Recensione: A Gentleman’s Hurricane

Di Riccardo Angelini - 5 Gennaio 2008 - 0:00
A Gentleman’s Hurricane
Band: Mind’s Eye
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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84

Dacché gli Shadow Gallery hanno iniziato a godere del minimo sindacale di visibilità (ovvero dalla pubblicazione di “Room V”) e i Threshold hanno potuto fruire delle attenzioni promozionali della chioccia InsideOut, nella nutrita schiera dei pretendenti al titolo di “progressive metal band più sottavalutata del pianeta” i Mind’s Eye si sono affermati facilmente nel novero dei favoriti. Poche formazioni hanno saputo garantire una produzione discografica di livello tanto alto con la medesima continuità. Ma nemmeno il (meritato) successo di quel gioiellino di “Walking on H20” è bastato ad assegnare al combo svedese lo status di realtà di prim’ordine del quale godono – tanto per fare qualche nome – i connazionali Pain Of Salvation e The Flower Kings. A voler vedere il bicchiere per forza mezzo pieno, si potrebbe del resto dire che, priva di particolari pressioni da parte di pubblico e critica, la band ha avuto come al solito completa carta bianca dalla label Lion Music, e senza porre tempo in mezzo ne ha approfittato per dare libero sfogo ai propri strumenti.

 

Certo, considerato il lasso temporale alquanto breve che separa “A Gentleman’s Hurricane” dal predecessore, qualcuno potrebbe pronosticare un lavoro raffazzonato in quattro e quattr’otto, in ossequi al noto “battere il ferro finché è caldo”. Grazie al cielo – anzi, grazie ai Mind’s Eye – siffatti pronostici sono destinati a essere rapidamente delusi: l’album testimonia una volta in più il talento e la concretezza di questo trio scandinavo, che da parecchi anni a questa parte non sbaglia un colpo – le sorprese vengono piuttosto da un’altra direzione. “A Gentleman’s Hurricane” riscopre infatti le radici metal della band, irrobustendo il progressive rock della pregressa uscita con massicce influenze heavy e ammantandolo dell’ormai tradizionale vello sinfonico, che tuttavia qui si presenta con un insolito taglio cinematografico.

Nonostante una qualità audio non sempre perfetta (in questo senso si può segnalare l’unico passo indietro rispetto a “Walking In H2o”), la cura degli arrangiamenti si conferma tra i punti di forza del trio scandinavo, e tanto maggiore appare il loro pregio se si considera che sono stati improvvisati in studio dal vivo, saltando a più pari le prove preliminari e la fase di pre-produzione. Impressionante è del resto la ricchezza del materiale, non ultimo dal punto di vista quantitativo: senza un attimo di tregua i tredici brani si estendono per settantacinque primi abbondanti, senza traccia di riempitivi o passi falsi di sorta. La medesima opulenza sonora è del resto rintracciabile nei singoli brani, a tal punto saturi di intrecci melodici e variazioni ritmiche da rischiare di stordire l’ascoltatore giunto impreparato su questi lidi. Provvidenziale salvagente diviene allora l’abbordabilità dei refrain – valga per tutti il caso di “AssasiNation”, che alla ricercatezza della base ritmico/melodica contrappone un chorus sfrontato e di facile assimilazione.

                                                                                                      

Saranno comunque  necessari numerosi ascolti per apprezzare pienamente il lavoro di questi tre anfitrioni biondocriniti. Se il pregio maggiore di “Walking On H20” era la freschezza delle melodie, la cui immediatezza aveva buon gioco nel mascherare la complessità delle strutture, “A Gentleman’s Hurricane” sacrifica in parte tale apparente semplicità in favore di un sound più potente e – in tutti i sensi – pesante.

Non tragga del resto in inganno l’iniziale riferimento all’approccio cinematografico delle composizioni: “A Gentleman’s Hurricane” si colloca agli antipodi di qualsiasi concezione della musica come mero sottofondo, ribaltando anzi il concetto stesso di colonna sonora. Secondo le disposizioni del mastermind Daniel Flores, infatti, l’album è stato corredato di una graphic-novel che ne esplica i contenuti, in modo tale che la musica resti protagonista mentre le immagini fungono da complemento – e non viceversa.

L’antifona sarà ormai chiara: chi è stato finora aduso ad associare il nome dei Mind’s Eye al concetto di qualità non dovrà cambiare abitudini, chi invece fosse nuovo a queste rive potrà cogliere l’occasione per iniziare a frequentarle.

 

Riccardo Angelini

 

Tracklist:

01. Praying For Confession
02. Seven Days
03. AssassiNation
04. Chaos Unleashed
05. Hell’s Invitation
06. Feed My Revolver
07. Ashes to Ashes (In Land Lullaby)
08. The Hour Of Need
09. Red Winter Sirens
10. Skin Crawl
11. Graveyard Hands
12. Say Goodnight
13. Pandora’s Musical Box

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