Hard Rock

Live Report: Rhapsody of Fire + Scorpions @Pala Trieste 13/11/2015

Di Filippo Blasetti - 29 Novembre 2015 - 11:49
Live Report: Rhapsody of Fire + Scorpions @Pala Trieste 13/11/2015

Sono andato al concerto degli Scorpions al PalaTrieste relativamente scettico. Si tratta di un gruppo che ho sempre trovato un po’ monotono per i miei gusti e che a parte i grandi classici che tutti conoscono, conoscevo poco o niente della loro carriera ormai trentennale. Come spesso si va a pensare in questi casi, un gruppo di persone un po’ in la negli anni che si ripropone per l’ennesima volta, potenzialmente potrebbe essere un “voglio ma non posso” con un retrogusto di vecchio (come capitatomi ad esempio l’ultima volta che ho visto i Deep Purple). Ma un gruppo con un seguito del genere, nella mia città, con inoltre a fare da apertura i Rhapsody of Fire, con formazione ormai risaputamente rimaneggiata, mi sono bastati per decidere di andare al concerto e cercare di divertirmi il più possibile. Non ero mai stato al PalaTrieste per un concerto, e devo dire che si presta veramente bene, praticamente nessun intasamento di traffico, parcheggio agevole nelle immediate vicinanze, servito dai mezzi pubblici, e non ho notato nessun tipo di fila o congestione all’ingresso né tanto meno quando è arrivato il momento di uscire.

La struttura del palco mi ha subito colpito, imponente, ed il fatto che i RoF fossero totalmente schiacciati verso il fronte palco, con un telo a coprirne la maggior parte dietro a loro, lasciava presagire che fosse uno spettacolo studiato al millimetro e del quale si voleva evitare di svelare qualsiasi dettaglio.

I RoF hanno purtroppo avuto poco tempo a disposizione, ma una band come loro sa fare di necessità virtù, e di conseguenza iniziare con Emerald Sword è stata sicuramente una mossa studiata ed un colpo ben piazzato al pubblico che a poco a poco riempiva il palazzetto in vista del grande show. Tutti in grande spolvero, ma purtroppo il volume era particolarmente basso (abbiamo saputo poi da fonti attendibili che trattavasi di imposizione dalla produzione di non superare un certo livello di Db al quale la band ha dovuto adattarsi. ndr) con conseguente poco trasporto da parte della maggioranza del pubblico, e  qualche indecisione nell’uscita del suono che ogni tanto rovinava la magia. Fabio Lione ha fatto capire a tutti per l’ennesima volta, come se ce ne fosse bisogno, di essere in splendida forma, e che la sua voce, nel nostro panorama musicale nazionale è ben oltre a tutti gli altri come potenza, estensione, gestione, espressività e versatilità. Il nuovo innesto Alessandro Sala sembra essersi calato perfettamente nella realtà della band, e l’amalgama è visibile ad occhio nudo sul palco, esecuzione cristallina e presenza scenica giusta e mai fuori dalle righe, come tutti gli altri, cosa che di conseguenza aiuta a rinforzare l’identità della band stessa.

Il secondo brano è Lamento Eroico, in cui Lione sfoggia tutta la sua estensione vocale cantando senza intoppo alcuno tutte le parti, lasciando di stucco i cantanti presenti tra il pubblico. Poi viene il momento che personalmente attendevo di più di questo pre-show, l’anteprima del singolo appartenente al nuovo disco “Into The Legend” di cui oggi sono stati diffusi Artwork e tracklist. La canzone è molto orecchiabile, le parti ritmiche studiate e molto divertenti in senso tecnico, si sente la deviazione verso un metal più ruvido e meno “barocco” nella composizione, pur mantenendo vive le componenti caratteristiche dei RoF quali orchestrazioni complesse e simili. “Magic of the wizard’s dream” viene preceduta da una breve introduzione da parte di Fabio atta a rendere omaggio al compianto Christopher Lee, amico di vecchia data della band, recentemente scomparso. Un lungo applauso ne accompagna l’introduzione, e l’esecuzione è trionfale. Finale “scontato” con Dawn of Victory, che come ogni volta mi riporta alla memoria le scorribande adolescenziali con gli amici, quando nel mio Walkman erano sempre presenti i Rhapsody, come d’altronde….Gli Scorpions.

Una volta usciti gli applauditissimi Rhapsody of Fire, ecco che davanti al palco vengono issati dei teli serigrafati con le grafiche del tour degli Scorpions, con la corona in metallo, a coprire completamente tutta la visione del palco stesso. L’attesa di circa 20 minuti permette a tutti di fare una pausa per una birra e qualche chiacchiera con gli amici.

Poi si comincia.

Un’introduzione strumentale fa capire subito a tutti che il veto sui volumi imposto ai Rhapsody of Fire per gli Scorpions non vale: le sonorità sono perfette, veramente un ottimo sound, che lascia presagire una grande performance, soprattutto se messo in relazione con quanto il fino a quel momento invisibile palco infine si rivela di essere. Un primo livello con tanto di passerella estesa verso il pubblico, ospita voce, chitarre e basso, che alle loro spalle hanno un rialzo di circa 2 metri, al disopra del quale si trova un secondo palco che ospita la batteria, che a sua volta alle sue spalle è sovrastata da uno schermo di dimensioni epocali sul quale vengono proiettate immagini in diretta, montate in modo magistrale da una regia in tempo reale che lascia tutti di stucco. Animazioni in CGI integrate con immagini più o meno elaborate del live in corso rendono il tutto una sorta di videoclip dal vivo, che in un primo momento mi fa distogliere l’attenzione dalla musica. Il “muro” in basso di cui sopra, è anch’esso oggetto di proiezioni in diretta anche se spesso con temi diversi da quelli presenti sullo schermo principale ma atte ad integrarne il tema.

