Recensione: Above The Earth, Below The Sky & Red Forest (Reissue)

Di Tiziano Marasco - 16 Aprile 2015 - 0:00
Above The Earth, Below The Sky & Red Forest (Reissue)
Etichetta:
Genere: Sludge 
Anno: 2015
Nazione:
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60

Gli If these Trees could Talk sono una band formatasi nel 2005 nella provincia americana e con ormai una discreta storia alle spalle. Dato alle stampe un breve Ep a un anno dalla fondazione, i nostri si son presentati sul mercato nel 2009 con Above the Earth, Below the Sky, a cui ha fatto seguito due anni dopo Red Forest. Entrambi i dischi furono realizzati in casa, laddove con “in casa” si intende l’assenza di una label a supervisionare iltutto. Fatto sta che le due opere hanno fatto una certa presa nell’underground e grazie a ciò hanno potuto fregiarsi di prestigiose edizioni in vinile, rilasciate Mylene of Sheath (il primo) e Sience of Silence (Il secondo). Ora è la volta della riedizione in formato CD, operazione di cui si fa carico nientemeno che la Metal blade.

Senza la necessità di entrare nel merito di una analisi approfondita dei due dischi, gli ITTCT propongono un post metal canonico, fatto e costruito molto bene, con profonde influenze agallochiane. Il suono risulta costruito essenzialmente su chitarre melancoliche, basi lente e riflessive. Nonostante gli statunitensi mettano sul piatto ben tre chitarristi, i riff nel complesso ricalcano assai da vicino lo stile della premiata copia  e a questi è affidato per intero il compito di rendere significativa la proposta della band. Risulta piuttosto chiaro dunque che il compito del chitarrista è piuttosto improbo e viene a tradursi in qualcosa di molto prossimo a The Serpent & The Sky. 

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In tutto questo, bisogna ricordare come il post rock sia un genere assai particolare, sia nella composizione quanto nella fruizione. È assai difficile accostarsi a dischi post con la ferma intenzione di ascoltarli e goderli dall’inizio alla fine fin dalla prima fruizione. Non si può entrare in sintonia con essi come accade con un genere affine ma molto più immediato quale è il black atmosferico – per esempio. Piuttosto, questo genere funziona come un meraviglioso sottofondo, una musica molto uniforme che si lascia scoprire pian piano, che svela piccole oasi di piacere mentre si è concentrati a far altro.

I dischi degli If These Trees Could Talk non fanno eccezione e svelano le proprie qualità pian piano. Le composizioni si lasciano apprezzare col tempo, pure permane il fatto che si tratti di opere piuttosto rigide, semplici giustapposizioni di riff, fatte con molto metodo e una certa passione, vale a dire che lambiscono il cuore dell’ascoltatore senza mai conquistarlo appieno – secondo un parere personale.

Il punto sostanziale dunque è che questa band non ha qualcosa che possa farli emergere dal plumbeo panorama del post metal crudo, puro e strumentale. Partendo dal presupposto che moltoprobabilmente chi ama il genere ascoltando questi album godrà come un vigliacco, non vi è un motivo specifico per preferire questa band ai God Is an Astronaut – per dire una band a caso ma che comunque attira più persone, se non altro in virtù dei meravigliosi artwork. Un gruppo che come come tanti dunque cavalca l’onda sempre più grossa del post rock, in possesso di buone carte per non annegare ma con troppa paura di rischiare per permettersi di fare surf.  

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