Heavy

Intervista su “I primi 100 numeri di Metal Shock”: Giancarlo Trombetti

Di Stefano Ricetti - 3 Giugno 2014 - 14:30
Intervista su “I primi 100 numeri di Metal Shock”: Giancarlo Trombetti

Articolo sui primi 100 numeri della rivista Metal Shock così come uscito all’interno della copia del “centenario” del luglio 1991, comprensivo delle foto dell’epoca e, appena dopo la fine, di seguito, l’intervista realizzata qualche giorno fa all’allora direttore del magazine, nonché curatore dello stesso articolo, Giancarlo “GC” Trombetti, ventitre anni dopo…

Buona lettura,

Steven Rich

 

 

L’idea Geniale. 

di Giancarlo Trombetti

 

Il luogo: Londra. Il tempo: estate 1981, esattamente pochi giorni prima del Monsters Of Rock di Donington. I Personaggi: Luca Silvestri ed il sottoscritto. Luca – che per la cronaca, all’epoca, era un ottimo fotografo rock con un solo difetto: troppo ricco per aver necessità lavorative – acquista un supplemento al settimanale inglese Sounds. Il nome del giornale era del tutto inusuale e non facilmente comprensibile: Kerrang!, un nome onomatopeico che ricorda da vicino il suono prodotto da qualunque materiale metallico che cada a terra. Il supplemento era il numero due, in copertina Ian Gillan ed una serie di ‘strilli’ tutti rigorosamente accompagnati da punti esclamativi, come a sottolineare che, finalmente, proprio in piena invasione del rinascente heavy metal britannico, i kids inglesi potevano contare su un giornale tutto loro. Poco importava che quelle pagine fossero quasi completamente prive di scritto e che altro non si trattasse che di un supplemento fotografico al settimanale più rock d’Inghilterra (certo non si poteva dire altrettanto del Melody Maker o del New Musical Express!): quel che contava era che qualcosa si muovesse. Fin troppo facile innamorarsene, dunque, per chi aveva da sempre sofferto – da lettore – dei crimini perpetrati sulla stampa “specializzata” italiana quando decideva di tentare di parlare di hard rock. Fin troppo facile sognare il gusto di averne uno tutto in italiano da amare, centellinare, godere, alla faccia dei milioni di stronzate lette un po’ ovunque riguardo la musica del tuo cuore! In Italia, in quel periodo, esisteva solo un giornale che si occupava con regolarità di hard rock ed heavy metal; da pochi mesi, infatti, spadroneggiava dalle colonne di Rockerilla, un certo Beppe Riva, giovane baffuto, bergamasco, dall’erre moscia ma dalla passione per il rock incontestabile.

 

 

Al tempo il sottoscritto tentava di vendere la propria merce scritta a macchina a tutti i periodici in voga; grazie alle foto di Luca (davvero belle, economiche, e soprattutto rare dalle nostre parti), non era difficile, infatti “piazzare” recensioni, articoli, interviste e notizie, dove capitasse. I… clienti si chiamavano Popster (che poi diventerà Rockstar), Mucchio Selvaggio, Doppio Vù, Rolling Stone edizione italiana. Ai signori di Popster/Rockstar, che avevano come direttore responsabile tal Massimo Bassoli – un ceffo pelato -, con baffi indescrivibili ed il cui più grande merito era quello di essere amico stretto di Frank Zappa (mio unico Dio riconosciuto), venne riferito di quanto visto a Londra. La risposta è tutt’oggi irripetibile. L’incontro con Beppe avvenne in un campeggio di Marinella di Sarzana; cosa ci facesse il Riva laggiù mi è ignoto, ma la leggenda ricorda che proprio là, di fronte ad una bibita e ad un ‘tramite’ del mensile per cui Beppe scriveva, avvenisse l’incontro memorabile. Lui, il Riva, mi voleva vedere per mettermi alla prova (o qualcosa di simile) e capire se le mie interviste da Londra avrebbe potuto servire agli scopi suoi e delle paginette limitate di quel giornale. Non so come, ma andò tutto bene: iniziai a lavorare per loro (Luca lo faceva già). Il tempo passava, Beppe migliorava le pagine a disposizione (non più di quattro) e lottava contro la redazione che non ne voleva sapere di aumentare lo spazio. Si trattava di recensioni, prevalentemente, ma funzionava. D’altra parte si trattava di un tipico caso minestra/finestra! Quando Hard & Heavy vide la luce come supplemento, le sue vendite più che interessanti non commossero il resto dei redattori di Rockerilla. A Beppe l’onore di aver tentato per primo, dunque: quel supplemento fu il primo esperimento di giornale tutto metal in Italia. Ben prima di chiunque altro, incontestabilmente.

