Thrash

Project Lehmann (Mat Lehmann)

Di Valter Pesci - 9 Settembre 2015 - 9:52
Project Lehmann (Mat Lehmann)

È una giornata da caldo record e dall’afa insopportabile qui nel capoluogo emiliano, ma non lasciamo che il clima avverso ci precluda la possibilità di scambiare due parole con un personaggio affabile e dalle mille sfaccettature artistiche, il quale, ne siamo certi, ci renderà questo compito più lieve e piacevole. Siamo in compagnia di Mat Lehmann, fondatore e leader dell’omonimo progetto di recente nascita, il Lehmann Project, nonché membro storico e co-fondatore dell’apprezzatissima e consacrata thrash metal band Neurasthenia.

 

 

Ciao Mat. Anzitutto, bentornato su TrueMetal e complimenti per le soddisfazioni che hai avuto modo di toglierti nel corso degli anni con i “Neura”.

Ciao, grazie a voi per avermi invitato, è sempre un onore e accolgo le tue congratulazioni con molto piacere.

Parlaci un po’ della decisione di fondare un nuovo gruppo e della vostra proposta artistica. Come e quando ha avuto origine questa nuova avventura?

Ho deciso di formare i Lehmann solo dopo aver concluso il disco, che in verità nel principio fu solo un mio esperimento per dare sfogo a nuove idee, poi sono stato talmente soddisfatto del risultato che ho deciso di rendere pubblico questo materiale… senza stare tanto a chiedermi se potesse piacere o no: ho esposto al mondo un mio stato musicale attuale.

Quali sono le principali influenze della band e le differenze sostanziali rispetto al sound tipico dei Neurasthenia?

Le influenze, e probabilmente potrebbe sembrare strano, derivano da tutto il repertorio musicale da me assorbito durante questi trent’anni, metal e non. Ho voluto esprimere quella che è la mia visione di un mondo interpretandolo con le mie note. La differenza è notevole: scrivendo anche i brani dei Neurasthenia, insieme a Neil (Grotti, singer e chitarrista della band, n.d.r.), volevo proporre un metal diverso, anche nel messaggio che voglio trasmettere personalmente alla gente. I Neura vogliono urlare a tutti che stanno male per come vanno le cose, che sono stanchi di un sistema d’élite volto ad annichilire le classi meno abbienti; nei Lehmann, invece, voglio incoraggiare chi mi ascolta a farsi forza e non lasciarsi andare, farsi valere in mezzo a questa giungla di pazzi che rincorrono il benessere materiale perdendo di vista il concetto di vita.

Nonostante, come detto, questo tuo side-project sia relativamente giovane, sappiamo che avete già avuto una fiorente e imponente attività live, condividendo il palco con icone del mondo metal. Raccontaci tutto…

Si, il progetto è partito piuttosto in fretta: in primis è stato promosso in Russia, dove sin dall’inizio ho riscontrato un grande interesse, confermato dai due soddisfacenti tour che ci hanno visti protagonisti proprio in terra russa. Nel 2014 la firma con Massacre Records ha aperto i canali per iniziare la promozione anche in Europa e Italia, dove ho avuto l’estremo piacere di supportare Testament e Carcass, nonché i Vader in Repubblica Ceca ed i Dark Tranquillity durante tutto il loro tour europeo. Sono seguite altre date con Extrema e Folkstone in Italia, dove al momento sto pianificando alcune date invernali.

 

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Parliamo ora del vostro riuscitissimo debut album, “Lehmanized”.

Wow, devo cercare di non dilungarmi molto, perché questo disco è lo sviluppo di anni di sperimentazione, soprattutto su me stesso: nel giro di qualche mese mi sono totalmente messo alla prova come cantante e ho fatto un salto nel vuoto. Non so perché, ma mi andava, sentivo che dovevo farlo per me stesso in primis. Adoro cantare e mi piace sentire la mia voce, per il momento per lo meno. Devo dirti che ho avuto un po’ di timore a presentarmi solo come cantante dopo 20 anni in cui ho ricoperto solo il ruolo di bassista sul palco (sì, ho iniziato presto, a undici anni). Ma alla fine ero così contento del risultato che volevo veramente condividerlo con tutti. Questo disco è la mia passione più incontaminata verso questo tipo di genere, ho scritto tutto talmente e in fretta che ho impiegato solo quattro mesi per terminare il lavoro, compreso mix e master. Mi sono letteralmente lasciato guidare dalle mie sonorità interiori.

