Recensione: Age of Calamity

Di Nicola Furlan - 5 Febbraio 2014 - 17:54
Age of Calamity
Band: Sceptre
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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55

È grazie all’etichetta spagnola Memento Mori che possiamo ascoltare oggi la seconda fatica discografica degli indiani Sceptre, “Age of Calamity”. Per quanto mi riguarda è sempre un grande piacere constatare che qualcosa arrivi anche da quelle parti così apparentemente escluse da ogni circuito produttivo. Ebbene sì, anche l’India ha i suoi paladini del thrash metal.
Esordienti nel 2008 con il disco “Now or Never”, gli Sceptre provengono da Bombay e propongono un thrash metal abbastanza arcigno e pesante in quanto scandito da sezioni groove e da un mood complessivo che sa tanto di hardcore moderno. Parti più cadenzate s’aletarnano alle accelerazioni tipiche del thrash metal moderno ‘Made in Exodus‘. La struttura di tutti i brani è la medesima per cui non è possibile attribuire alla band un brillante intuito compositivo in grado di garantire quel magnetismo che lega l’ascoltatore al disco, brano dopo brano. Al terzo pezzo l’istinto di skippare il Cd alla successiva canzone è forte. La speranza è quella di trovare qualcosa di diverso, ma, ahimé, nulla accade.
Il quartetto spara a mille dieci brani dal sound scatolare dagli incastri ritmici improbabili. Blocchi di riff si susseguono senza minime variazioni all’interno delle singole strofe. Ogni passaggio tra le varie battute presenta discontinuità a livello di arrangiamento. Molti riff hanno del ‘già sentito’ anche se, questo dobbiamo riconoscerlo, lo stile è comunque azzeccato e non appare infantile come non di rado accade tra le band rilanciate dalla rinata scena thrash metal internazionale.
Non particolarmente brillanti a livello di sezioni soliste (sorvoliamo su alcuni soli striminziti…), gli Sceptre appaiono a tutti gli effetti come una band ancora immatura dal punto di vista compositivo e carente sotto il profilo tecnico (in particolare al drumming). Aspetti positivi sono certamente quelli legati all’interpretazione del groove, elemento che sembra ben fissato tra le eliche del DNA del chitarrista e compositore Gilroy Fernandes. Le soli parte davvero convincenti sono quelle filo ‘Bay-Area style’. Per il resto: non ci siamo! Bene invece il cantato, parecchio aggressivo e coinvolgente.
Non male la produzione (in particolare le scelte adottate in fase di missaggio), moderna e frizzante, ma non pulitissima come ci si potrebbe aspettare dati i tempi e gli esempi del mercato, enfatizza il parco suoni e garantisce rendimento quando la band approccia al martellante groove che permea l’intero lotto di canzoni.
Considerato che la band è presente ‘on the road’ da ben quindici anni, è lecito aspettarsi qualcosa di più fin dalla prossima pubblicazione in studio. Speriamo che l’occasione, presa al volo, del contratto con la label spagnola Memento Mori sia da stimolo per produrre qualcosa di maggior qualità. Considerata la crescente qualità del thrash in generale (sopratutto europeo), ci sarà da impegnarsi parecchio… sperando di non dover aspettare altri cinque anni!

Nicola Furlan

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