 

 

IL GRANDE RIFIUTO

Mentre il bergamasco interista si dannava l’anima con gli attuali “l’ho sempre detto, io” della redazione di Cairo Montenotte (più in là vi spiegheremo meglio), il sottoscritto riprovava con il Bassoli. Il caro Massimo, nel frattempo, aveva lasciato Rockstar per dar vita al suo Tuttifrutti (correvano gli inizi del 1982), ma non aveva mutato opinione. Praticamente la mia risposta non la ebbi mai; sa Iddio se giunse mai alle sue regali orecchie! Le cose non andavano malaccio, qualche articoletto rock lo si piazzava (a prezzi ridicoli) tra un Howard Jones, un Paul Young o uno Springsteen, ma le fortune di quelle magiche pagine inglesi che si erano trasformate nel frattempo in un vero e proprio giornale a sé, restavano per noi tutti una Bibbia, un sogno irraggiungibile. Nel 1985 nasceva un Tuttifrutti settimanale le cui ‘riunioni costitutive’ vi racconterò quando avrete voglia di esser tirati su di morale… Inizialmente esso veniva affidato a tal Michel Pergolani di Arboriana memoria. Il massimo che Michel mi concedesse allora, fu di aprire una rubrica intitolata “Hard and Heavy”. Su quella paginetta (nel frattempo passate in mano al Franco Zanetti) iniziò a scrivere come “esperto di metal italiano” un cicciotto barbutello, a metà tra il rossiccio ed il biondo, una sorta di Rob Halford più paffuto: Claudio, Klaus Byron per gli amici.

LA SECONDA PERNACCHIA

Il tempo, dunque, passava, ma la situazione non si sbloccava. Fato volle che i legami tra il sottoscritto ed il Bassoli restassero incredibilmente buoni, e al tempo stesso che il Riva – che aveva, intanto, assoldato nuovi collaboratori, tra cui Tiziano Bergonzi, Paolo Cossali e Alessandro Massara – continuasse imperterrito a tenere alta l’unica fede periodica sulle stesse pagine. Quando la vita mi fece scegliere di trasferire le mie già vetuste membra a Roma (non fosse altro perché volevo vedere in faccia chi strapazzava il metal da quelle latitudini). I nomi erano Cristiano Gentili e Giancarlo De Chirico per andare a curare mensile e settimanale per il Bassoli, riprovai per l’ennesima volta a solleticare Massimo, il direttore megagalattico, con l’idea di un Kerrang! tutto italiano. Praticamente venni mandato a cacare. Dopo poco scoprii che gli editori dell’unico giornale settimanale fino ad allora sopravvivente (non ho mai capito come) avevano dato fiducia a qualcuno (non ho mai capito chi), iniziando a pubblicare HM, mensile di metal che truffava simpaticamente “sul primo ed unico” fin dagli inizi. Mi ricordo che ci bevemmo quelle paginette in pochi secondi; un po’ per vedere cosa erano riusciti a combinare quelli che avevano trovato un editore, un po’ perché lì scriveva e pubblicava foto un altro amico di vecchia data: Piergiorgio Brunelli. Il risultato della lettura fu tale che intensificammo le pressioni sul Bassoli: eravamo sicuri di poter far di meglio! E di molto.

CI SIAMO!

Non so cosa accadde quella mattina, ma quando il Bassoli mi disse seccamente (è sempre stato avaro, anche di parole!): “Ok, vedi di portarmi un progetto di mensile metal”, il mio primo pensiero andò al Beppe bergamasco: chissà come sarebbe stato felice! In realtà la notizia non solo non lo sconvolse, ma mi toccò pure insistere per farlo recedere dall’idea di continuare a vivere per poche righe al mese, di fronte all’ipotesi di un giornale tutto nostro. Quando Beppe Riva profferì il grande sì, il golpe era pronto: con lui passavano al nascituro mensile anche i migliori collaboratori del miglior amico degli Angel. Tiziano, Paolo, Klaus, Cristiano erano i primi a far parte della famiglia. Zaccagnini, Masetti, Massara (che restava concorrente), Giordano e soci si sarebbero aggiunti con il tempo. Quando Beppe e Massimo ebbero forse l’unico momento di accordo della loro vita, veniva pure trovato il nome: incredibilmente METAL SHOCK era stato citato da entrambi tra le proposte.

