Recensione: Altor: The King’s Blacksmith

Di Francesco Sgrò - 24 Aprile 2013 - 8:00
Altor: The King’s Blacksmith
Band: Kaledon
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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76

Questo 2013 sembra davvero denso di uscite discografiche.
Con l’avvento del nuovo anno, tornano alla ribalta anche i nostrani Kaledon rilasciando per Scarlet Records il settimo studio album intitolato “Altor: The King’s Blacksmith“.
Dopo ormai tanti anni di carriera, la proposta artistica del sestetto tricolore non è mai mutata, assestandosi anche in questa ultima fatica su di un Power Metal complessivamente piacevole e ben suonato, seppure in verità, talora un pelo prevedibile. Nulla di troppo fastidioso ad ogni modo, se è vero che, esattamente da questa miscela consolidata, il gruppo romano riesce a trarre – da anni – le migliori fortune.
Per tutta la durata del disco i nostri dimostrano ancora una volta di saper interpretare il proprio ruolo perfettamente, sfruttando appieno le capacità creative in dote attraverso una serie di brani convincenti e gradevoli.

Ad aprire le danze per questo platter è la breve e strumentale “Innocence“, immancabile intro atmosferica e tastieristica, che se da una parte risulta spesso essere elemento fondamentale nella maggior parte delle produzioni classificabili come Power Metal,sia italiane che straniere, dall’altra contribuisce a rendere la struttura del disco assai scontata.
Il combo italiano spezza le catene delle quali era prigioniero irrompendo con l’energia della piacevole opener “Childhood“,diretta, brutale e melodica, dominata da corposi riff con frequenti accelerazioni delle due chitarre e soprattutto sorretta da un ritornello arioso e solare, come vuole la tradizione legata al genere qui rappresentato dai Kaledon.
Il disco prosegue sulle medesime coordinate, mantenendo fede ad una ricetta consolidata da tempo, con “Between The Hammer And The Anvil“ (che non ha relazione alcuna, se non il titolo,con la ben più nota canzone firmata dai Judas Priest ed inclusa nel mitico capolavoro, “Painkiller“ del 1990). Anche in questo caso, il combo tricolore alterna riff furiosi accompagnati da una sezione ritmica lancinante e contraddistinti da massicci squarci melodici, volti a rendere il tutto molto piacevole ed a tratti quasi gioioso.
Alla buona “Between The Hammer And The Anvil“, segue l’altrettanto melodica “My Personal Hero“, contraddistinta da un consistente tappeto tastieristico che fa da sfondo perfetto alle melodie eseguite dal singer Marco Palazzi (presente nella band fin dal 2007).

Con la successiva “Lilibeth“, il gruppo abbandona momentaneamente le velocità sostenute delle canzoni precedenti per adagiarsi efficacemente su tonalità più morbide, confezionando una superba ballad, in cui pace ed armonia regnano incontrastate. Il merito è soprattutto da ascriversi all’ottimo lavoro pianistico, capace di creare un sognante muro sinfonico che rappresenta il preludio alla più sostenuta ma altrettanto melodica “A New Beginning“, traccia caratterizzata da un Refrain davvero ben riuscito che riprende le classiche sonorità Power tipiche del gruppo nostrano.
 La robusta “Kephren“, autentico concentrato di potenza mista a melodia si offre poi come scintilla ideale nello scatenare l’ira del combo tricolore, pronto a sancire la catastrofe totale (in senso buono) con la furiosa “Screams In The Wind“, brano che come un inarrestabile turbine travolge ogni cosa, sfociando infine nell’altrettanto devastante e maligna “A Dark Prison“, contraddistinta da oscuri fraseggi chitarristici e da cupe melodie vocali in perfetto contrasto con l’atmosfera solare espressa nell’ottimo refrain.

Un buon modo per accompagnare l’ascoltatore verso la conclusione di un’epopea metallica, sicuramente non originale, ma senza dubbio molto appetibile per tutti i fan del Power Metal melodico e per i numerosi sostenitori dei Kaledon.

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