Recensione: A Show Of Hands

Di Filippo Benedetto - 5 Febbraio 2004 - 0:00
A Show Of Hands
Band: Rush
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1989
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
95

Premetto che questo live, che qui recensiamo, dimostra una volta di più quanto la “macchina Rush” sia perfetta in ogni suo dettaglio. Premessa dovuta, questa, perché nella dimensione “on stage” può essere capita la grandiosità tecnica di questi tre canadesi meritatamente idolatrati dai Kids di mezzo mondo come tra i padri del “prog rock” di gran classe. Di classe, certamente, i Rush ne hanno da vendere se con questo “A show of hands” sono riusciti a dimostrare che si può miscelare con gusto melodia e virtuosismo tecnico strumentale. Questo live, uscito nel 1989, racchiude il meglio della produzione anni 80 del combo composto da Geddy Lee al basso, Alex Lifeson alla chitarra e Neil Peart alla batteria. Produzione che, se negli anni 70 era stata ricca di veri e propri “classici”, negli anni 80 è stata prodiga di tante altre “perle” altrettanto in grado di soddisfare l’orecchio d’ogni buon ascoltatore. “A show of hands” in questo senso può essere considerato un monumento alla dimensione “on stage”, dove tre soli elementi sembra suonino come fossero almeno cinque. Non perdiamoci però in chiacchiere e parliamo di musica.
Dopo una breve parentesi introduttiva tocca a “Big Money” aprire le danze. Il brano, contenuto nel disco “Power Windows” del 1985, è accattivante per com’è costruito su continui cambi di tempo. E’ impressionante come la band riesca in un’esecuzione “cristallina” dell’originale senza sacrificarne l’impatto live. Ciò possiamo notarlo anche in “Subdivisions”, brano tratto da “Signals”, altro gioiello di tecnica e melodia sapientemente miscelate da ogni membro del gruppo. Con “Marathon” il viaggio “progressivo” lungo puntigliose armonizzazioni, tecnicismi mai “manieristici” accompagnati a melodie sopraffine, si fa ulteriormente affascinante. Un’intro per basso (che personalmente ho sempre trovato accattivante) apre la seguente “Turn the page”, track estratta da “Hold your fire “. Qui la “accessibilità” del songwriting non mette in secondo piano la maestria tecnico-strumentale del combo mostrando un Geddy Lee ispirato sia come bassista sia come tastierista, un Lifeson pulitissimo ma efficace nel riffing e soprattutto il grandioso Peart che, con il suo drumming preciso, sembra sottolineare le varie “fasi” della song. “Manhattan Project”, tratta sempre da “Power Windows”, colpisce molto per la gran maestosità, raggiunta grazie all’irrompere di una sezione orchestrale che conferisce ulteriore godibilità al brano.
Passando per un’altra perla, intitolata “Mission”, arriviamo ad uno dei pezzi forti di questo live: “Distant early warning”. Le melodie, in questo pezzo, arrivano dritte al cuore e si può avvertire quanto si divertano i tre canadesi nell’eseguire “on stage” questa bellissima song. Con la successiva “Mystic Rhythm” la band riproduce le atmosfere quasi misticheggianti del brano originariamente inciso in studio. Le ritmiche sono lente e cadenzate e un ruolo fondamentale lo giocano le tastiere, suonate con gusto da Geddy Lee che però continua, contemporaneamente, a svolgere il suo ruolo di bassista. “Witch Hunt (part 3 of tear)” è un altro pezzo giocato su ritmiche cadenzate e su di un riffing a tratti cupo e maestoso. Con “The Rhythm Method” si ha la possibilità di affinare l’orecchio con un’eccellente prova di Neil Peart dietro le pelli. E’ un assolo di batteria questo, certo, ma è ormai un momento fondamentale d’ogni buono show dei Rush. “Force Ten” riprende melodie “ariose” e anche qui è pregevole l’abilità dei nostri nel cesellare ogni minimo particolare tecnico-strumentale. “Time stand still” ha dalla sua il gran vantaggio di essere una song tutta incentrata su melodie di facile impatto e il risultato è molto soddisfacente.
“Red Sector A”, tratta da “Grace Under Pressure”, è un altro eccellente episodio della carriera dei Rush qui riproposto egregiamente in tutta la sua bellezza. Chiude questo stupendo Live la semi acustica “Closer to the heart” a perfetta conclusione di un vero e proprio “spettacolo” di musica e parole.
Ho scritto tante parole, forse tuttavia inadeguate a descrivere l’essenza sublime della musica dei Rush. Non pretendano i lettori, quindi, che mi addentri ulteriormente nel dettaglio d’ogni singola canzone qui riproposta e ascoltatelo voi stessi lasciandovi senza paura accompagnare in questa sorta viaggio “progressivo” che di sicuro non sarà privo di piacevoli sorprese.

Tracklist:

1. Intro
2. The Big Money
3. Subdivisions
4. Marathon
5. Turn the Page
6. Manhattan Project
7. Mission
8. Distant Early Warning
9. Mystic Rhythms
10. Witch Hunt
11. The Rhythm Method
12. Force Ten
13. Time Stand Still
14. Red Sector A
15. Closer to the Heart

Ultimi album di Rush

Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 2012
89
Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 2007
87
Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 2006
90
Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 2005
90
Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 1996
87
Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 1991
85
Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 2004
89
Band: Rush
Genere: Prog Rock 
Anno: 1989
70