Recensione: Abyss of Darkness

Di Eugenio Giordano - 12 Agosto 2003 - 0:00
Abyss of Darkness
Band: Broken Arrow
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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78

Un debutto da considerare davvero con attenzione questo primo “Abyss of Darkness” dei nostri Broken Arrow, la Scarlet Records mette a disposizione del gruppo una produzione e un supporto logistico di tutto rispetto, ma evidentemente questo non succede per caso. Definire i Broken Arrow una semplice power metal band italiana al debutto è riduttivo e non rende bene la portata artistica di questo gruppo, in primo luogo non ci troviamo di fronte a degli esordienti totali visto che il gruppo è stato fondato da un irriducibile del metal italiano come Nick Savio che per molti anni ha servito la causa dei White Skull dietro le corde della sua chitarra. Ma ancora più errato è definire i Broken Arrow una power metal band visto che questi ragazzi suonano semplicemente e fedelmente un grandioso metal dalle tinte classiche e poderose che lascerà spiazzata la maggioranza dei metallari alla lettura. Dimenticatevi doppia cassa continua, fraseggi di chitarra super melodici, linee vocali eteree e poco incisive, questi ragazzi suonano heavy metal inconfondibile e graffiante con una passione e una verve indiscutibili, non solo, sono anche degli esperti esecutori che sanno rendere la loro musica potente e frontale come dovrebbe essere in questi casi.

La title track posta in apertura è un brano bello quadrato, un mid tempo schiaccia sassi che con il suo riffing inarrestabile e potentissimo strappa all’ascoltatore un rapido responso positivo, credo che dal vivo la cosa sarà ancora più evidente. Bella l’atmosfera “subacquea e oscura” del disco in generale, sotto questo aspetto molto va riconosciuto ai New Sin Studios ormai leggendari per quanto riguarda il metal prodotto nel nostro paese, qui la produzione è vibrante e coinvolgente senza sterilizzare i suoni in modo improprio. La seconda e ancora più ritmica “Invisible heroes” possiede un riff centrale di presa immediata come solo i migliori Judas Priest hanno saputo suonare, ma non meno riuscita risulta la bella interpretazione vocale da manuale, cattiva e sporcata quanto basta per fare centro nel cuore dei vecchi fedeli. Ottima anche “The gothic line”, il brano racconta una vicenda storica della Seconda Guerra Mondiale, la linea gotica era un sistema di trincee scavato dai soldati tedeschi per fronteggiare l’avanzata delle truppe alleate nell’Italia centrale. La linea gotica venne stabilita nell’Agosto del 1944, partiva dalla costa Adriatica nei pressi di Rimini e attraversando gli Appennini arrivava fino alla costa Tirrenica dividendo in due il nostro paese. La linea resse fino all’Aprile 1945 quando i tedeschi l’abbandonarono, l’avanzata alleata provocò la morte di quasi tutto il contingente nazista, quelle battaglie decimarono gli eserciti sui due fronti ma credo che nella storia della guerra moderna si trovino raramente esempi di così alto onore e coraggio come quelli dimostrati dai soldati del Reich e da quelli alleati sulla linea gotica nell’inverno del 1944. Il disco si accende con l’impennata della successiva “Angels of fire” che mostra come il gruppo sappia strizzare l’occhio a soluzioni power senza però mai rientrare pienamente nel genere in questione, c’è poca concessione a soluzioni di scarso impatto sonoro e mi pare che i nostri non siano interessati a fare la corte ai vari Helloween & co. Ancora una canzone sulla Seconda Guerra Mondiale “Stalingrad” è riferita ad un’altra tragedia bellica, precedente alla linea gotica, come sapete nella primavera del 1942 Hitler decide per l’infrazione del patto Molotov e invade la Russia comunista con l’operazione Barbarossa, i panzer tedeschi avanzano per ceninaia di chilometri nel territorio russo evaquato forzatamente e poi devastato dalla ritirata della Armata Rossa voluta da Stalin. I tedeschi penetrano fino al cuore del comunismo, Stalingrado, oggi Volgograd, qui posero l’assedio ma i sovietici resistettero 67 giorni, pare nutrendosi anche dei cadaveri dei loro morti, e quasi in assenza di scorte idriche, i tedeschi non penetrarono mai in città e non ottennero il controllo delle vie fluviali interne alla Russia, molti storici sostengono che questa sconfitta pesantissima (65000 morti tra i nazisti) segnò l’inizio della fine del Terzo Reich. La successiva “The call” si basa su una ossatura classicheggiante affiancata ad un refrain ancora una volta azzeccato ben dosato dal gruppo senza scadere nella prolissità o nel ripotitivo, sono le chitarre a farla da padrone ma non meno importante è l’interpretazione vocale di massimo rilievo. Tralasciando “Frozen tears” che non si discosta dalle precedenti, la suite “Isaac story” mostra spetti più elaborati e complessi della musica dei nostri ma non ne stravolge lo stile, ottimo l’utilizzo di tempi cambievoli e interpretazioni vocali differenziate che rendono meglio l’idea del brano nella sua interezza.

Insomma un bel disco questo primo “Abyss Of Darkness” cercate di non farvi condizionare da preconcetti perchè vi perdereste una genuina prova di metal ben composto e davvero ben suonato.

1. Abyss Of Darkness 
2. Invisible Heroes 
3. The Gothic Line 
4. Angels Of Fire
5. Stalingrad
6. The Call 
7. Frozen Tears 
8. Isaac Story (part 1) 
9. Isaac Story (part 2) 

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