Recensione: Amigdala

Di Daniele D'Adamo - 10 Aprile 2014 - 18:14
Amigdala
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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74

 

I Taste Hematic Chains sono un ensemble di giovane età, nato infatti nel 2010, che si mostra al mondo del metal con questo full-length autoprodotto all’inizio dell’anno scorso. Nel carniere c’è già un EP del 2011, “Communications From Elsewhere”, ma è proprio con “Amigdala” che la band si propone con quel piglio professionale che si conviene.

Sono più di uno gli indizi che riconducono a una serietà d’intenti encomiabile. La cura grafica, innanzitutto, curata in ogni dettaglio, dall’artwork ai testi. La meditata scelta del moniker, poi, indicativa di una precisa volontà di lasciare il segno. E, ultimo ma non ultimo, il sound che sprigiona il CD. Un sound che non lascia trasparire da nessuna parte l’approccio forzatamente amatoriale alla questione. Anzi, si può tranquillamente affermare che il duro lavoro svolto presso la Media Factory di Esine (BS) abbia dato appieno i suoi frutti, giacché “Amigdala” può competere con chicchessia, e non solo a livello di underground.

Per quanto riguarda l’aspetto prettamente musicale i Nostri seguono la moderna corrente metalcore o meglio, almeno a parere di chi scrive, deathcore. Messa da parte l’assenza pressoché completa di melodia, esclusa qualche linea vocale femminile più armoniosa presente in “The Hater”, i Taste Hematic Chains pestano difatti durissimo, non esimendosi neppure di sfondare la barriera dei blast-beats. Le chitarre macinano riff su riff dalla consistenza granitica, thrashy, lasciandosi sì andare a più d’un ricamo solista di pregevole fattura (“Taste Hematic Chains”), ma non allentando mai la morsa alla gola dell’ascoltatore. Il rabbioso drumming, peraltro preciso e pulito, forma con le ‘sbombardate’ del basso un osso davvero duro da rodere per chiunque. Con il vocalist a rifinire con aggressività e cattiveria il tutto dall’alto di una più che buona prova d’ugola, impegnata a cimentarsi senza difficoltà con growling, screaming e, addirittura, ‘suinico’ inhale.

Piuttosto riuscite anche le canzoni, le quali alimentano il filo di un discorso comune che altri non è che lo stile della formazione. Uno stile forse non originalissimo, ma senz’altro deciso e ricco di personalità. Il che è fondamentale, a livello di demo. Così, dal breve intro d’apertura alla conclusiva “This Is Halloween”, nel disco non ci sono né buchi, né cadute di tensione, né riempitivi. Probabilmente non c’è nemmeno la vetta, cioè la ‘song memorabile’ – anche se la trascinante “Paint Me A Murder” ci arriva vicino – , con che appare chiaro che un margine di miglioramento, a livello di songwriting, ci dovrà sicuramente essere, per alzarsi davvero in volo. Prendendo però l’opera nel suo complesso, la consistenza di tutte le tracce e la loro costanza come qualità sono pregi da conservare con cura e, anzi, da mettere da parte per il futuro.

Futuro che, con queste premesse, potrà essere più che roseo. Spetta solo ai Taste Hematic Chains, tuttavia, proseguire sulla buona strada intrapresa, perseguendola con forza, determinazione e passione.

Buona la prima!    

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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