Recensione: A Quiet World

Di Daniele D'Adamo - 21 Novembre 2016 - 18:16
A Quiet World
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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80

Nella rinascita del melodic death metal, fatto ormai acclarato dalla notevole quantità di prodotti recentemente stampati in materia, non potevano che far parte anche i tedeschi; forti, magari, di quel romanticismo che ne fonda in parte il DNA.

Così, fra le nuove leve, ci sono i Words Of Farewell. Giovani solo anagraficamente, poiché “A Quiet World” è il terzo full-length di una carriera cominciata nel 2006.

Una bella esperienza alle spalle, quindi, che si percepisce nella sua integrità, data l’ineccepibile preparazione tecnica di Alexander Otto e i suoi compagni che, non a caso, fanno parte del roster di una major come l’AFM Records.  

Roba di alta qualità, insomma.

Difatti, basta solo sfiorare l’incipit dell’opener-track, ‘My Share of Loneliness’, per rendersi conto della bontà non solo tecnica ma anche artistica che avvolge le corde della formazione di Marl. La song, peraltro, è un’apripista azzeccata, poiché lascia intendere che la melodia che permea “A Quiet World” non sarà né stucchevole, né sovrabbondante ma, soprattutto, non sarà votata alla legge del mercato. Con che, ricordando di rimando il mood triste e malinconico del death metal melodico finlandese, ben diverso da quello scoppiettante proveniente dalla Svezia.

La bravura Words Of Farewell è proprio questa. Insinuarsi sottilmente fra i neuroni stimolandone i collegamenti assonali, per produrre piacere sì, ma sempre contenuto, limitato – in un certo senso – dal melanconico sguardo perduto della protagonista del disegno di copertina.  

Canzone dopo canzone – attenzione, occorrono parecchi ascolti per entrare in sintonia con i Nostri – , i Words Of Farewell mettono sul piatto della bilancia la loro indubbia classe compositiva, che si estrinseca mediante refrain possenti, a volte anthemici, mai sdolcinati, mai da classifica. “A Quiet World” non è un platter costruito a tavolino per vendere. È troppo complesso, troppo introspettivo, poco esplosivo; ancora troppo dannatamente death metal, seppure non estremo. ‘Gallows Frame’, con la sua poderosa avanzata ammantata di schegge luminose, è lì per dimostrarlo: i Words Of Farewell fanno musica per passione, e si sente.

Il songwriting è eccellente, teso a dar vita a pezzi sempre diversi ma uguali, nell’obiettivo di manifestare uno stile assolutamente e personale e non ripetitivo, ridondante. Tanto è vero che la dotazione in seno al sestetto della North Rhine-Westphalia è over-average. A questi livelli, a volte la scrittura si rarefà per incubare prima e manifestare poi track che devono essere metabolizzate mediante un lungo processo psicoacustico. Per meglio comprendere, dopo il primo passaggio di “A Quiet World” resta poco o niente, in mano; anzi un pizzico di delusione. Ma, se si ha fede e si prosegue sulla stessa strada dei Words Of Farewell, piano piano, lentamente, si dipana agli occhi della mente il loro universo. E, allora, la loro musica entra dentro, memorizzando gli stessi neuroni che, all’inizio, erano così poco reattivi.

Ovviamente un ensemble di questo livello è in grado di fare tutto, come la maestosa, possente, commovente ‘Oversoul’, nobilitata da un chorus da brividi caldi lungo la schiena, da brividi freddi lungo le braccia; nella sua splendida antitesi fra dolcezza e rudezza. E, nondimeno, la suite finale, ‘This Shadow My Linkeness’ degno complemento a un’opera eccellente che, per essere gustata, percepita, amata, deve essere inserita nelle molecole del corpo a poco a poco, a mano a mano.

Guai a chi si arrende al primo ascolto. 

Daniele D’Adamo

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