Recensione: Afterlife

Di Filippo Benedetto - 13 Settembre 2004 - 0:00
Afterlife
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Anno: 2004
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72

Torna il duo Paul Shortino- J.K. Northrup con una nuova release intitolata “Afterlife”. Il contenuto di questo nuovo platter è marcatamente hard rock oriented con forti venature melodiche. Pregevolmente suonato, impreziosito da arrangiamenti che non risparmiano all’ascoltatore tutti i “cliché” del genere, “Afterlife” si lascia ascoltare tutto d’un fiato senza particolari cadute di tono e soprattutto senza rischiare di annoiare l’ascoltatore che può tranquillamente lasciarsi “cullare” da melodie accattivanti in forte odore “eighties”. Proprio lo stile fortemente improntato alla ricerca di una sorta di “purezza” perduta dei bei tempi andati è insieme il punto di forza e il punto debole dell’album (ma questo, ovviamente, lo si può valutare a seconda dei gusti e degli approcci alla musica del famoso duo). Il risultato evidente agli occhi di chiunque, in ogni caso, è un disco di buon livello qualitativo che può piacere all’amante di vecchie sonorità melodic rock come al nuovo adepto dell’hard rock style.
Si parte con l’energica e accattivante “Here I am”, dove si nota per efficacia un bel refrain che si stampa facilmente nella testa dell’ascoltatore. Ogni singolo passaggio ritmico è perfettamente innestato lungo un riffing diretto, fluido e piacevolmente “armonico”. Molto ben impostate le vocals, pulite e senza particolari cadute di tono. Anche la seguente traccia, la title track, una delle migliori del platter, si lascia ascoltare piacevolmente grazie ad un lavoro alle chitarre giocato su gustosi fraseggi e un giusto equilibrio tra momenti più rilassati e “aperture” di più energico spessore (dove la melodia di facile assimilazione gioca sempre un ruolo preponderante). Anche qui il duo delizia l’ascoltatore con un refrain accattivante e di facile presa sull’ascoltatore. Un assolo ben impostato sigilla la bellezza complessiva del brano.

Non poteva mancare una romantica e suadente ballad acustica in un lavoro del genere, che prontamente Shortino e Northrup propongono nella bella “Like a stone”. Costruita su “leggeri” e semplici arpeggi di chitarra, arricchiti da morbidi interventi per pianoforte, questa song (dai toni molto riflessivi) sembra cullare l’ascoltatore catapultandolo indietro nel tempo quando negli eighties ballad di questo genere erano “pane quotidiano” di ogni ascoltatore di buon melodic rock. Cambia decisamente atmosfera la seguente “Crazy Mind”, dove s’impone un robusto riffing hard rock sostenuto da una base ritmica potente ed efficace. In questi frangenti la band dimostra gusto e versatilità, costruendo linee melodiche di raffinato spessore grazie a un lavoro tecnico strumentale di buon livello (basti ascoltare il bell’assolo, frizzante e diretto). Con la quinta track, “Feel again”, la band esplora nuovamente morbide e suadenti armonie, concentrando l’attenzione dell’ascoltatore su un riffing che mette in risalto la “riflessività” delle melodie più che mettere l’accento sulla forza d’impatto hard rock. Particolarmente stuzzicante risulta essere “Crossfire”, dove s’impone gradevolmente un lavoro di “slide” alle chitarre che riporta nuovamente le “lancette del tempo” ai mitici eighties. Sicuramente la song in questione è ineccepibile sotto il profilo della qualità compisitiva, il problema però è che la canzone non aggiunge “altro” rispetto ai precedenti pezzi. La settima track, “Slade”, è un altro brano interessante del disco, dove  la band sviluppa molto bene il “sound” del gruppo modulandolo opportunamente a seconda che il riffing sia più morbido, sia che si faccia più “corposo”. Molto ben costruito il refrain, maestoso e accattivante insieme, nonché il bell’assolo che eleva di tono il brano nel suo complesso. Con “Gypsy Soul” la band si avventura in atmosfere malinconiche e riflessive, ben tratteggiate da un riffing quasi sofferto sul quale si stendono vocals che donano ulteriore espressività al pezzo nel suo complesso. “Mark my words”, song strumentale, mette in mostra le buone doti dei musicisti coinvolti in questo progetto, risaltando soprattutto un buon lavoro in fase di songwriting in grado di stuzzicare l’ascoltatore mantenendo sempre vivo l’ascolto.
“As I Fall”, colpisce nella morbida parte introduttiva, dove Scortino imposta la voce in maniera molto simile a quella di Coverdale (con risultati, bisogna dirlo, tutt’altro che insoddisfacenti). Il resto della song, in molto passaggi effettivamente lascia trasparire la voglia del duo di ripercorre sonorità molto vicine al Whitesnake style, senza scadere però nel plagio. La conclusiva “Prisoner” riporta l’ascoltatore a confrontarsi con temi melodici già ampiamente sperimentati nei precedenti brani, soprattutto per l’ormai collaudata capacità del duo Shortino-Northrup di calibrare momenti soffusi e rilassati ad aperture melodiche più maestose.

Per concludere “Afterlife” è un discreto lavoro che, anche se risente molto (e a volte eccessivamente) dell’influenza dell’hard rock made in ’80, potrà risultare piacevole all’ascolto senza lasciarvi insoddisfatti.      

Tracklist
1. Here I Am
2. Afterlife
3. Like A Stone
4. Crazy Mind
5. Feel Again
6. Crossfire
7. Slave
8. Gypsy Soul
9. Mark My Words
10. As I Fall
11. Prisoner
 
Line-up
Paul Shortino (lead vocals)
JK Northrup (guitar, bass, percussion, synth, backing vocals)
B.E. Haggard (drums)
Nir Averbuch (keyboard, organ, synth)

 

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