Death

Methedras (tutta la band)

Di Daniele D'Adamo - 5 Settembre 2014 - 8:47
Methedras (tutta la band)

 

I Methedras calcano da anni l’italico suolo proponendo un’esplosiva miscela thrash (meno)/death (più) via via arricchitasi di inserti elettronici sì da rendere l’attuale death metal assai visionario e, soprattutto, al passo coi tempi. Uno stile fresco e moderno che trova sublimazione in “System Subversion”, il nuovo album, in origine autoprodotto ma che finalmente ha trovato una degna collocazione discografica. Di questo e di altro Truemetal.it ne parla con la band al completo: Andrea Bochi (basso), Claudio Facheris (voce), Eros Mozzi (chitarra) e Daniele Gotti (batteria).   

 

Da “Katarsis”, uscito nel 2009, sono passati ben cinque anni, appunto. Come mai?

Daniele: dopo l’uscita dell’album abbiamo avuto diverse date importanti e preferivamo concentrarci di più a livello live che a livello compositivo. Nel 2011 siamo inoltre rimasti con un solo chitarrista e questo è stato un po’ il fattore che ci ha fatto rallentare… cercare di comporre del materiale completamente nuovo, ricercando suoni ed elettroniche completamente fuori dal tuo genere è stato diverso, e questo ci ha fatto allungare i tempi. Però siamo soddisfatti del lavoro che abbiamo svolto.

Eros: Il processo compositivo nel gruppo di per sé e un po’ lento. Finito un lavoro, ci preoccupiamo della sua promozione e questo comporta naturalmente il coinvolgimento in impegni vari, sopratutto live. Tutto questo rallenta la stesura dei pezzi, e poi è bello fermarsi un attimo a godersi le proprie fatiche!
I Methedras calcano da anni l’italico suolo proponendo un’esplosiva miscela thrash (meno)/death (più) via via arricchitasi di inserti elettronici sì da rendere l’attuale death metal assai visionario e, soprattutto, al passo coi tempi. Uno stile fresco e moderno che trova sublimazione in “System Subversion”, il nuovo album, in origine autoprodotto ma che finalmente ha trovato una degna collocazione discografica. Di questo e di altro Truemetal.it ne parla con la band al completo: Andrea Bochi (basso), Claudio Facheris (voce), Eros Mozzi (chitarra) e Daniele Gotti (batteria).

“Katarsis” è stato pubblicato dalla Punishment 18 Records, mentre “System Subversion” è autoprodotto. Cos’è successo, con la label italiana?

Andrea: niente, siamo rimasti in ottimi rapporti. Corrado Breno è uno dei migliori e più corretti in tutta Italia, semplicemente volevamo una label più grossa che potesse lanciarci nel mercato internazionale, e – notizia dell’ultima ora – abbiamo appena firmato con l’americana Pavement Music per la stampa e distribuzione di “System Subversion” a livello mondiale!

 

Malgrado ciò, il suono del disco è tutt’altro da quello che ci si aspetterebbe da una produzione indipendente. Come avete fatto a ottenere questi eccellenti risultati, anche in termini d’investimento?

Daniele: ognuno di noi ha un lavoro (fortunatamente). Stringendo i denti abbiamo investito quello che riuscivamo, e sicuramente il merito di questo lavoro va a noi che ci abbiamo creduto ma soprattutto al grande lavoro svolto da Simone Mularoni dei Domination Studio e dal supporto e aiuto di un grande amico: Simone Bertozzi.

Eros: per questo dobbiamo ringraziare Mularoni e il suo staff, a partire dai suoni di chitarra, che abbiamo valutato in vari set up, a quello di basso, ricercato per amalgamarsi bene con le nuove composizioni, fino ad arrivare alla batteria e voce, tutto il lavoro sono consigli partiti dallo studio e da noi poi elaborati per arrivare al risultato attuale.

Non c’è soltanto il sound di “System Subversion”, ad essere fuori dalle righe, ma anche il suo stile, ormai diretto verso il death metal. Death metal modernissimo, ricco – com’è ovvio che sia data la storia della band – di passaggi thrash. È stata una scelta a tavolino, oppure il frutto di un’evoluzione naturale?

Daniele: qualcosa di “diverso” dal solito volevamo farlo, poi gioca anche il ‘fattore membri’. I Methedras in ogni album hanno cambiato batterista, io ho registrato sia “System Subversion” che “Katarsis” nel 2009, ma a quei tempi mi sentivo ancora troppo ‘indietro’ rispetto a quello che volevano fare, per il semplice motivo che non c’eravamo ancora amalgamati bene. Con questo disco siamo riusciti a conoscerci, sia a livello personale che musicale, e infatti è un disco più compatto e violento del precedente, siamo riusciti a trovare una giusta coesione tra noi, cosa che probabilmente mancava prima.

