Recensione: A Night at the Opera

Di Alessandro Zaccarini - 5 Dicembre 2003 - 0:00
A Night at the Opera
Band: Queen
Etichetta:
Genere:
Anno: 1975
Nazione:
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100

1975. I Queen, che solo un anno prima avevano sconvolto e stupito il mondo del rock con il clamoroso Sheer Heart Attack, risolvono i problemi con la Trident, firmano un contratto con la EMI ed entrano in studio per registrare il quarto album della loro carriera. Si tratta di un lavoro costosissimo per l’epoca e con sperimentazioni a livello di suoni, cori, orchestrazioni e sovraincisioni senza precedenti. È l’album che porterà al quartetto inglese il primo disco di platino: A Night At The Opera.

L’album si presenta in apertura con la splendida Death On Two Legs, canzone che parla in maniera tutt’altro che positiva (“you suck my blood like a leech”) del loro ex manager Jack Nelson e che si sviluppa tra i lead di Brian May alla chitarra e il piano di Mercury come nella migliore tradizione Queen. Il disco continua quasi scherzosamente con il minuto di Lazing On A Sunday Afternoon, minuto in cui i Queen pescano a piene mani dalla tradizione musicale degli anni venti (come del resto faranno più volte in questo album). I’m In Love With My Car, pezzo storico della band, è scritto e cantato da Roger Taylor ed è più lento rispetto agli episodi d’apertura. Nonostante il ritmo più calmo però i Queen non rinunciano ad una certa aggressività, grazie alle linee vocali del batterista e alle parti di chitarra. You’re My Best Friend, unica zampata a livello compositivo di Deacon in questo album, è un inno all’amicizia che ha quasi le sembianze di una dichiarazione d’amore vera e propria. La trazione è affidata alla voce di Mercury e al suo piano: un altro grande classico, merce pregiata che in questo album non viene mai a mancare. ‘39 è una creatura che prende forma dal songwriting e dalla voce di Brian May, un pezzo dal sapore country a base di timidi cori, chitarra acustica e tamburelli (se si esclude un brevissimo assolo nella parte centrale della canzone) e dalle sottili e fuggenti sfumature malinconiche. Segue la più graffiante Sweet Lady, ancora opera del buon Brian, in cui il riff decisamente rock forma l’ossatura per una canzone in cui la chitarra di May galoppa libera nei prati innevati lasciando la sua impronta inconfondibile. L’anacronistica Seaside Rendevous è una allegra e spensierata canzone di poco più di due minuti in cui i Queen si divertono a giocare con le voci e con gli strumenti, riprendendo nuovamente le sonorità tipiche d’inizio secolo. The Prophet Song è testimonianza tangibile della voglia di sperimentare del quartetto britannico. Oltre otto minuti di canzone in cui abbondano sovraincisioni e dove le diverse atmosfere si alternano una dopo l’altra. Partendo dall’arpeggio acustico la composizione si snoda attraverso cori a cappella che giungono alla chitarra distorta di May, per ritornare infine all’arpeggio, che quasi si fonde con l’inizio dell’episodio seguente. Episodio che è una gemma del calibro di Love Of My Life, la classicheggiante ballata in cui la voce incredibile di Freddie Mercury e il suo pianoforte guidano la band attraverso uno dei pezzi più commoventi di sempre. Un momento intensissimo del disco che diventerà un rito collettivo in sede live. Good Company mostra invece un’atmosfera completamente diversa, un cambio di rotta verso quell’allegria giocosa e a quello stile inizio secolo già assaporato con Lazing On A Sunday Afternoon e Seaside Rendevous. Fermi tutti, perchè forse qui arriviamo all’apice della storia della musica leggera (intesa nel suo concetto di “non-classica”): Bohemian Rhapsody. Tutto ha inizio con la malinconica introduzione che porta a un duetto assolutamente irripetibile che ha come protagonisti Mercury e il suo piano. Il continuo è la parte centrale quasi operistica, con l’incedere del coro sinfonico che trascina fino alla detonazione di voci da cui prende vita all’assolo di May. Un assolo poetico e geniale che da aggressivo diventa dolce e cullante fino ad incontrare in chiusura la voce del mai troppo compianto singer. Un azzardo di sei minuti completamente composto da Mercury dietro le pagine di un elenco telefonico e che occupò un intera settimana di registrazioni. Le diverse sezioni della canzone portarono al pezzo critiche infinite e fu definito da molti una pazzia. La storia della musica racconta che fu un tale Kenny Everett, un amico di Freddie che lavorava in radio, a trasmettere per 14 volte in una giornata il pezzo, andando contro tutte le indicazioni della stazione. Una tale quantità di richieste sommerse la EMI la quale fu obbligata a pubblicare il pezzo come singolo. Nel giro di sole due settimane Bohemian Rhapsody vendette oltre 150.000 copie. Epilogo dell platter è God Save The Queen, arrangiamento dell’inno inglese ad opera di Brian May, che da questo album diventerà il rito conclusivo di ogni concerto dei Queen.

In definitiva : A Night At The Opera è un capolavoro unico e assoluto non solo della carriera dei Queen, ma anche della storia del rock e di tutta la musica. La sintesi tra l’hard-rock dei primi anni e i nuovi stilemi è perfetta, le idee geniali sono sempre in anticipo sui tempi. Il feeling e le enormi capacità a livello di songwriting e di musicisti dei quattro ragazzi inglesi trovano sfogo nella capacità di realizzare a 12 pezzi assolutamente vari, non solo a livello musicale, ma anche di atmosfere. L’ugola unica del vocalist, interprete perfetto di ogni singola nota ed ennesimo protagonista di quest’album immortale, è l’ultimo grande passo che porta, senza alcuna ombra di dubbio, A Night At The Opera tra quelle manifestazioni
di genio musicale che nell’arco di un secolo si possono contare sulle dita
di una mano. Un prodotto senza cali di tono, che non stancherà mai, che merita ammirazione eterna, che ad ogni ascolto farà correre i brividi lungo la schiena, e magari qualche lacrima sulle guance. Potrei continuare a narrare per ore della maestosità, dell’onnipotenza e della grandiosità di quest’opera senza mai rendergli giustizia, perché la musica va oltre le parole, per quanto queste possano essere nobili e cariche di sentimento. Conviene allora spalancare il cuore e preparare le orecchie ad una esperienza irripetibile. Forse gli dei della musica sono scesi in terra.

Tracklist:
1) Death On Two Legs
2) Lazing On A Sunday Afternoon
3) I’m In Love With My Car
4) You’re My Best Friend
5) ’39
6) Sweet Lady
7) Seaside Rendevous
8) The Prophet’s Song
9) Love Of My Life
10) Good Company
11) Bohemian Rhapsody
12) God Save The Queen

Alessandro “Zac” Zaccarini

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