 

 

IL PRIMO NUMERO

Il primo numero era, naturalmente, il più sofferto. Credo che sia costato più di telefonate tra Roma e Bergamo che di fotocomposizione! Ad impaginarlo era un signore a nome Kam-pah, nome chiaramente falso, ma che gli proveniva dall’aver lavorato a lungo come grafico per Smash Hits, il settimanale inglese a tutt’oggi più venduto d’Europa. A lui il non facile compito di inventare qualcosa che non fosse già stato fatto e che, soprattutto, fosse originale e fresco. La scelta di avere Ozzy Osbourne in copertina fu del Bassoli. La decisione veniva così impostata: “E’ fondamentale avere qualcuno che rappresenti un classico per tutti, per i fans accaniti e per chi non comprerebbe mai un giornale hard rock!”. In tutta questa – spero non noiosa vicenda – ho dimenticato di citare Valentina Gentili, solo teoricamente segretaria di redazione, in realtà cuore, benzina e spugna assorbente in caso dei milioni di stress. Il suo aiuto era fondamentale e ve ne voglio dare un esempio: i lettori più vecchi ricorderanno il mitico numero uno… Sulla copertina appariva un piccolo pipistrello nero. Beh, sappiate che quello che era un errore micidiale, finì col rappresentare un elemento di distinzione! Vi spiegherò come: in quel numero dovevano comparire gli IQ. In seguito ad una recensione di Beppe, che aveva preso una cotta per tali Guns N’ Roses solo ascoltando un EP, ci capitò tra le mani una breve intervista di una simpatica e antica collaboratrice di Tuttifrutti, immediatamente assorbita dalle pagine di Metal Shock: Sylvie Simmons.

 

 

La bella Sylvie aveva appena intervistato a Los Angeles quella che Beppe aveva definito: “La miglior band della seconda metà degli Ottanta!”. Acquistammo di volata l’intervista per inserirla come ‘chicca’ nel primo numero, ma nel frattempo era già stata stampata la prova di copertina, con sopra elencati gli IQ… se volevamo inserire i Guns N’ Roses al loro posto, la pagina era disponibile, ma non c’era tempo per rifare la copertina. Finì che i Gunners vennero inseriti nel giornale – Primi in Italia a parlarne! – e che gli inglesi IQ venissero coperti con un pipistrello nero che, su suggerimento di Valentina, non solo divenne una sorta di portafortuna, ma che venne anche usato per quantificare le votazioni nelle pagine delle recensioni. Ecco perché quando mi accorsi della nuova scelta dei coltellini, dovuti, è vero, a necessità di computer, ma molto meno affascinanti, mi dispiacque molto.

 

 

ALCUNI ANEDDOTI

Sarebbe bellissimo avere a disposizione una decina di pagine per poter raccontare una catasta di aneddoti occorsi nei primi due anni che passai in redazione a curare come un figlio quel giornale, tra stress incredibili (all’epoca Klaus, Heintz e Giulio mi sfottevano, dandomi dell’isterico, adesso Klaus viene ogni tanto da me a piangere sulle note di: “Ora ti capisco!”), litigate, cambiamenti voluti o subiti, piccole lotte intestine e problemi micidiali di budget, ma non solo non so se vi interesserebbero, ma oltretutto farei venire a galla episodi che il tempo ha ormai rimosso a favore del ricordo delle sole cose belle. Non era facile lavorare a Roma per un cinghiale selvatico come me, abituato a sparire in un lago o in campagna nel periodo dei tordi o degli acquatici, né era facile tenere insieme le mille piccole mestruazioni quotidiane dei tanti collaboratori del giornale. Forse il problema principale stava nel fatto che nel crearlo, avevamo scelto davvero il meglio, senza voler sembrare autocelebrativi o autogratificanti; dal punto di vista contenutistico, Metal Shock era sinceramente il giornale che poteva vantare i ragazzi più preparati nel proprio settore rispetto a chiunque altro!