È previsto un nuovo lavoro in studio nell’immediato futuro?

Sì certo, ho già mezzo disco fatto più o meno. Ma sono ancora molto indeciso sulla sorte di questo nuovo album, devo ancora decidere che inclinazione dargli. Comunque sia è ancora presto, al momento sono molto impegnato a comporre per i Neurasthenia e sono rientrato nel mood. “Lehmanized” è uscito in Europa solo da un anno, e c’è ancora molta promozione da fare.

Adare un tocco di internazionalità in più c’è anche la presenza in organico di un componente straniero, parlaci un po’ del vostro chitarrista e dei vari cambi di line-up.

Ok, partiamo dal presupposto che in Italia, non me ne vogliate, è difficile trovare musicisti disposti a fare tanti sacrifici per un progetto musicale volto a imporsi in un mondo sempre più invaso da nuovi gruppi e concorrenza. I cambi di line-up sono dovuti proprio al fatto che, quando si arriva a rendersi conto di quanto sia difficile vivere solo per la musica, certe persone tendono ad adagiarsi su una vita normale, minimizzando i sacrifici; mentre, si sa, quella del musicista, non è affatto una vita normale. Ecco perché amo lavorare con persone che sono disposte a sforzi enormi per affrontare questo percorso, in cui la maggior parte delle volte sembra di partecipare ad una gara monopolizzata da chi ha più soldi da investire. Sì, ho “arruolato” (termine adatto, dato che è un ex militare) un russo. Il nostro incontro è stato casuale ma è ben presto sfociato in una profonda amicizia, sulla base di un grande rispetto tra persone che condividono, da migliaia di chilometri, lo stesso stile di vita. Ivan Demichev si è inserito nella mia famiglia di musicisti con ottima armonia, è come se tutti ci conoscessimo da tantissimi anni.

 

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Per concludere, ci hai citato le varie notevoli collaborazioni che arricchiscono il vostro curriculum a livello di gruppo. Illustraci alcune tue analoghe esperienze personali, come musicista e come sound engineer.

Lavorare con Blaze Bayley come session è sicuramente stata una buona esperienza, anche se veramente stressante: lui è una persona molto strana, che si vede costretto a sopravvivere nel mondo musicale e che ha sposato l’idea di non offrire più una proposta di insieme, ma una realtà in cui ruota tutto esclusivamente intorno a lui e dove è l’unico che ci mette la faccia (con i pro e i contro del caso).

Io, pur essendo partito da solo, sto comunque arrivando al mio scopo di riunire nella mia band elementi che ruotano anche al di fuori del mio lavoro con i Neurasthenia, per darmi comunque la possibilità di suonare anche con altri ottimi musicisti. Ho voluto comunque ospitarlo nel mio disco proprio perché mi sembrava giusto e onorevole avere la possibilità di cantare con un personaggio che ha contribuito alla storia di una grande band come gli Iron Maiden.

Ti confesso che, fino all’ultimo minuto, sul disco doveva essere presente anche Steve Di Giorgio, con cui mi sono messo in contatto qualche tempo prima della sua realizzazione. Ne abbiamo parlato anche in occasione di un nostro incontro a Brescia; mi ha fatto un piacere enorme riscontrare che un guru come lui dimostrasse tanto interesse nel collaborare con me. Sfortunatamente (grande figata per lui, in realtà), è stato riassunto dai Testament proprio nel periodo in cui stava iniziando ad arrangiare alcuni brani del disco. Posso dirti che ho avuto il piacere di lavorare con tantissimi artisti nazionali ed Internazionali, con ragazzi che stanno partendo adesso, e che realizzano il loro primo cd. Quello che adoro è condividere esperienze di vita musicale, di passione in questo genere e vedere che è ancora vivissimo. Credo che ci sia sempre qualcosa da imparare, sia dai grandi, ma anche dai “piccoli” artisti, tutto è di ispirazione. Se non ci fosse la musica, non potrei parlare con il mondo. Ciao a tutti!

Grazie a te dell’interessante chiacchierata. Ciao e buona fortuna!