Recensione: Ambition

Di Emanuele Calderone - 20 Febbraio 2012 - 0:00
Ambition
Band: Apagoge
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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73

Nati nel 2007 in quel di Ravenna, gli Apagoge sono una nuova realtà del panorama metal nostrano.
Il quintetto, formato da William alla voce, Christian alle chitarre, Batti al basso, Simone alle tastiere e Matteo alla batteria, è fautore di un power metal decisamente interessante e accattivante.
Il gruppo infatti, senza limitarsi a riproporre dei cliché ampiamente abusati, decide di arricchire la propria musica con suggestioni al limite del prog, senza disdegnare passaggi tipicamente thrash e condendo il tutto con spruzzate di metal sinfonico.

Dopo un primo demo datato 2007, i ragazzi tornano in studio nel 2011 e ad Ottobre esce “Ambition”. L’opera, divisa in quattro tracce per una durata complessiva di poco più di 20′, colpisce fin da subito per la varietà e la solidità degli arrangiamenti. Il combo nonostante sia solo al secondo lavoro, sfodera un songwriting di buon livello, che denuncia una certa maturità in fase compositiva. Molto buona anche la preparazione tecnica degli Apagoge: la band ostenta  fiducia nei propri mezzi, gestendo con la sicurezza tipica di artisti navigati anche i passaggi più arzigogolati.
Dando un ascolto attento all’ep, le influenze si riescono ad individuare molto facilmente: l’ispirazione viene dai soliti noti del power (Sonata Arctica e simili, ma anche Iced Earth e Angel Dust) e dal thrash di casa Metallica e Nevermore, il tutto però rielaborato con gusto e personalità.
All’ascolto, rimarrete piacevolmente stupiti dall’ottimo lavoro della sei corde, che macina riff senza sosta e spara assoli taglienti e raffinati. Non da meno il lavoro del quattro corde di Batti, capace di dare corposità e “profondità” a ciascuna delle quattro tracce qui presenti. Un plauso sincero va anche a William dotato di una voce lontana anni luce dalle ugole acutissime e pulite della stragrande maggioranza dei cantanti power metal. Il timbro del singer è basso ed espressivo, talvolta evocativo e teatrale, talvolta più violento e feroce. Il giovane non sembra a disagio neanche nei passaggi in growl, eseguiti con sufficiente perizia.
L’unico appunto va fatto alla batteria: non pensiate che Matteo pecchi in precisione o varietà, anzi, il problema è che talvolta ci è parso che il drummer si facesse prendere eccessivamente dall’euforia, risultando pertanto troppo veemente. Ne volete un esempio? Basterebbe ascoltare talune parti dell’opener “Ambition” o “The Wooden Door” per rendersi conto che quanto appena detto corrisponde alla verità. La sovrabbondanza di blastbeat distoglie l’attenzione dell’ascoltatore dalle melodie, influendo negativamente su quanto di buono fatto.
A Simone e alle sue tastiere è demandato il compito di incorniciare le canzoni. Il tastierista si diverte a costruire le atmosfere portanti di ogni pezzo, rivelandosi prezioso come non mai e arricchendo l’aspetto emotivo di ogni episodio musicale.

Se dovessimo scegliere un brano rappresentativo, la scelta cadrebbe senza dubbio alcuno sulla teatrale “Smeagol”, in assoluto la track più completa e riuscita del lotto. Tra atmosfere al limite del prog, sferzate dal sapore avantgarde e momenti più accomunabili al power e al thrash, “Smeagol” ammalia e convince fin dal primissimo ascolto, guadagnandosi la palma di miglior brano.

Purtroppo dobbiamo segnalare la pessima qualità audio di cui gode il disco. I suoni, impastatissimi, sono quanto di peggio mi sia capitato di sentire ultimamente: chitarre e batteria sono quelle che ne escono peggio, a causa di un missaggio davvero mal riuscito.

Nonostante qualche piccolo difetto -dovuto probabilmente anche alla giovane età del progetto- “Ambition” rimane comunque un lavoro di tutto rispetto, che non mancherà di accontentare tutti gli appassionati della buona musica. Per ora promossi, in attesa, magari, di un piatto più sostanzioso.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Ambition
02- Smeagol
03- The Wooden Door
04- Shadow From the Past

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