Recensione: All Hail The Order

Di Ottaviano Moraca - 24 Aprile 2016 - 8:00
All Hail The Order
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2015
Nazione:
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72

The Heretic Order è un combo londinese arrivato da poco al debutto discografico. Sono dediti ad un Heavy Metal di stampo classico, con tematiche occulte/sataniste in cui si sentono forti e numerose le influenze dei padri fondatori del genere, Black Sabbath, Mercyful Fate/King Diamond su tutti. I quattro suonano mascherati e così compaiono anche nei video. Inoltre, accogliendo la migliore tradizione Black, non ci dicono i loro veri nomi ma si presentano come: Lord Ragnar Wagner (chitarra e voce), Rotted Skull (basso), Evil E (batteria) e Count Marcel La Vey (chitarra solista).

Trucco (e soprannomi) a parte questo album di Black ha solo i testi e tutto sommato è un bene, perché il prodotto finale, così com’è, è assolutamente godibile, ben confezionato ed è quindi un debut album di tutto rispetto. Si parte con l’ottima opener “Burn Witch Burn” che ricorda i già citati Mercyful Fate e Black Sabbath, ma con voce a tratti (e un po’ forzatamente) growl. Pregevoli i cambi di ritmo e più in generale il lavoro delle chitarre. L’unica vera pecca è il video che, immagino, risente del budget ristretto. Contrasto tra parti tirate e tempi più cadenzati anche nella successiva “El Baile De Los Muertos”, in cui di nuovo ritroviamo il sound e il riffing dei Black Sabbath d’annata. Questo brano è arricchito dall’ottimo lavoro delle chitarre, sia pulite che distorte, e da un songwriting articolato. Più lineare invece la struttura di “Rot In Hell” dove i Nostri strizzano l’occhio a sonorità care alla NWOBHM, con un brano forse meno incisivo ma più orecchiabile e immediato. Con “Death Ride Blues” rimane l’influenza NWOBHM nei suoni, ma dietro il microfono a tratti si ammicca a Marilyn Manson. Impeccabile il lavoro delle chitarre, soprattutto in fase di assolo, per questo pezzo davvero pregevole e di sicuro impatto… Senz’altro uno dei più riusciti del disco. Purtroppo, ancora una volta, il video avrebbe potuto essere migliore… Speriamo che la casa discografica metta a disposizione budget più appropriati, quando sarà il momento di presentare il prossimo lavoro in studio di questa band, per altro molto promettente. Cambia passo, ritmo e incedere la successiva “The Snake”. Lenta, trascinata e ipnotica, riporta alla mente i Type O Negative, soprattutto all’inizio. Di nuovo molto ispirata la chitarra solista che senza esagerare aggiunge eleganza ed incisività. Completamente opposto il discorso per “Don’t Believe The Lies” che manca il bersaglio scivolando nell’anonimato del metal più banale, per quanto, bisogna dirlo, sia ben eseguita tecnicamente. Dal punto più basso di questo album ci risolleva immediatamente “Dark Light”, che aggiunge una struttura meglio costruita e qualche scintilla di “quel che ci vuole”  in più. Da qui il combo londinese torna a volare con “Serpent’s Breath”, che funge da intro alla spettacolare “Ghost Tale”. Diretta, incisiva, intrigante e soprattutto ispirata. Cambi di ritmo e intricate linee di chitarra sono gli ingredienti per ricatturare l’attenzione dell’ascoltatore e tenerla ben salda anche nella successiva “Trail Of Sadness”, in cui forse il cantante (o il produttore) si lascia un po’ troppo andare nell’effettare la propria voce. In compenso le chitarre ipnotizzano con melodie e tecnicismi, mentre ancora una volta è la complessità della struttura a farla da padrona, con cambi di tempo e di mood. Dulcis in fundo, il pezzo più impegnativo. Gran finale con la lunghissima “Entombed”, che è il riassunto di quanto di buono abbiamo ascoltato durante il resto dell’album. Siamo quasi al Thrash e i Nostri sanno fondere chitarre distorte con altre pulite, atmosfera suggestive e mitragliate di note in una struttura tormentata e mai banale. Tutto quanto è miscelato con gusto e sapienza e, in un pezzo da quasi 9 minuti, non era affatto scontato: davvero niente male!
 

Concludendo i The Heretic Order non toccano mai le sponde estreme del black o del doom, ma guardano ad entrambi mentre propongono un buon classic-metal che si distingue soprattutto per il lavoro della chitarra solista, assolutamente pregevole, e per il songwriting sapientemente articolato. Il tutto è condito con la giusta dose di cattiveria e malvagità, ma solo quando serve, senza mai esagerare per non diventare stucchevoli. Bravi. Dove possono invece prestare il fianco a critiche è sull’originalità della proposta, che risente di troppe influenze non ancora sufficientemente rielaborate e quindi chiaramente distinguibili. Un peccato quasi veniale, vista la qualità generale e la bontà del lavoro. La pecca principale la segnalerei invece alla voce immagine. Non solo non l’ho trovata particolarmente originale ma è così ostentata da risultare grottesca e quasi ridicola. Forse un po’ di auto-ironia aiuterebbe ad aumentare la credibilità di un gruppo che dà l’idea di prendersi troppo sul serio. Dove invece non si può scherzare è sulla comunicazione: una striminzita pagina facebook è davvero poco per una band che crede, e a buon diritto, in ciò che sta realizzando. Oggi come oggi non si può imporre tanta fatica ai fan che vogliono reperire informazioni… Almeno se ci si prefigge di fare proseliti come questo Ordine Eretico. Detto questo bisogna sottolineare che, giudicandolo solo con le orecchie, questo album non ha niente da invidiare al debutto di band oggi diventate “di grosso calibro”, quindi consigliatissimo, anzi obbligatorio, tenere d’occhio questa nuova, e solida, realtà londinese. Entrate a far parte dell’Heretic Order!!!

 

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