degna di questo nome, uno studio di registrazione in grado di produrre un demo metal o, il vero miraggio, un locale decente in cui organizzare un concerto. Se dobbiamo dirla tutta, all’inizio degli anni Novanta, quando ho iniziato a suonare, anche la scelta dei bassi disponibili a Roma a un prezzo accessibile era tutt’altro che ampia.
I nostri paesi, inevitabilmente, scontano ancora questo ritardo, anche se la situazione attuale è lontana anni luce da quei tempi. Basti pensare che, al giorno d’oggi, se sono curioso di ascoltare un gruppo di cui ho sentito parlare – magari sui social e non tramite il vecchio passaparola – mi basta aprire youtube, spotify o un’altra piattaforma per farmi un idea; ai tempi si era fortunati se si riusciva a mettere le mani su una cassetta di “Master of Puppets” o “Powerslave”, mentre per i dischi più di nicchia dipendeva molto dalla compagnia che si frequentava e dai pochi, ma coraggiosi, negozi specializzati delle grandi città (gran parte della mia cultura musicale si è formata nel leggendario Disfunzioni Musicali di Roma, che purtroppo non esiste più).
Proprio tenendo a mente la situazione appena descritta, non posso che provare un’enorme ammirazione per band come Rotting Christ, Elysian Fields, Moonspell, i nostri grandi Death SS, Bulldozer e tutte le altre realtà che sono riuscite a creare dei capolavori, ancora giustamente incensati, solo con le loro forze, barcamenandosi con mezzi di fortuna e affidandosi unicamente alla propria fantasia ed inventiva.
Noi c’eravamo, eravamo già parte attiva della scena e ricordiamo tutto, anche ora che per registrare un disco e farsi conoscere dall’altro capo del mondo basta spedire dei file via internet seduti sul proprio divano.

 

Ripercorrendo la storia degli Stormlord, se avessi la possibilità di tornare indietro nel tempo, ripeteresti tutto quello che hai fatto o c’è qualcosa che cambieresti?
Probabilmente avrei cercato di godermi di più la fine dell’età d’oro del music business, quando le etichette ti fornivano budget sostanziosi sull’unghia per registrare dischi e andare in tour, tanto guadagnavano moltissimo dalla vendita dei CD, di cui alla band arrivava poco e niente.
Noi abbiamo vissuto gli ultimi scampoli di quell’epoca, assistendo in diretta alla crisi dell’industria discografica e vedendo cambiare radicalmente il concetto di gruppo musicale, che da “cocco di mamma” dell’etichetta è dovuto scendere in prima linea anche in campo promozionale, divenendo a tutti gli effetti manager e promoter di sé stesso. Un ruolo molto stimolante da un punto di vista creativo, ma anche un grandissimo impegno, che spesso distrae dall’esigenza di occuparsi solo della propria musica, che dovrebbe essere la cosa più importante.

 

Qual è il ricordo più bello che gli Stormlord ti hanno regalato?
Sono in questa band da metà della mia vita, quindi ho migliaia di ricordi belli e brutti legati inscindibilmente agli Stormlord.
Difficile dimenticare il primo tour europeo, in particolare la data di Berlino e il relativo after party, oppure la nostra esperienza in Canada, culminata con un infuocato concerto in un minuscolo locale di Toronto dall’arredamento country, o ancora l’emozione di calcare palchi prestigiosi come quelli del Gods of Metal, del Ragnarok o del Summer Day in Hell.
Ho ricordi bellissimi anche dei momenti più intimi passati fra di noi, durante le sessioni di composizione, nel momento in cui i pezzi cominciavano a girare e la nostra creatività viaggiava all’unisono, ispirandoci vicendevolmente.
Però, se devo pensare alla gioia più grande, devo tornare con la mente alla nostra prima data a Tunisi, quando gettando l’occhio sul pubblico ho visto ragazze con e senza velo, ragazzi vestiti in maniera tradizionale o con le magliette degli Iron Maiden, tutti uniti dal solo intento di fare casino e godersi un concerto heavy metal. Il nostro concerto.
C’è anche un ricordo meno piacevole legato a quello stesso concerto: durante il soundcheck, un ragazzo molto timido si avvicinò per fare due chiacchiere e, con grande enfasi, mi regalò una lattina di birra. Era calda, in un formato da 25 cl invece che il classico 33 cl, e sembrava anche prossima alla scadenza. Lo ringraziai e la bevvi senza pensarci troppo, perché credevo che l’avesse presa dal magazzino nei pressi del backstage. Più tardi mi accorsi che non c’era traccia di alcolici nel locale in quanto la legge locale, per motivazioni presumibilmente religiose, proibiva il consumo di tali bevande in tutta la città e, immagino, in tutto il paese.
Quel ragazzo mi aveva fatto un grandissimo regalo per dimostrare la sua stima e io non ho saputo recepirlo nella miglior maniera. Non l’ho più visto da quella sera e ancora oggi vorrei tanto ringraziarlo di cuore.