 

 

Probabilmente il fatto di aver messo insieme tante primedonne ci aveva favorito qualche stress in più. Resto convinto che ne valesse la pena! Allora, perché non raccontare, dopo tanto tempo come Metal Shock divenne quindicinale, da mensile, dopo sei numeri?! Ma naturalmente perché il principale concorrente, non aveva trovato altro di meglio da fare se non gettarsi su una periodicità diversa per poterci contrastare. Ancora oggi, tre anni e mezzo dopo, mi domando se questa sia stata una buona mossa da parte di entrambi; per chi fa i giornali, è notorio che in Italia la scadenza bisettimanale è, se non proprio osteggiata, almeno malvista dai pubblicitari, ma credo che questo genere di concorrenza abbia in ogni caso fatto bene ad entrambi.

 

 

Tra Metal Shock e HM c’è sempre stata una necessaria rivalità che non può che aver fatto bene alla crescita (sicuramente ai rispettivi stress e incazzature!) dei prodotti. Sappiamo per certo che quando Metal Shock usciva, in casa HM si organizzavano riunioni per studiare come era stato possibile che li avessimo preceduti, così come fa parte della storia tramandata di come i loro redattori abbiano spesso dovuto modificare la prima pagina di copertina dopo che li avevamo bruciati sul tempo!

 

 

Queste sono cose che nessuno vi confermerà mai, ma nell’ambiente sono ormai passate alla storia… Così come è divertente raccontare come venne deciso di mutare l’impostazione grafica di mezzo giornale dopo un golpe attuato dal medesimo Bassoli … correva il numero dieci, mi pare, citando a memoria: in copertina c’era il buon David Coverdale che con i suoi Whitesnake aveva allora vinto il referendum annuale come “band dell’anno!”. A giornale già chiuso, o quasi, Massimo arrivò come un fulmine in redazione (tra noi coscritti si narrava che fosse geloso del fatto che per quel giornale non aveva mosso un dito della sua creatività…); l’impaginazione era scadente, per lui, e necessitava di una rinfrescatina. Il risultato fu la mitica cover ‘bianca’ (come l’album dei Beatles) con un piccolo David Coverdale ammiccante per la sua vittoria. La foto ci costava un occhio della testa e avrebbe meritato di riempire tutta la copertina, ma con gli editori, si sa, non si discute! L’idea per quella che risulta essere ancor oggi l’attuale impaginazione delle recensioni, con ‘box’ evidenziatori, invece venne dopo la scoperta della necessità di donar risalto ad alcune recensioni rispetto ad altre. Una volta le scelte dei titoli erano tutte redazionali e il titoletto urlante: “Misfits mitici?!?” il buon Zaccagnini se lo ricorda ancora…

 

 

LA NOSTALGIA BESTIALE

Il ricordo di quei tempi, sinceramente, mi commuove quasi; erano momentacci, il fine settimana veniva sprecato per piangere sulle sofferenze dei cinque giorni trascorsi, ma il gusto che avevamo nel vederci arrivare in mano le copie prima della distribuzione nazionale, era un piacere che ancora oggi assaporo con nostalgia tangibile. Ecco! Il momento dell’arrivo della nuova copia in redazione, credo che fosse il momento più stressante di tutti; incazzature bestiali e litigate furiose con i grafici (Kam-pah se ne era andato e una decina di manovali erano, nel frattempo, passati per quelle sedie) vedevano Valentina in prima fila. Alla storia, comunque, sono passate le mie personali litigate con tal Piero Pellini, buonissimo ragazzo che aveva deciso di fare il grafico ed era finito da noi. A lui consigliai a lungo di cambiar mestiere, finché non lo fece. Adesso si occupa di assicurazioni. Probabilmente se non avesse mai incontrato il Trombetti ora sarebbe ancora un grafico e chissà per chi starebbe a far danni… Non penso, però, che i collaboratori abbiano mai realmente vissuto da vicino questi problemi che erano più che altro problemi di chi il giornale lo metteva insieme, letteralmente. Penso addirittura che un buon tre quarti dei nostri problemi di impaginazione fossero a unico nostro appannaggio, dato che vedevamo nascere il giornale e sapevamo… come avrebbe dovuto essere. Il pubblico, neppure, si deve essere mai accorto di cosa fosse capace il caro Piero…

Quel che invece i lettori (ed i collaboratori) vedevano bene, erano gli errori di battitura, quelli che in gergo si chiamano refusi. Ecco, sarebbe stato carino riuscire a raccoglierne un po’ per fare una breve classifica delle cazzate che siamo riusciti a pubblicare in questi anni… Chissà che a qualcuno non venga in mente, la prossima volta.