Claudio: no, nessuna scelta a tavolino riguardante l’evoluzione stilistica della band, se non forse l’inserimento delle azzeccate parti di elettronica delle quali volevamo dotarci (ma senza assolutamente abusarne) per provare a vedere come sarebbe stato integrarle nel nostro sound. Devo dire, anche se ero inizialmente scettico, che il risultato mi ha entusiasmato e il lavoro di Simone Mularoni in regia è per l’ennesima volta la conferma che ci siamo affidati alla persona migliore! Il passaggio da thrash a death invece non lo trovo così evidentemente marcato (anche se comunque il death la fa da padrone…), soprattutto analizzando i brani della seconda parte dell’album, per esempio “Thrown Away” o “Blood Oil”, molto legati alla nostra radice thrash iniziale anche se con alcuni spunti innovativi… comunque l’evoluzione non è ancora finita!

Eros: assolutamente un’evoluzione! Il tutto fa parte di una crescita musicale influenzata dai nostri lavori precedenti e da tutte le esperienze accumulate in questi anni a sudare sui vari palchi.

 

Definizioni a parte, in “System Subversion” si percepisce il chiaro ‘marchio di fabbrica’ dei Methedras. C’è ancora qualcosa da ritoccare, da aggiustare, da aggiungere, in esso?

Claudio: credo che “System Subversion” vada bene così com’è stato creato sin dagli esordi, forse avremmo potuto affinare meglio un paio di canzoni ma direi che è più che soddisfacente… come dicevo prima però l’evoluzione non ha fine e quindi esistono già ottimi spunti di ripartenza per il prossimo album perché siamo in continua evoluzione come persone, musicisti e concezione di band.

Eros: sarebbe limitativo fermare il processo di crescita. C’é sempre da aggiustare e crescere e, come detto prima, siamo influenzati dalle nostre esperienze che vengono tramutate in musica. Questo fa sì che non saprai mai cosa ci sarà nel prossimo lavoro in studio, in più nel futuro del gruppo ci saranno delle novità che porteranno a delle naturali evoluzioni, ma è ancora presto per fare proclami.

La copertina. Qual è il suo significato? C’è un concept, dietro ad essa e alle canzoni?

Andrea: la copertina, come tutto l’artwork del disco, è stata ideata e realizzata dal grande artista visionario Seth Anton Siro, leader dei grandi Septic Flesh nonché autore delle più belle, cupe e ‘malate’ copertine di artisti del calibro di Exodus, Moonspell, Rotting Christ e molti altri. Noi gli abbiamo semplicemente passato alcuni pezzi, i testi e delle foto e lui ha fatto tutto il resto: ci è sempre piaciuto come artista e volevamo assolutamente un pezzo originale del suo genio per il nostro disco, tutto qui!

 

A proposito delle canzoni, come sono state create, costruite, rifinite? Sono frutto di sedute di prova programmate oppure… vengono da sé?

Daniele: ore e ore di sala prove, chi porta il riff di chitarra, chi una linea vocale, chi un pezzo di batteria… ci mettiamo lì tutti insieme e ascoltiamo e creiamo il mostro. Lavorando così i pezzi sono molto più personali: tante teste per un unico risultato.

Claudio: ogni song parte prevalentemente da un riff di chitarra e in minore quantità da una melodia vocale, ma tutto ciò che ne segue avviene ormai in modo naturale perché la tecnica costruttiva del brano è un motore ben oliato che ha bisogno di pochissima manutenzione. Il tutto si svolge in sala prove, perché è lì che sentendo tutti contemporaneamente cosa uno di noi vuole proporre, possiamo esprimerci al meglio. Poi certamente ci si lavora in modo personale a casa o nelle seguenti session in sala, ma il banco di prova finale resta sempre la sala prove.

Eros: il lavoro di composizione parte da delle idee del singolo poi elaborate da tutti i componenti. Principalmente iniziamo dai riff di chitarra e lasciamo che evolvano fino ad arrivare a un’idea che ci soddisfi. Personalmente odio buttare lì parti di chitarra e fare un minestrone di riff: parto da un’idea e cerco di lavorarci finché il pezzo non gira: alla fine deve piacerti, perché se non piace a te non puoi sperare che piaccia ad altri!

