Recensione: Alcoholic Alliance Disciples

Di Alberto Biffi - 10 Aprile 2011 - 0:00
Alcoholic Alliance Disciples
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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75

Arriva da Cagliari questo combo dedito ad un hard rock/metal decisamente “paludoso” e “sudista”.
Che le influenze di questa “alleanza alcolica” siano ben radicate in bands come Down, Black Label Society, Sabbath e compagnia “stoneggiante” è chiaro sin dall’iconografia e dal look adottato dalla band.
Folte barbe, cappellini da baseball e camicie a scacchi, sono la bandiera che ci viene sventolata in faccia nelle foto promozionali del gruppo.
Osservando il video di una loro esibizione live poi, sono immancabili le fedeli Gibson e un atteggiamento inevitabilmente “raw” e “in your face”, che caratterizza questi ragazzi, nelle cui case immagino campeggino poster di Dimebag Darrel, Zakk Wylde e Tony Iommi.
Mirto e mare quindi, in contrapposizione con Whisky e paludi, per questi rockers che sanno decisamente il fatto loro e che ci presentano questa demo registrata nel 2008 e recentemente rieditata, disposta su cinque tracce.

Le influenze della band ne costituiscono la forza ed al contempo la sua debolezza.
Prendiamo ad esempio, gli armonici artificiali tanto cari al nostro barbuto e lungo-crinito Zakk: qui, in questo dischetto ben presentato, sono assolutamente…e semplicemente…troppi!
La voce di Kjxu, adatta per timbro ed impostazione, pecca a volte in intonazione (cosa da aggiustare) ed i soli di chitarra sono purtroppo elementari, schiacciati dalla predominanza dell’impostazione ritmica dei due axemen, che dedicano ogni loro energia alla produzione di riff incisivi e massicci. Nulla da eccepire per una sezione ritmica ben rodata, potente e precisa. Un basso da applausi (bravo Pablo).

I brani sono belli, risultando paradossalmente ben più piacevoli quando “scimmiottano” bonariamente la band di Phil Anselmo.
“Blues For The Heretic Confraternity Of Drinkers”, ha un incipit mutuato dai Down, con una voce “stoner” e un arrangiamento di chitarre molto efficace, che ci evocano i più profondi Stati Uniti del sud, se non fosse, ahimè, per i soliti stra-abusati armonici artificiali.
La conclusiva “Trunk Destruction”, il pezzo più veloce e rock’n’roll del lotto, hai il pregio di farci salutare la band in pieno headbanging, con echi di Metallica, Motorhead e Led Zeppelin (???).

La prime tre tracce, in questa recensione “a ritroso”, ci piacciono, sono gradevoli, ma non ci scuotono come dovrebbero.
Solo di chitarra maggiormente curati e caratterizzanti (ragazzi, non dimentichiamo le lezioni di grandi chitarristi come Vito Bratta o Randy Rhoads, i solo sono “brani nei brani”, sono un arma in più, non uno spazio da riempire forzatamente con delle note) e un arrangiamento vocale più attento (ovvero, cori incisivi e potenti e una linea solista più professionale ed intonata) potrebbero portare decisamente questi simpatici “alcolizzati sardi” a volare molto più in alto.

Immaginando il cristallino mare di Sardegna, come una palude infestata da rettili e zanzare, auguriamo agli Alcoholic Alliance Disciples una carriera brillante e tonnellate di birra e watt!

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Tracklist:

01.    Story Of Holy And Damned Men
02.    River Of No Return
03.    Call Of The Alliance
04.    Blues For The Heretic (Confraternity of Drinkers)
05.    Truck Destruction

Line Up:

Angelo – Batteria
Pablo – Basso
Ernst – Chitarra
Axl – Chitarra
Kjxu – Voce

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