Live Report: Butcher Babies a Romagnano Sesia (NO)

Di Fabio Vellata - 3 Marzo 2014 - 0:05
Live Report: Butcher Babies a Romagnano Sesia (NO)

 

 

Live report a cura di Fabio Vellata

Fenomeno prettamente d’immagine, o concreta sostanza artistica mascherata dietro ad “abbondanti” apparenze?

Domanda inevitabile quando il soggetto dell’argomento sono le Butcher Babies, coppia di esuberanti ed avvenenti front-woman dalle fattezze a dir poco notevoli che – complice una serie di prime apparizioni in “abiti” qualcosa meno di succinti – sta rapidamente ottenendo fama e notorietà all’interno dell’audience metallica di mezzo globo.
Un misto di thrash con improvvise pazzie death e svisate metalcore dal riffing selvaggio: nulla di particolarmente nuovo o rivoluzionario, non fosse che per un impatto visivo capace, sulle prime, di ottenere il classico effetto “chiacchiera virale”, moltiplicatosi al punto da condurre la band guidata da Carla Harvey ed Heidi Sheperd al raggiungimento di una notevole esposizione mediatica che ad onor del vero e senza ipocrisie, sarebbe stata forse meno ampia qualora al microfono fossero comparsi uno o più nerboruti capelloni borchiati.

Ammettiamolo: curiosità, prima ancora che reale interesse per la musica proposta dal quintetto (questo, a dispetto di tutto, sono i Butcher Babies), è stato il motore principale che ha mosso molti dei convenuti al Rock n’Roll Arena la sera dello scorso 26 febbraio.
Serata fredda da tardo inverno, clima uggioso e cadenza infrasettimanale: non così tanta la sorpresa nello scoprire una sala non proprio affollatissima che, all’apertura dei portoni prevista per le 21.00, si presenta popolata da un numero piuttosto ridotto di partecipanti.

 

Dopo un’attesa discretamente lunga, tocca ai lombardi Unsteadycore il compito di scaldare un’audience ancora parecchio limitata.
Originario di Lecco e già con parecchi anni d’esperienza alle spalle, il quartetto guidato dall’energica singer Veronica Sottocornola è protagonista di una buona mezz’ora a base di heavy thrash dalle evidenti derive moderniste (con tappeto di tastiere “fantasma”), in cui apprezzare buon senso melodico ed un’aggressività “controllata” a tratti quasi orecchiabile.
Un buon passatempo in attesa della band headliner che si lascia ascoltare piacevolmente pur senza impressionare troppo. I brani dal punto di vista live, offrono discreto impatto ma danno l’impressione di non essere ancora “oliati” in modo tale da colpire con efficacia un pubblico occasionale: l’idea è, insomma, quella di un ensemble dotato di personalità cui, tuttavia, manca qualcosa di risolutivo per spingere ed invogliare gli ascoltatori ad approfondirne in modo concreto la conoscenza.

Vedi il photo report degli Unsteadycore

 

 

Si approssimano le 23.00 quando giunge il momento di assistere alla performance degli headliner di serata: un pubblico un po’ più nutrito ma ad ogni modo non numerosissimo, è quello che accoglie l’arrivo sul palco del quintetto, a significare come forse – complici tanti fattori –  l’antico adagio che vorrebbe determinati aspetti “tirare più d’un carro di buoi”, non sia poi così tanto efficace ed indicato quando si parla di metal in tutte le sue forme.

L’arrivo in scena dalle avvenenti figure di Carla Harvey ed Heidi Shepherd evidenzia sin dall’immediato un paio di particolari che rispondono ad altrettante nostre domande.
A quanto dato di sapere, il diktat imposto da Century Media in merito all’abbigliamento della coppia di fanciulle non è semplice diceria: vestite in abiti certo provocanti e “ristretti”, ma senza gli eccessi degli esordi, le due bellezze metalliche appaiono ora molto più vicine all’immagine di due metal queen in borchie, anfibi, pelle e jeans, piuttosto che ad una coppia di playmate intente a realizzare un paginone centrale in chiave heavy.
E poi sì, concediamoci una divagazione magari banale ma dovuta: in effetti, l’aspetto fisico delle due singer è ben lungi dall’essere romanzato o frutto di ritocchi da photopaint. Viste da vicino, Carla e Heidi meritano davvero più d’una occhiata…