Il vostro livello tecnico è molto elevato. Assai lontano da qualsivoglia underground frequentato da dilettanti. Qual è il vostro background culturale?

Daniele: suoniamo tanto ma soprattutto ascoltiamo un sacco di roba, generi e stili diversi, che ci portano ad aprire di più gli occhi e sperimentare o perlomeno, cercare di fare qualcosa di nuovo. Ascoltiamo di tutto: dal prog al jazz, dal metal più estremo al power più melodico, e questo ci ha fatto crescere molto. Per me una cosa importante è conoscere gente nuova, musicisti nuovi che diano sempre uno stimolo in più per migliorare e crescere musicalmente.

Claudio: beh, prima di tutto ti ringrazio per il complimento perché è molto lusinghiero. Significa che forse la gente inizia a capire quanti sforzi abbiamo fatto per raggiungere un determinato livello. Devo però riconoscere che il livello qualitativo dei musicisti italiani che stanno nell’underground è notevolmente salito di livello in poco tempo, segno che forse già partendo dalle nuove generazioni stiamo ritornando a essere una nazione ricca di talenti musicali che non vogliono bearsi delle proprie capacità innate ma vogliono crescere, un po’ come abbiamo fatto noi in tutti questi anni. Non si smette mai di crescere. Noi Methedras veniamo da ambienti culturali diversi ma uniti da una grande passione per la musica: c’è chi c’era già immerso a tre anni o chi la sente instancabilmente a tutte le ore del giorno in varie salse perché magari anche altri componenti delle singole famiglie suonano uno strumento in casa. Quindi la musica non ci lascia mai soli e questo è un bene perché lo spunto interessante o la famosa ‘lampadina che si accende’ può scaturire dalle cose più impensabili! Inoltre, abbiamo tutti una base conoscitiva musicale variegata, basata sui propri gusti personali che spaziano dalle varie sfaccettature del metal, passando dall’hard rock, al rock o al pop per arrivare a sorpresa anche alla fusion, al jazz o alla classica. Come ti dicevo prima la musica ci accompagna tutto il giorno tutti i giorni quindi poi le influenze sono molteplici.

 

Metal estremo e pagnotta, in Italia, rappresentano un binomio inconciliabile. Qual è il vostro compromesso per sopravvivere?

Daniele: portare a casa la pagnotta con un lavoro e cercare di suonare il più possibile per non perdere lo stimolo e la fame di musica: Perché se vogliamo toccare il tasto locali/cachet lasciamo perdere che è meglio, ahahah!

Claudio: gran bella gatta da pelare questa! Personalmente per vivere faccio i turni, ho allargato la famiglia e sono sempre più stanco e vecchio. Ma con la stessa grinta di quando ho iniziato sia sul palco sia nella vita normale. Il punto è che purtroppo tutto questo non basta più perché le esigenze e le priorità personali sono cambiate nel corso degli anni quindi a volte le due cose diventano, e lo dico con un groppo in gola e col cuore pulsante e grondante sangue in mano, davvero inconciliabili. Gioco forza la band si evolve in continuazione per il raggiungimento di un fine ultimo per il quale anche altri membri della band fanno sacrifici quotidiani, anche se in situazioni diverse dalla mia. Ma è proprio vero il detto che «dove finisce la tua libertà inizia quella di un altro»: si chiama ‘evoluzione’ ed è inesorabile! Tutto quello che si è potuto investire nella band in termini di energie, tempo, sacrifici sociali ed economici, beh, ti assicuro che ognuno di noi l’ha fatto di buon grado e con estrema passione e professionalità, perché in caso contrario avrebbe fatto male a se stesso e mancato di rispetto agli altri. E anche se i ‘tempi moderni’ sono estremamente duri, ci si prova sempre per una passione comune, finché si può, perché la volontà non ci è mai mancata!

Siete in tour? Ne avete in programma? E, a proposito, cosa volete dire ai lettori di Truemetal.it, che senz’altro vi verrebbero a vedere?

Andrea: sì, in autunno avremo diverse date sia su territorio italico che in Europa. Queste ultime in supporto a una leggenda americana quali sono i Solstice, per la prima volta nel vecchio continente. Quindi vogliamo dire ai lettori di Truemetal.it di mantenere alta la fede, supportare il più possibile l’underground italiano, visto che lo merita, e venire in massa ai nostri concerti perché si porterebbero a casa un ottimo ricordo di una serata vera vissuta con passione e sudore, condita da un metal potente e incazzatissimo!

Intervista a cura di Daniele “dani66” D’Adamo