Recensione: Ablaze

Di Daniele D'Adamo - 21 Giugno 2019 - 2:00
Ablaze
Band: NervoChaos
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2019
Nazione:
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78

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Ottavo full-length in carriera per i NervoChaos che, a causa della prematura morte della chitarrista Cherry Taketani, avvenuta nel 2017, qualche mese dopo l’uscita di “Nyctophilia”, hanno subito un notevole rimescolamento della line-up, peraltro in ruoli-chiave, assoldando difatti Diego Mercadante (voce, chitarra) e Guiller (chitarra). Dei vecchi NervoChaos, in sostanza, gli unici elementi di continuità coincidono con le figure di Thiago Anduscias (basso) ed Eduardo Lane (batteria).

Ciò nonostante, la band è riuscita a mantenere intatta la sua peculiarità: quella di rappresentare un mix praticamente perfetto fra thrash e death metal. Piuttosto difficile, infatti, collocare i brasiliani da una parte o dall’altra. Più che per reali motivazioni dettate dal discernimento dei dettami stilistici in gioco; la vibrazione trasmessa, il feeling, l’anima più profonda non c’è dubbio che siano preda delle grinfie del metallo della morte. Approccio che, a parere di chi scrive, vale più di mille analisi che, trattandosi di arte e non di mera tecnica, possono lasciare il tempo che trovano.

La micidiale ‘Demonic Juggernaut’, violentissima song che disegna, anche, uno stile ovviamente – per i discorsi anzidetti – modificatosi lungo il corso degli ultimi due anni di vita del gruppo, più vicino al death che al thrash, è una tremenda mazzata sui denti. Un’aggressione belluina che, forse, in passato, raramente ha fatto parte del retaggio del combo di San Paolo.

La voce del nuovo cantante è davvero feroce nel suo incedere frammisto di growling e screaming vocals. Una ribelazione e, pure essa, nota di novità per un sound assolutamente bellicoso, peraltro caratterizzato, spesso e volentieri, da cori anthemici (‘Death Rites’). Anche in occasione dei mid-tempo come la successiva ‘Feast of Cain’. Brutale il riffing delle due chitarre, queste, sì, assai vicine alla classica attitudine thrashy. Benché, appunto, non manchino le decelerazioni, i quattro musicisti danno sicuramente il meglio di sé quando i BPM si alzano per definire fast-song davvero potenti, trascinanti e belluinamente agguerrite quanto basta, come la potentissima, spaccaossa ‘Mors Indecepta’.

Tutto questo disegna uno stile ricco di carattere e personalità. Assai lontano dagli ormai classici cloni dei Sepultura, identificativo univocamente di un act che pare aver raggiunto la piena maturità tecnico-artistica nonostante le vicissitudini riassunte all’inizio. È come se Mercadante e Guiller fossero dei membri di lunga data, insomma. Un’integrazione senza punti deboli che porta i NervoChaos ad alzare l’asticella della qualità complessiva parecchio più in alto rispetto alle produzioni precedenti.

Quasi a spezzare il ritmo per lasciar respirare l’ascoltatore, ogni due/tre song è presente un intermezzo ambient o anche dal gusto tribale (‘Into Nightside’, ‘Dawn of War’, ‘A World Between Worlds’), deputato sia a sottolineare l’anti-cristianità dei testi, sia a ricordare che la terra natia è il Sud America; inserti presenti anche come incipit ai vari brani.

Tanti piccoli particolari ma, in fin dei conti, ottimamente messi assieme sì da definire a 360° una band che, finalmente, può affrontare con piglio e decisione i marosi del mercato internazionale, specificamente quello affollatissimo del metal estremo. “Ablaze” è un disco ben fatto in tutte le sue componenti, curato nei dettagli, che sa di fresco e moderno; i cui brani offrono sempre uno spunto di interesse atto a invogliarne l’ascolto in più riprese.

NervoChaos, “Ablaze”: quando la sorpresa è gradita.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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