Power

Intervista Vision Divine (Olaf Thörsen)

Di Marco Donè - 3 Marzo 2017 - 10:00
Intervista Vision Divine (Olaf Thörsen)

In occasione della data dei Vision Divine al Revolver Club di San Donà di Piave (qui il nostro report), abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con Olaf Thörsen, storico mastermind della formazione toscana. Eccovi il resoconto della chiacchierata.

Buona lettura!

 

Intervista a cura di Marco Donè

 

Ciao Olaf, sono Marco, è un piacere averti nuovamente ospite su TrueMetal.it. La scorsa estate i Vision Divine hanno avuto un piccolo scossone interno. Che cos’è successo con Alessandro Bissa?

Cose che purtroppo succedono, a volte, all’interno di una band. Evidentemente, non vivendo in Toscana come il resto di noi, la distanza, alla lunga, ci ha un po’ allontanato. In ogni caso, sono cose private che non ritengo sia giusto mettere in piazza e che, di solito, col tempo, si ridimensionano. Tutto questo, comunque, non deve intaccare quanto di buono abbiamo fatto insieme e quanto lui si sia dedicato alla band, dando tutto quello che poteva e spesso anche di più.

Avete perso per strada un ottimo batterista, ma lo avete rimpiazzato con un nome altisonante: Mike Terrana. Com’è nata la possibilità di collaborare con lui?

Dopo essere rimasti senza batterista, abbiamo cominciato a valutare le opzioni e alcuni batteristi che già si erano offerti e che ringrazio. Poi il destino ha voluto che Fabio si incontrasse con Mike in aeroporto e che, durante l’attesa per i rispettivi voli, venisse fuori che eravamo rimasti senza batterista. Beh, Mike, che tra l’altro abita a Forte dei Marmi, quindi ormai è un toscano acquisito, si è umilmente proposto per fare un provino! Ovviamente abbiamo saltato direttamente il provino e l’abbiamo “assunto”. E c’erano dubbi?

 


L’attuale formazione dei Vision Divine

 

Com’è lavorarci assieme? E’ un professionista di primo livello ma ha anche la fama di essere un po’ “pazzerello”…

So che fama gira attorno al suo nome, ma è un professionista, con la P maiuscola, un perfezionista e un’autentica garanzia. Detto questo, tutti i rumors circa il suo carattere sono assolutamente falsi, per quanto possiamo saperne. E’ una persona molto spiritosa e un amicone. Evidentemente, come dice lui, avere a che fare con dei toscani non è come avere a che fare con dei tedeschi (ride n.d.r.)!

Destination set to Nowhere risale al 2012. A quando il suo successore?

Ci stiamo iniziando a lavorare, ma uscirà solo se e quando sarà degno di essere pubblicato. Non ho alcuna intenzione di fare uscire un disco “tanto per farlo”, e credo che, su questo, tutta la band sia d’accordo.

Puoi darci qualche anticipazione? Come suonerà?

Non ha mai molto senso parlare di come suonerà un album, prima che sia almeno stato iniziato! Di sicuro mi piacerebbe fare un salto avanti, in termini di genere musicale e, soprattutto, di struttura dei brani. Devo anche dire che il fatto di avere Mike con noi, mi stimola non poco…

Avete già un’idea sulle tematiche che affronterete?

Abbiamo un concept, se così lo vogliamo chiamare, che a questo giro è qualcosa di più e che vorrei sviluppare di conseguenza. Di sicuro richiederà un impegno non comune, ma mi stuzzica molto l’idea.

In passato avete collaborato con nomi del calibro di Timo Tolkki e Simone Mularoni. A chi affiderete la cabina di regia questa volta?

Sicuramente a Simone, che considero un vero e proprio fratello musicale. Quanto al primo nome, al solo sentirlo nominare mi viene da grattarmi. Evitiamo, che è meglio!

E io che stavo per farti una domanda proprio su di lui… Ci provo ugualmente. Avete affidato la cabina di regia a Timo Tolkki per tre dischi. Sembrava si fosse formato un rapporto di fiducia e duraturo tra voi. Con Destination set to Nowhere, però, avete deciso di cambiare e affidarvi a Simone Mularoni. Com’è nata questa scelta? Quali le differenze tra i due?

Come ho appena detto, preferisco non dire troppo riguardo al passato. Ti basti sapere che con Timo il rapporto si è interrotto per i suoi soliti atteggiamenti, che ormai conoscono bene tutti. Il suo modo di comportarsi è stato altamente non professionale e ha rovinato la produzione di un disco a cui tenevo molto e tengo ancora oggi. Tanto per farti un esempio: ha praticamente rimosso tutte le acustiche che avevo preparato per l’album, che infatti ne risulta privo, anche se questo non è il vero problema. Noi siamo una band che ormai, da anni, sa gestirsi da sola e sa quello che vuole e come lo vuole.
Con Simone lavoriamo in pace e senza problemi di sorta: registriamo nel nostro studio e poi mixiamo da lui, in totale serenità e facendoci solo grandi risate. Beh, anche mangiate-bevute! Oltretutto, credo sia superfluo dire che è anche un vero talento, non solo come chitarrista, ma anche come engineer.

Olaf sei il fondatore di due delle più importanti power band italiane: Labÿrinth e Vision Divine. Con entrambe stai lavorando a un nuovo disco. C’è molta aspettativa su entrambi i lavori e si respirano sensazioni positive da ambo i lati. Dal mio punto di vista, la rinascita del genere, potrebbe passare proprio dall’Italia. Come stai vivendo questo momento? Che sensazioni provi?