Ma soprattutto non male ed al di sopra delle aspettative il versante prettamente artistico (quello che, dopo tutto, più ci deve interessare) della performance del gruppo, a dimostrazione di come, oltre alla prorompente apparenza, esista anche un accettabile valore musicale, non strabiliante ma comunque tangibile.
Supportate da un trio di musicisti di discreto spessore, le due frontwoman, infatti, riversano sullo stage un bel po’ di violenza ed energia, non risparmiando in poco meno di un ora di show, sudore ed ardimento.
Diverse nella forma come nel ruolo (la bionda Heidi spesso lanciata in uno scream demoniaco, la bruna Carla “addetta” al growl più profondo) le due fanciulle hanno pure nelle movenze un che di antitetico eppure complementare. Una furia da headbanging continuo Heidi, più flessuosa ed elegante Carla, con la prima che, gioco forza, dimostra di essere il “reale” leader della band per personalità ed impatto.

Nessuna cover in scaletta (quella di “Fucking Hostile” dei Pantera, chissà perché, ce la saremmo proprio aspettata) e solo pezzi propri nei tre quarti d’ora abbondanti d’esibizione.
Zero requie e piede costantemente sull’acceleratore: thrash-death con elementi core a profusione nell’arco di una dozzina di brani che saccheggiano il recente “Goliath” e pescano dal primo EP pubblicato qualche tempo prima. Scream e growl, growl e scream a tutt’andare, con l’audience che sembra gradire, non curandosi – dopo il primo impatto – dell’aspetto di chi si trova sul palco a menar fendenti.
Molta energia ed encomiabile impegno non sono, tuttavia, supportate da doti davvero eccelse in sede canora: se le parti “sporche” e brutali convincono, le due singer perdono parecchio in “pulito”, offrendo qualche stonatura ed arrancando nelle intonazioni “alte”.

Una pecca che, dopo tutto, passa un po’ in secondo piano nel marasma di uno show decisamente movimentato ed acceso, in cui sono brani come “Gasoline”, “Mr Slowdeath” e “In Denial” ad offrire maggiore impeto e scapocciamenti.
Finale con gli encore di rito, (“Axe Wound” e “Dead Poet”), con le due singer protagoniste di una sessione di furioso headbanging direttamente in mezzo al pubblico ed al centro della sala, prima di risalire on stage per i saluti conclusivi.

Vedi il photo report dei Butcher Babies

Nulla di musicalmente nuovo, ne di straordinariamente irrinunciabile quanto proposto dai Butcher Babies.
L’aspetto “immagine” lavora di certo a dovere e consente di ottenere maggiore accesso di quanto non avrebbe una band con caratteristiche più tradizionali, pur tuttavia, come già emerso in sede di recensione, va comunque riconosciuta al quintetto anche una certa “sostanza” vera e propria, fatta di discreti musicisti, canzoni tirate, ruvide ed incendiarie e di una convinzione “live” che non è davvero quella di due bellone comparse per caso ad emettere versacci in un microfono, ma di un duo di frontwoman che, pur con tutti gli evidenti limiti del caso, ce la mette tutta per fare del proprio meglio, senza troppe presunzioni e parecchia grinta.

Un arma a doppio taglio questo “slut metal” per i Butcher Babies. L’apparenza aiuta, ma rischia, parimenti, di far passare in secondo piano un profilo artistico per nulla disprezzabile e con qualche buona carta da giocare.
Al di la di tutto, una performance dal tiro notevole al termine della quale, pur senza sconvolgimenti, possiamo dire di esserci pure divertiti…

Setlist:

I Smell a Massacre
The Mirror Never Lies
Goliath
C8h18 (Gasoline)
Jesus Needs More Babies for His War Machine
National Bloody Anthem
Mr. Slowdeath
The Deathsurround
In Denial
Magnolia Blvd

Encore:

Dead Poet
Axe Wound