Recensione: A Dream-Letter to the Witches of Western Europe

Di Marco Donè - 21 Dicembre 2016 - 0:01
A Dream-Letter to the Witches of Western Europe
Band: Fury N Grace
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2016
Nazione:
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80

A distanza di ben cinque anni dall’ottimo Diabolism of Conversation, tornano a far parlare di sé i varesini Fury N Grace. A chi non conoscesse la band lombarda, e quindi non avesse idea della caratura artistica del quartetto, basti dire che il nome Fury N Grace è strettamente legato a quello di Doomsword e Gjallarhorn. Ne condivide, infatti, vari componenti, a partire dal fondatore Emiliano Bertossi, meglio noto come Wrathlord.

 

I Fury N Grace rappresentano sicuramente il lato più ambizioso e, in un certo senso, fuori dagli schemi concepito da Bertossi. Caratteristiche che, ovviamente, troviamo anche nel nuovo A Dream-Letter to the Witches of Western Europe, disco che ci apprestiamo a curare in queste righe. Rispetto a Diabolism of Conversation incontriamo un avvincendamento in lineup: al posto di Deathmaster, singer che conosciamo bene, vista la sua militanza nei seminali Doomsword, fa il suo ingresso in formazione Franco Campanella, già attivo con gli Speaking Hour.

 

Dopo le dovute presentazioni, possiamo iniziare a parlare di quello che a noi interessa di più: la musica. È sempre stato complesso catalogare in un determinato filone i Fury N Grace e anche in questa terza fatica ci troviamo ad affrontare la stessa difficoltà. Un difetto? Assolutamente no, anzi, un pregio, verrebbe da dire. Il quartetto di Varese, infatti, non pone limite alla propria espressività e, sapientemente, mescola prog di derivazione settantiana, doom, heavy, teatralità, follia, oscurità e melodia come pochi hanno saputo fare finora. A Dream-Letter to the Witches of Western Europe risulta essere un caleidoscopio in musica, un portale capace di condurci in una dimensione parallela a cui è impossibile resistere e, affascinati, ne saremo presto prigionieri. Il disco si apre con Grand Guignol che, dopo un intro di voci alquanto deliranti, parte con una melodia tipicamente heavy per poi esplodere in una sorta di progressive-doom, perfettamente interpretato dal nuovo innesto Franco Campanella. Proprio Campanella risulta capace di donare una veste ancora più variopinta al sound del combo varesino, grazie a una voce calda e a un’interpretazione teatrale che ricorda da vicino l’Andi Deris più ispirato. Grand Guignol si articola in oltre dieci minuti, che sembrano però volare in un secondo, ipnotizzando l’ascoltatore. Opening track che funge alla perfezione da biglietto da visita per l’intero album, capace di rendere subito l’idea di cosa ci aspetti nel prosieguo del disco. Quanto di buono espresso dalla prima traccia viene valorizzato con la successiva The Ossuary, in cui tocchiamo uno punti più elevati del platter. Song spettrale capace di muoversi tra prog, heavy e doom con una maestria che solo i grandi nomi possono vantare, mettendo in luce tutta la personalità dei Fury N Grace. Lo stacco strumentale verso metà canzone fa letteralmente sobbalzare sulla sedia, uno stacco di quelli capaci di mietere vittime, in cui l’animo Doomsword viene riportato alla luce sotto un’ottica più letale e attuale. Senza considerare l’accelerazione finale nella quale risulta impossibile trattenere l’headbanging. Ma queste trame articolate e ispirate, la capacità di tenere sempre viva l’attenzione dell’ascoltatore trasmettendo sensazioni forti, sono aspetti che incontriamo in tutta la durata del full length, in tutti i suoi oltre settanta minuti di musica.

 

Focalizzandoci su questo aspetto, sulla durata del disco, sul suo superare ambiziosamente e abbondantemente l’ora, non possiamo che restare sorpresi da A Dream-Letter to the Witches of Western Europe. Azzardando un ragionamento scomodo, proviamo a spiegarci meglio: ci troviamo in un periodo spesso caratterizzato da lavori che, dopo un certo minutaggio, faticano a lasciare il segno con il rischio del già sentito dietro l’angolo. A opere in cui l’originalità, la personalità, la freschezza, la capacità di trasmettere qualcosa all’ascoltatore tendono a venir meno, a causa di una moda che punta a ripescare formule vincenti dal passato senza saperle integrare con qualcosa di proprio. In mezzo a tutto questo, l’operato dei Fury N Grace va in controtendenza. Si allontana dalle mode e dal facile easy listening, riuscendo nel difficile compito di fare centro in tutti i punti citati poco sopra. Forse ci ripeteremo, ma tale caratteristica appartiene solo ai grandi, e scusate se è poco. Ci troviamo così innanzi ad autentiche gemme come Night of the Mandibles, gli oltre dieci minuti della title track, Nuove frontiere del Delitto, Gloria in Excelsis Baphometto e gli oltre undici minuti della conclusiva The Secrecy of Small Creautures with Six Legs. Come dicevamo, però, è il disco in tutta la sua interezza a convincere. Il suo continuo rimbalzare tra vari generi abilmente amalgamati, l’inserimento di strumenti a fiato nelle trame di alcune song, il trovarsi ad affrontare passaggi disturbanti che donano spettralità alle singole tracce, tutti elementi che risultano vincenti nell’economia del platter.

 

La prestazione dei singoli è di primissimo livello, e mette in evidenza una grande abilità compositiva e una capacità di inserire passaggi strumentali articolati che non appesantiscono l’ascolto. Tutto ruota attorno alla struttura canzone, facendo emergere, di volta in volta, nuovi particolari non notati in precedenza. Molta attenzione era rivolta al nuovo singer, sostituire Deathmaster non è certo cosa semplice. Franco Campanella risulta però ottimo cantore per le folli e complesse trame dei Fury N Grace, riuscendo a non far rimpiangere l’illustre predecessore, regalando una prestazione sentita e convincente, oltre che tecnicamente ineceppibile.

 

Con A Dream-Letter to the Witches of Western Europe i Fury N Grace confermano tutte le loro potenzialità, candidandosi al ruolo di cult band, dimostrando, una volta in più, come il territorio italiano sia capace di sfornare compagini di prim’ordine che non hanno nulla da invidiare a formazioni estere. Un ritornello che viene ripetuto da tanto, troppo tempo ma che spesso, per una strana mania esterofila insita nel DNA del metalhead italiano, sembra non venire preso in considerazione. Per poter ambire a qualcosa in più a livello internazionale, ottenere il rispetto che tante volte pretendiamo, dovremmo innanzitutto imparare a valorizzare i nostri tesori, le nostre punte di diamante. I Fury N Grace rientrano di diritto in questo novero e con la loro terza fatica non deludono le aspettative che avevano saputo creare. Il passo successivo spetta ora ai fruitori di musica, spetta a noi…

 

Marco Donè

 

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