Non sono una persona che bada molto a queste cose. Suono perché mi piace quello che faccio e mi diverto. Mi ritengo molto fortunato perché oggi, dopo tanti anni, la gente parla di me come hai appena fatto tu e questo è un qualcosa di molto prezioso, per il quale mi sento riconoscente verso tutti quelli che sono sempre stati vicini a me, alla mia musica e ai miei gruppi.
Parlando di oggi, ho appena terminato le registrazioni del nuovo album dei Labÿrinth e posso dirti che sarà un disco epocale: siamo tornati dopo quasi 7 anni e l’avremmo fatto solo a condizione di realizzare un disco che faccia tremare. Beh, siamo andati oltre ogni aspettativa e non lo dico io, ma quelli che hanno già avuto modo di ascoltare il master. Sono convinto che si parlerà molto di questo lavoro nei prossimi mesi! Adesso, come abbiamo appena detto, è il momento di pensare ai Vision e ho tutte le intenzioni di fare altrettanto bene.
L’Italia, già da tempo, è a mio avviso al vertice del metal di un certo tipo e credo sia il momento di affermarlo definitivamente. Non sarebbe male se anche voi giornalisti, in questo, cominciaste a dare a Cesare quel che è di Cesare, perché, davvero, oggi se c’è qualcuno che insegue, non siamo certo noi.

L’etichetta power, sebbene limitante per entrambe le tue creature, è quella con cui tutti vi riconoscono e inquadrano. Nella domanda precedente dicevo che la rinascita del genere potrebbe arrivare dall’Italia, in quanto, a mio modo di vedere, tralasciando qualche grosso nome del passato, il movimento power non sta attraversando un bel periodo. Molte formazioni sembrano ingabbiate all’interno degli schemi del genere, a discapito della propria personalità. Una cosa che, invece, non è mai successa a Labÿrinth e Vision Divine, due band caratterizzate da una forte personalità. Concordi con questo mio pensiero? Ti andrebbe di approfondirlo?

Non saprei cosa dirti…ci sono molti gruppi validi, che dal vivo spaccano di brutto. Certo, il genere inteso come power metal forse è morto, non da oggi ma da diversi anni. Come sempre accade, chi rimane intrappolato in uno specifico genere, probabilmente è destinato ad arrancare, ma non mi sembra il caso di noi Italiani.
Per quanto mi riguarda, non mi sono mai identificato come band puramente power e non credo di avere quasi mai ripetuto uno stile predefinito, disco dopo disco, quindi anche la prossima volta, suoneremo in base a quello che sentiremo in quel specifico momento.

 


Olaf Thörsen

 

Olaf, nella tua carriera hai avuto modo di suonare con musicisti di estremo valore. In una tua recente intervista, su queste stesse pagine, ti hanno chiesto un tuo pensiero sui cantanti con cui hai collaborato. Stavolta ti pongo la stessa domanda in merito ai batteristi: Frank Andiver, Mattia Stancioiu, Alessandro Bissa, John Macaluso e Mike Terrana. Un pensiero, sia tecnico che umano, per ognuno di loro.

Non voglio fare paragoni, né classifiche. Hai nominato tutti grandi batteristi, a cui aggiungerei Danil Morini, che ha inciso The Perfect Machine a soli 19 anni ed è stato in tour con noi, anche in Giappone. Un autentico mostro! E Ricky Quagliato, che oggi potete sentire dai palchi di Mediaset, dove a capodanno ha accompagnato niente di meno che Anastacia. Sono tutti musicisti che amano la musica, in tutti i suoi aspetti. Ognuno di loro crede in quello che fa e sarebbe troppo lungo e inutile specificare troppo. Ringrazio pubblicamente ognuno di loro, per essere stato fondamentale per me e la mia musica, in un determinato periodo della mia carriera.

Quando penso alla figura di Olaf Thörsen, una delle prime cose a venirmi in mente è quel fantastico progetto chiamato Italian Attack. Il festival itinerante, ideato da Labÿrinth e Domine, per valorizzare e dare il giusto merito alla scena italiana. Che ricordi hai di quel festival? Ci potrebbe essere una nuova edizione, in futuro?

Non dirlo a me! Ho ricordi stupendi e fu la prima volta in cui riuscimmo a dimostrare che si potevano fare sold out portando in giro solamente gruppi nostrani. Fu stupendo vedere come le band non avessero paturnie da rockstars, ma ci fosse solo tanta voglia di divertirsi e fare musica tutti assieme.
A dire il vero, però, ci furono due Italian Attack che organizzai: il primo, storico, era con Labÿrinth, Domine, White Skull, Novembre, Skylark e Centurion. Il secondo aveva come band principali Vision Divine e Domine, più altre formazioni in base ai locali in cui suonammo. Andarono entrambi benissimo e un paio di anni fa provai a rimetterlo in piedi, ma gli impegni di tutti erano troppo limitanti. Ci sto ancora pensando e credo che presto potremmo provare di nuovo qualcosa del genere!

Olaf, siamo arrivati alla fine dell’intervista. Ti ringraziamo per il tempo dedicatoci e, di rito, lascio a te le ultime parole per salutare i nostri lettori.

Grazie a te per la bella intervista. Oggi come non mai, supportate le band Italiane!Anzi, già dire Italiane mi suona come se fossimo di Serie B, come se prima ci fossero gli altri e poi noi… direi che è giunta l’ora di smetterla con questo modo di ragionare.
A presto!