 

 

LA MORALE

Ci sarebbe da scrivere per un anno, ma oltre a non averne il tempo – adesso sono responsabile della programmazione, direttore artistico, consigliere speciale, cuoco, posteggiatore e capro espiatorio di quell’insieme di pazzi in libertà che si chiama Videomusic – forse non sarebbe neppure interessante. Fatemi sapere se questo genere di ‘scritti dal subconscio’ vi coinvolge; potremmo tornarci sopra… Qual è la morale, dunque, di tutto ciò? Beh, se di morale si può parlare, sarà giusto dire che Metal Shock è un giornale per appassionati, nato dalla fantasia e dalla passione di chi ha sempre creduto che far del giornalismo (tanto per usare una parolona che riempie bene la bocca) fosse soprattutto legato all’informazione. Che i ragazzi di Metal Shock siano tuttora i migliori, dopo 100 numeri, non v’è dubbio. Avremo un pacco di difetti, quali la pigrizia, una forma mentale ormai più da fan che da giornalista, un senso dell’ironia sempre meno presente a favore di una puntigliosità nei riguardi dei propri giudizi crescente, ma questo fa parte del gioco. D’altronde l’abbiamo sottolineato fin dall’inizio: questo giornale è nato da appassionati di musica per loro simili, ed il fatto che talvolta si scivoli sulla polemica superflua o ci si fissi su sciocchezze è tipico di una mentalità da veri appassionati che non può – se saputa intendere – che farci capire che siamo rimasti sempre gli stessi.

 

 

Caciaroni, passionali, gelosi dei propri giudizi, delle proprie convinzioni, dei propri idoli. Esattamente come voi lettori. Il modo in cui i ragazzi di Metal Shock lavorano – i vecchi e i nuovi che hanno scelto le sofferenze di aver a che fare con noi, piuttosto che con smaliziate volpi di qualche patinato foglio per arredatori o giovani in cerca del modo più semplice per dimagrire – è ancor oggi artigianale, ma schietto e sincero. Non è un caso che il novanta per cento di noi si guadagni da vivere con ben altri mezzi, dato che se avessimo tentato di farlo con i dividendi di Metal Shock saremmo oramai tutti morti di fame da tempo … La morale è infine semplice: finché lo spirito si manterrà battagliero e ruvido, anche a scapito di qualche attrito personale; finché ci sarà voglia di dire, di raccontare per il gusto di far sapere quel che si è scoperto (o si crede di averlo fatto) un nuovo talento, voi lettori potrete acquistare con fiducia queste pagine. Nel momento in cui si tenderà a promuovere il proprio ego o si cercheranno vendite eclatanti che rigorosamente non corrispondono mai alla qualità dei contenuti, sarà giunto il momento di cambiar partito e giornale!

 

 

IL FUTURO

Dove va Metal Shock? Come tutti i giornali specializzati è legato all’andamento del mercato di settore. Se qualcuno di voi avrà mai dato uno sguardo ai giornali d’oltralpe (non necessariamente metal), avrà notato come sempre più spesso venga sottolineato che nella musica rock, il genere hard and heavy sia l’unico ad aver mantenuto non solo un pubblico costante, ma fedelissimo nonostante il ricambio generazionale. “L’heavy metal è l’unica musica che vende da 25 anni a questa parte”, ha scritto pochi giorni orsono il rispettabile Billboard. Questa è l’arma a doppio taglio del nostro amatissimo rock, dar vita al tempo stesso a periodici che il rock lo amano e stimano prima d’ogni altra cosa, ma anche dar sostentamento a fogliacci che nel nome del rock producono e stampano idiozie, bugie e stronzate. A voi lettori scoprirne i nomi e, attraverso il tam tam del buon senso, avvertire gli ingenui che c’è chi specula su di loro. Onore ai ragazzi di Metal Shock, dunque, ai loro diretti concorrenti quindicinali – se volete – ma vergogna e derisione sincera per chi crede di far del rock and roll una moda da svendere a buon prezzo. Cosa saremo dal numero 100 in poi è nelle mani di chi ha il dovere di partorire un’idea, uno schizzo di genio che lasci il sorriso sulle labbra, il gusto del piacere di fresco in bocca. Poi si potrà non condividere e discuterne su, ma l’importante sarà averne rispetto. Cosa è, in fondo, Metal Shock se non una piccola idea portata avanti con il cuore?

