Recensione: Accident of Birth

Di Mr Frodel - 5 Ottobre 2004 - 0:00
Accident of Birth
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Anno: 1997
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80

Nel 1997 Bruce Dickinson si accorcia ulteriormente i capelli, abbandona il progetto Skunkwors, ritorna con i Tribe of Gypsies, chiama con sè il vecchio amico Adrian Smith e se ne esce con un album che lo riconferma decisamente come uno dei nomi importanti del metal, dopo i dubbi suscitati dai precedenti lavori da solista.
Accident of Birth (titolo che il cantante dice di aver scelto dopo che la sua dolce mammina gli ha rivelato che la sua nascita è stata in realtà un aborto fallito) mostra fin dall’inizio un sound aggressivo e potente, merito anche del produttore Roy Z. Freak ci porta infatti subito lontano da qualsiasi pezzo sentito in Skunkworks o Balls to Picasso, facendoci capire che Bruce ha voluto tornare alle radici, e che ha anche una gran voglia di sfogarsi e magari menare un po’ le mani: ce lo dimostra anche in Starchildren, canzone comunque piuttosto convenzionale.
Il livello del disco si alza nettamente con le due tracce seguenti: la drammatica Taking the Queen, che alterna momenti di cupa atmosfera a strofe cariche di rabbia e dolore, e Darkside of Aquarius, a mio avviso il pezzo migliore dell’album, grazie alla potenza e alla varietà della composizione.
Seguono la veloce e immediata Road to Hell (composta, come anche la traccia 10, assieme ad Adrian Smith) e l’intensa Man of Sorrows, un altro degli episodi migliori del disco, perfettamente nelle corde di Dickinson che riesce a mostrarvi al meglio le sue qualità vocali.
La title-track è senza dubbio la più aggressiva del disco, e conferma definitivamente l’appesantimento del sound che verrà ripreso con ancora più decisione nel successivo album, Chemical Wedding.
La tensione si alleggerisce con l’ironica The Magician, e cala forse un po’ troppo con le due tracce successive, sotto tono rispetto ai brani precedenti.
Seppur non molto immediata, è invece interessante Omega, pezzo carico di pathos dedicato all’allegro tema della fine del mondo.
Bruce decide di chiudere con l’intimistica ballata acustica Arc of Space, scelta un po’ rischiosa per un disco metal, ma perdonabile davanti alla bellezza del brano.
Certo, una perplessità rimane: queste canzoni non avrebbe potuto scriverle anche restando nei Maiden? Non aveva detto che li aveva lasciati per fare qualcosa di diverso? Le premesse per la futura reunion sono forse già qui.

Tracklist
1. Freak
2. Toltec 7 Arrival
3. Starchildren
4. Taking the Queen
5. Darkside of Aquarius
6. Road to Hell
7. Man of Sorrows
8. Accident of Birth
9. The Magician
10. Welcome to the Pit
11. The Ghost of Cain
12. Omega
13. Arc of Space

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