 

Di recente vi siete esibiti al Metalitalia.com Festival, com’è andata? Come ha reagito il pubblico ai pezzi nuovi?
In maniera esaltante! E’ stata la prima cosa che ci ha detto il nostro discografico, Filippo, della Scarlet, quando siamo rientrati nel backstage, dopo la fine dell’esibizione: la gente era entusiasta sul materiale nuovo!
Per una band con un repertorio consolidato come il nostro, il timore è sempre che i pezzi individuati come “classici” oscurino il repertorio nuovo, poiché il pubblico li conosce meglio e tende a distrarsi sul materiale più recente. In questo caso, oltretutto, il disco era uscito da appena una settimana. Vedere la gente rispondere con tale foga a ‘Leviathan’, ‘Mediterranea’, ‘Far’, ‘Crimson’ e ‘Invictus’ è stata una grandissima soddisfazione e una conferma della bontà di un album in cui crediamo tantissimo.
Più in generale, il Metalitalia Festival oramai si è imposto come uno degli eventi più rilevanti della penisola e l’organizzazione merita ampiamente questa fama. Dalla line-up al locale, alla gestione del backstage, al catering ai meet ‘n greet, tutto ha la dimensione di un festival europeo, ma con la soddisfazione di potercelo godere nella nostra bella nazione.

 


Il lyric video di ‘Far’

 

E adesso? Quali i progetti futuri in casa Stormlord? Ci sarà un tour di supporto a “Far”?
Stiamo lavorando alacremente con la nostra agenzia, Bagana, per organizzare una serie di date dopo l’estate, mentre il 27 luglio posso anticiparti che suoneremo in compagnia degli amici Furor Gallico, e di diverse altre band, al Rock In park, presso Cave Roselle, in provincia di Grosseto. L’occasione è ancora più stimolante poiché, chi conosce la location, mi ha già anticipato che si tratta di una cornice naturale di straordinaria bellezza in cui tenere un esibizione.
Ritengo che quella live sia la dimensione ideale degli Stormlord, anche se la stratificazione e la complessità del nostro sound potrà far apparire strana questa affermazione. Eppure è la verità: solo sulle assi dello stage la nostra proposta raggiunge il suo completamento. I nostri show sono un’esplosione di energia, interazione col pubblico, volume e teatralità. Forse a volte andiamo un po’ sopra le righe, ma d’altronde suoniamo una musica che abbiamo chiamato Extreme Epic Metal, quindi dubito che il pubblico si aspetti da noi un set shoegaze.
Per quanto riguarda i progetti futuri, oltre ad aver rinnovato da pochissimo il nostro sito ufficiale www.stormlord.net, che vi invitiamo a visitare anche per dare un’occhiata al nuovo merchandising che ci piace moltissimo, possiamo anticiparvi che a breve sarà disponibile il nostro primo videoclip tratto da “Far”, che non mancheremo di pubblicizzare urbi et orbi.

 

Francesco, siamo arrivati alla fine di quest’intervista. Ringraziandoti per il tempo dedicatoci, lascio a te le ultime parole per salutare in nostri lettori.
Grazie a voi per l’opportunità e per averci dato spazio sulle pagine di una webzine storica, che leggo da tempo immemore.
Desidero ringraziare, inoltre, coloro i quali non hanno mai cessato di supportarci e di attendere il nuovo disco, nonostante questi anni di silenzio che avrebbero fatto perdere la pazienza anche a un santo. Il loro affetto e la loro passione non sono cose che diamo per scontato e ci riteniamo privilegiati ad avere un pubblico che ci segue con tale attenzione.
Ci vediamo sul palco!

 

Marco Donè