TANTI AUGURI METAL SHOCK!!

ALTRI MILLE DI QUESTI GIORNI!!

Giancarlo Trombetti

 

 

 

INIZIO INTERVISTA REALIZZATA NEL GIUGNO DEL 2014 A GIANCARLO TROMBETTI

 

Che sensazioni hai provato leggendo la storia di Metal Shock da te scritta comparsa sul numero 100?

Vado a memoria… possibile sia del 1990 ?

Luglio 1991, per l’esattezza…

Emozioni contrastate. All’epoca facevo altro, pur collaborando da esterno alla mia …”creaturina” e ricordo che cercai di essere quanto più possibile sincero, nel racconto. Poi sai perfettamente che ci sono cose che non potranno mai essere scritte, al massimo riportate per essere negate davanti a qualsiasi prova, per evitare di rovinare antiche amicizie o cambiare l’immagine pubblica di qualcuno che ci tiene… ma a parte qualche omissione, direi che scrissi, grosso modo, quasi tutto. Adesso fa tenerezza rileggere quelle righe. Sono passati così tanti anni che è sorprendente che qualcuno ne voglia ancora parlare.

Hai nostalgia di quegli anni?

Sì, ma non necessariamente dello stress lavorativo. La nostalgia è per il tempo che è passato, per gli errori commessi, per il pensiero che li vorresti rivivere mutando quello che, col senno di poi, si rivelò una drammatica fesseria. Non mi limito a parlare del giornaletto; penso anche alla vita, con tutto il suo contorno che non sempre è fatto di patatine arrosto…

Cosa non rifaresti più, a posteriori?

Forse non mollerei il giornale come feci per stress o per fare tutt’altro. Forse non prenderei certi collaboratori che si rivelarono dei vanesi tronfi poco connessi con la realtà, forse ne avrei maggior cura nel distacco. Sicuramente lotterei per evitare quel vortice progressivo di affidamento a chi proprio avrebbe potuto far tante cose in vita, tranne seguire un periodico.

Curiosità: Metal Shock era distribuito anche all’estero?

Assolutamente no. Anche perché non vedo come in Francia, Germania o Inghilterra avrebbero dovuto leggersi un giornale in italiano… le invasioni, dalle nostre parti sono sempre state passive.

Quanto vendeva, all’apice della Sua storia, in Italia?

Venticinquemila copie in alcuni casi; una media di 15/18 mila nei momenti migliori, poi calò moltissimo, un crollo.

Hai fatto qualche soldo con la rivista oppure ti sei solo fatto… il mazzo?

No, non ho guadagnato altro che la stima di qualcuno, un briciolo di effimera fama (ma questa è una parola davvero grossa, diciamo di conoscenza) ed uno stipendio al limite della fame. Devo ammettere però che aver fatto giornali di musica – e non solo quel MS – mi ha aperto o favorito nell’aprire altre porte. Ed è stata un’ottima scuola.

Qual è la cosa per la quale vai più fiero nel periodo in cui eri a Metal Shock?

Certe idee tutte mie che poi mi vennero copiate anche da altri periodici… certe intuizioni sulle copertine o sui contenuti, aver fatto qualcosa di cui, come vedi, si parla ancora in ambienti ristretti. Ristrettissimi.

Segui ancora la stampa heavy metal italiana? Cosa pensi delle riviste specializzate che escono oggi?

No, assolutamente. Non seguo più la stampa di settore. E non per snobismo ma perché quando l’ho fatto, parecchio tempo fa, ne sono rimasto disgustato per il modo di scrivere dei ragazzi e per la banalità, la sciatteria con cui venivano composti i giornali. Fare un giornale è un lavoro serio, non un’opera di copia e incolla e pare invece che sia diventato sostanzialmente quello. Ragazzi che scrivono imitando e utilizzando toni e termini tipici di altri, la piaga della recensione, che pare essere lo scopo primario di chi decide di imbrattare un innocente foglio di carta con parole superflue.

Quali sono le riviste musicali che ancora acquisti regolarmente e perché.

