Recensione: A Human Into Dreams’ World

Di Mauro Gelsomini - 26 Maggio 2003 - 0:00
A Human Into Dreams’ World
Band: Genius
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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80

Devo esordire con le scuse ai nostri lettori per il ritardo con cui pubblico questa recensione. Ritardo peraltro ingiustificato da parte del sottoscritto, che ha inutilmente e (troppo) caparbiamente atteso un promo mai arrivato.
Accumulata una discreta quantità di aspettative e curiosità (i concept album e le opere rock mi fanno sempre quest’effetto), posso finalmente parlarvi di quest’ambiziosa uscita che ha tenuto impegnato Daniele Liverani, polistrumentista ben noto nel panorama italico, sia nella scrittura dei brani, sia nell’arrangiamento, sia nella ricerca degli “attori” cui affidare le parti del monumentale lavoro.
“Genius” nasce concettualmente nel 1997, anno in cui Daniele scrive un racconto in dodici episodi, intitolato “Daily Trauma”: esso narra la storia di Genius, e delle sue avventure in una dimensione parallela, ospitante il mondo in cui vengono generati i sogni degli uomini. Genius visita in maniera quasi dantesca questo universo, una vera e propria fabbrica del sogno, in cui ogni volta che un essere umano inizia a sognare, viene creato un suo alter ego chiamato “Twinspirit” che vive per lui il sogno.
La traduzione in musica del racconto era arrivata a contare tre episodi da 11 brani l’uno, rendendo necessarie almeno tre uscite discografiche, di cui “A Human Into Dreams’ World” è il primo capitolo. Il carattere operistico di questo lavoro ha reso necessaria la ricerca, da parte di Daniele, di interpreti diversi che dessero vivacità e varietà lirica al platter: il cast, dunque, vanta una serie impressionante di artisti di caratura internazionale, a partire da Mark Boals, cui viene affidata la parte del protagonista Genius.
E’ proprio dell’ex singer di Yngwie Malmsteen (ora con i Ring Of Fire) la voce che per prima esce dal coro: la lunga suite “Without Me Today” – 12 minuti – è una cascata di note e ritmi che tolgono il fiato, accostando un songwriting molto dreamtheateriano ad arrangiamenti più pomp. Purtroppo non posso fare a meno di esprimere la mia personalissima delusione per l’interpretazione di Boals, del quale non ho mai apprezzato troppo la timbrica troppo nasale, qui non troppo personale, colpa forse anche di una linea vocale non eccezionalmente accattivante.
Di altro spessore l’apparizione di Lana Lane, che duetta con Mark in maniera sentitissima su “The Right Place”, un vero e proprio angelo guardiano del mondo in cui Genius si appresta ad entrare: la sua voce è a dir poco celestiale e il pathos che evoca è da brividi.
Con “Paradox” risale la china Mark Boals, autore di una prestazione semplicemente perfetta: scale allucinanti e passaggi ai limiti del possibile, in un duetto/duello al fulmicotone con il suo alter ego “TwinSpirit n.32”, al secolo Daniel Gildenlow dei Pain Of Salvation. Il top per gli amanti del dialogo teatrale…
La voce inconfondibile di Chris Boltendahl emerge oscura dal riffing asfissiante di “The Glory Of Our Land”, in un affresco dantesco in cui il singer dei Grave Digger gioca il ruolo di un Virgilio d’altri tempi. Lo stesso Chris si è occupato della produzione di tutti i cori presenti sul disco, arrivando a coordinare insieme fino a 23 voci. Liverani si produce nel mezzo del brano in un solo turbinante, dal climax che non può non stregare l’ascoltatore.
Stupendo l’attacco di “All Of Your Acts”, tra Savatage e Van Halen, un mid-tempo incalzante, anch’esso teatralissimo, interpretato da Joe Vana (Mecca), che sfocia in un coinvolgente refrain sulla falsariga di “World Wide War” dei Royal Hunt. Tiene ancora alto il pathos lirico “Dreams”, che sebbene peschi a piene mani nel power neoclassico, mette in luce ancora una volta la bravura di Mark Boals, grazie alle sue strofe caratterizzate da continui cambi di scala. La song ricorda inizialmente i Symohony-X di “Divine Wings Of Tragedy”, e torna avvolgente nel ritornello, in perfetta tradizione Royal Hunt.
Steve Walsh dei Kansas ha chiesto a Daniele di interpretare la sua parte in “My Pride” in maniera più recitata che cantata. Scelta a mio avviso azzeccatissima, considerando la vena bluesy del pezzo e la timbrica calda di Steve, particolarmente adatta ad un musical rock. Il duetto con John Wetton (Asia) è ricco e vivace, e l’alternanza tra le voci evidenzia ancora meglio la scelta di Walsh.
Arriva graffiante e aggressivo il power metal di “There’s A Human”, pezzo più trascinante dell’intero platter, affidato alle vocals di Oliver Hartmann (At Vance): la song è tirata fino alla fine, e, anzi, il mordente aumenta sul chorus, dove il pomp di contrappunti, controcanti e controvoci riesce ad innalzare ulteriormente la temperatura.
Si smorzano i toni sulla delicata e sofferta “Father”, pop-ballad dal gusto un po’ retro’, il cui sound si ingrossa sul bridge grazie alle distorsioni, e la cui resa è assicurata dalla calda ugola di John Wetton.
Si torna a picchiare con “Terminate”, e il tellurico tappeto ritmico imposto da Dario Ciccioni (co-autore del concept) genera un power metal intelligente, pomposo e violento allo stesso tempo. Suggella il tutto la voce di Midnight (ex Crimson Glory), che si produce in un cantato quasi posseduto, aiutato dai reverse sui suoi glissati, di grandissimo effetto scenico. Anche il solo di Daniele è a dir poco allucinato, perfetto per l’atmosfera onirica del brano.
Non pago di aver messo tanta carne al fuoco, Liverani stordisce l’ascoltatore con i sintetizzatori che aprono “I’m Afraid”, prima che i ritmi sincopati e i duetti tra Boals, Midnight, Wetton e Gildenlow prendano il sopravvento in un susseguirsi di climax, cori e sovrapposizioni d’ogni sorta, perché il sipario cali su un finale veramente apocalittico.

Globalmente ricco e pomposo, senza mai risultare esagerato, tecnico sì ma non esasperato, all’insegna dell’equilibrio fra parti e strumenti, è sicuramente da ammirare il lavoro di Daniele Liverani, mai – cosa più unica che rara – al centro di sfoggi di tecnica davvero inutili per uno delle sue capacità. Qualcuno forse avrà qualche remora nei confronti di questo lavoro, imputabile alla produzione un poco patinata non deliberatamente potente come ci si può attendere da un disco power metal, ovvero alla mancata attitudine melodica di alcuni brani, ma secondo me non sono motivi sufficienti per non togliersi il cappello davanti a un artista che cerca di portare il metal italiano a livelli internazionali, riuscendoci per altro con un concept album di tale portata.

Tracklist:

1. Without Me Today
2. The Right Place
3. Paradox
4. Twin Spirits Land
5. All Your Acts
6. Dreams
7. My Pride
8. There’s A Human
9. Father
10. Terminate
11. I’m Afraid

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