Veramente uno spettacolo.

A questo punto viene da pensare che tutto un circo di questo livello (altissimo peraltro) sia stato escogitato per sopperire ad una qualche mancanza magari dovuta all’età di un qualche componente del gruppo.

Macché. Sembra di vedere dei ragazzini sul palco per la prima volta, 

Meine canta come in un disco, nelle riprese l’età si vede che ha portato i suoi segni, ma la sua voce è esattamente la stessa, le canzoni sono in tonalità originale, e chi conosce gli Scorpions sa perfettamente che le loro canzoni, ed in particolare il timbro di Meine non sono qualcosa di comune o facilmente abbordabile. James Kottak è semplicemente fantastico. Dall’alto del suo pulpito batteristico fa capire fin da subito di che pasta è fatto e che non se ne andrà da li finché il pubblico non sarà incendiato. Trascina tutti, cerca sempre il contatto e l’interazione col pubblico, e quando a metà concerto la sua batteria si solleva in aria tirata da quattro catene, comincia il suo assolo, contenente anche riferimenti al compianto Bonzo Bonham, il pubblico va in totale visibilio. In un tripudio di luci e suoni, eseguiti da tutti in modo eccelso, e senza il minimo calo di attenzione in una scaletta studiata ad arte, arriva un momento acustico indimenticabile che vede la tripletta “Always Somewhere – Eye of The Storm – Send me an Angel” che porta tutta la band all’estremità della passerella in mezzo al pubblico, con tanto di chitarra Flying V acustica (mai vista prima dal sottoscritto) che crea un’atmosfera fantastica. Finita “Send me an Angel” con tutto il pubblico che dimostra di saperla più che a memoria, un fischiettare molto familiare si leva dalle casse, e la canzone che tutti aspettavano arriva, a metà concerto in tutta la sua maestosità. Wind of Change è un pezzo pregno di significato a prescindere dal fatto che sia oggettivamente una bella canzone, e questo si sente, lo si vede da come viene eseguita, dall’attenzione che la regia ha messo nella costruzione del “videoclip” che scorre alle spalle della band, che vede un enorme simbolo della pace sopra ad una ricostruzione colorata del muro di Berlino sulla parte bassa del palco, ed in un momento storico in cui i muri stanno ricominciando a fare capolino come sui confini degli stati anche nelle teste delle persone, l’emozione si fa tangibile. Sapere poi a posteriori, che in quel momento, o a distanza di pochi, pochissimi minuti, delle persone come noi venivano uccise senza pietà ha fatto si che quel momento in cui tutti siamo stati esortati a cantare l’inno alla fratellanza scritto dagli Scorpions a fine anni 90 si marchiasse a fuoco nella mia memoria.

Dopo il momento catartico del “set acustico+wind of change” lo spettacolo prosegue esplosivo come la prima parte, arriva il sopracitato “Kottak Attack” e con “Big City Nights” si va a chiudere la setlist di un gran concerto. Passata qualche manciata di minuti, eccoli ricomparire tra le ovazioni del pubblico, ed ecco arrivare un altro arpeggio atteso da molti. Così con “Still Loving You” e “Rock like a Hurricane” i mitici Scorpions fanno esaurire voce ed energie ad un pubblico caldo e partecipe e mandano tutti a far serata per le vie della città con un gran sorriso e la consapevolezza di aver avuto l’occasione di vedere un pezzo di storia della musica non solo Hard&Heavy, ma in generale.

Gli Scorpions hanno dato prova di essere una band completa, in cui il fuoco della musica sta ancora bruciando a temperature elevatissime e che ha ancora parecchio da dire ad un pubblico fedele ed in continuo rinnovamento.

Il 13 Novembre 2015 sarà un giorno da ricordare, per me e per chi era presente. Il giorno in cui ho visto gli Scorpions a Trieste, in cui mi sono reso conto di quanto sia grande questa band e di quanto il messaggio della loro hit più conosciuta sia ancora attuale visti gli eventi accaduti quella stessa sera in quello stesso contesto ai nostri fratelli al Bataclan di Parigi.

Grandissimi.

SETLIST

00. INTRO
01. GOING OUT WITH A BANG
02. MAKE IT REAL
03. THE ZOO
04. COAST TO COAST
05. 70’S MEDLEY
(Top of the Bill, Steamrock Fever, Speedy’s Coming)
06. WE BUILT THIS HOUSE
07. DELICATE DANCE
08. ACOUSTIC MEDLEY
(Always Somewhere, Eye of the Storm, Send me an Angel)
09. WIND OF CHANGE
10. ROCK’N ROLL BAND
11. DYNAMITE
12. IN THE LINE OF FIRE
13. KOTTAK ATTACK
14. CRAZY WORLD
15. BLACKOUT
16. BIG CITY NIGHTS

17. STILL LOVING YOU
18. ROCK YOU LIKE A HURRICANE