Recensione: Accept the Fact

Di Matteo Lasagni - 4 Giugno 2006 - 0:00
Accept the Fact
Band: Warmen
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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75

Il terzo capitolo della carriera solista di Janne Warman (da cui Warmen), tastierista dei noti Children Of Bodom, rappresenta l’affermazione di un artista che, grazie alle sue doti tecniche e creative, ha saputo dare un tocco di spiccata personalità ad uno stile di base tutto sommato clichèttaro. Accept The Fact è infatti una continua altalena fra episodi speed neoclassici e brani monolitici e rocciosi, che a dire il vero non brillano per originalità, ma che, incatenati ad una scaletta assolutamente imprevedibile, creano nell’ascoltatore la sensazione di avere nel lettore un disco decisamente particolare. Se da un lato le sole 9 tracks presenti e una durata complessiva inferiore ai 40 minuti non giovano all’umore di chi solitamente è disposto a spendere i propri “sacchi” per ascoltare un po’ di buona musica, è altrettanto vero che un disco di questo tipo, strumentalmente laborioso e massiccio, e assolutamente privo di un filo conduttore, avrebbe sofferto di un eccessivo minutaggio.

Gli episodi cantati raramente colpiscono nel segno e lasciano diversi punti interrogativi, come la metallica “Waters Of Lethe”, cadenzata e potente, ma poco ispirata nelle linee vocali, aggressive, ma eccessivamente sguaiate. La quinta traccia “They All Blame Me” appare miscelata meglio, grazie anche alla calda timbrica di Jonna Kosonen, che esplode tutta la sua grinta nel granitico refrain heavy rock, terminale offensivo di strofe soffuse ai limiti della fusion. Allo special guest Timo Kotipelto vengono affidate le sorti della trotterellante “Invisible Power”, dotata di buone melodie che costringono il singer finnico a volare sulle solite impiccate tonalità, e della pesante “Puppet”, un brano di scarso appeal che soffre indiscutibilmente di una struttura progressive troppo precaria e di vocals ai limiti della monotonia. La metallica “Lying Delilah” procede statica e coriacea per poi lasciarsi andare a un chorus non proprio elegante, ma se vogliamo in qualche modo arioso e orecchiabile. Per chiudere il pacchetto viene scelta la cover di un pezzo dei Rockwell, ovvero “Somebody’s Watching Me“, che a essere sinceri poco c’entra nel contesto generale, che al contrario vive di spunti strumentali di prim’ordine, a partire dalla title-track, una martellante e ossessiva cavalcata power-prog di buona presa, che mette fin da subito in evidenza le indubbie qualità virtuosistiche di Warmen. “Roppongi Rumbe” bissa l’opener nel miglior modo possibile, grazie ad un roboante avvio e a improvvisi stop’n go di chiara matrice neoclassica che rendono il tutto quasi travolgente. E come era lecito aspettarsi, non manca neppure il solito omaggio ad Antonio Salieri, con l’entusiasmante galoppata “Return Of Salieri”, autentico e pirotecnico assalto all’arma bianca, esaltato ancor più dall’impeccabile produzione targata Finnvox Studios, vera e propria garanzia per questo genere di sound.

Insomma come sempre Warmen sembra volerci mostrare i suoi 2 volti, distanti anni luce l’uno dall’altro, quello più riflessivo e rockettaro contrastato da quello più irrazionalmente edonista che lo porta a esibirsi in magistrali sfuriate neoclassiche. Difficilmente sarete attratti da entrambi i profili e personalmente trovo che quello più smaccatamente speed-virtuoso goda d’ispirazione ampiamente superiore. Non si tratta sicuramente di un lavoro omogeneo, ma come per i precedenti album del keyboarder finlandese, avrete a che fare con panorami sontuosi alternati ad altri decisamente più scarni e minimali.

Tracklist:

1. Accept the Fact
2. Invisible Power
3. Waters of Lethe
4. Roppongi Rumble
5. They all Blame me
6. Puppet
7. Lying Delilah
8. Return of Salieri
9. Somebody’s Watching me

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