Mojo, Classic Rock, Prog, Blues… Uncut… perché sono ben fatte, perché nascono alla fonte, perché gli inglesi sono anni luce avanti a chiunque nel settore editoriale (lì le cose si fanno sul serio) e perché preferisco leggere gli articoli in lingua originale.

Come e perché finì la tua avventura in compagnia di Metal Shock?

Perché ebbi un’offerta di passare a lavorare in televisione. Perché mi pagavano meglio e perché se decidi di fare un certo mestiere, essere pagati è lo stimolo migliore a fare del tuo meglio; inoltre per un ragazzo di campagna come sono io, nato in Liguria e cresciuto a Viareggio, Roma, la grande città, stava diventando opprimente.

 

Nella foto: la copertina del numero 15 di Metal Shock, del gennaio 1988

 

Ricordi lo scoop più bello?

No, sinceramente no. Ho memoria degli stress che mi portavo a casa la sera.

E la più grande cantonata? 

Due. Due cazzate sesquipedali in due traduzioni scritte da uno che parlava inglese come io parlo lo svedese e che vantava di avere perfetta dimestichezza della lingua. Purtroppo ce ne accorgemmo a danno fatto. Il tizio, le cui traduzioni ricordo ancora a memoria, è oggi uno stimato ….”giornalista”… una riguardava gli Anthrax e l’altra i Bon Jovi: due belinate da competizione!

Quale la maggior delusione del periodo Metal Shock?

Non esser riusciti a farne una vera fonte di lavoro, dunque di guadagno e di vita.

Come vedi il futuro della carta stampata specializzata nell’era del web e del multimediale spinto?

Malissimo. Non solo perché oggi, con la cronica mancanza di denaro, tutti risparmiano e leggono gratuitamente il web, ma anche perché la piaga della passione per imporre la propria opinione – questo è diventato lo scrivere: dare la propria opinione, nessuno più sa né scrivere né raccontare, né ha qualcosa da raccontare – sta dilagando e chiunque, con il web, può crearsi uno spazio e mettere in rete in tutto il mondo pensieri e parole prive di senso, diventando, per chi non sa cercare, una fonte di riferimento. Un disastro. Specialmente per chi ama la carta come me.

Non ti è mai più venuto in mente di rimettere insieme una rivista del settore?

Cento volte. Ma sono sempre mancati i soldi all’ultimo momento. Adesso lavoro insieme a Max Stefani sul suo Outsider. Ho ricominciato a scrivere per far funzionare i pochi neuroni residui attivi e sperare che durino ancora un po’.

Ti va di dipingere il ritratto del giornalista heavy metal ideale, secondo il tuo modo di vedere?

Il giornalista heavy metal non esiste. Esiste un appassionato che scrive di una fettina di una fettina del mercato musicale; e questo è già un problema. Scrivere di rock avendo conoscenza del solo mondo HM significa non essere in grado di afferrare tutti gli elementi del proprio lavoro. Chi scrive di heavy rock oggi è limitato nelle vedute e nei gusti. Ai miei tempi si ascoltava di tutto e quel tutto ti faceva crescere e affinare un gusto che, poi, ti serviva quando… scendevi in cantina. Comunque la caratteristiche sono essenzialmente due: saper scrivere e saper descrivere, avere un forte senso del buon gusto, non essere ottusi. A me le sparate critiche alla Lester Bangs non hanno mai detto un cazzo e colgo l’occasione per dire che il tipo, Bangs, era una eccellente penna del tutto avulsa dalla musica, che non ha mai capito fino in fondo.

Se dovesse uscire domani, per magia, Metal Shock, ovviamente con i dovuti correttivi legati alle band del periodo attuale e con la classic killer line-up giornalistica degli inizi secondo te avrebbe ancora successo oppure no?

No. I tempi sono cambiati.

Come e quanto sono cambiati i metallari dagli anni Ottanta a oggi, secondo te?

In peggio moltissimo. Se prima erano razzisti e settari, oggi godono nell’esserlo e nel rinchiudersi dentro gabbiette che non sono neppure dorate.

Chiudi come vuoi, Giancarlo e grazie…

Grazie della possibilità, Stefano. Bei ricordi di tempi andati che non torneranno mai più. Peccato. Peccato per tante cose. Peccato per la stampa di settore italiana, ridotta a poche copie pubblicate sullo sfruttamento sistematico di poveri appassionati.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti