Recensione: Angel Witch

Di Filippo Benedetto - 13 Luglio 2003 - 0:00
Angel Witch
Band: Angel Witch
Etichetta:
Genere:
Anno: 1980
Nazione:
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90

Fine anni settanta, il punk imperversava e per l’hard rock erano tempi duri. Pochi scommettevano su un ritorno di popolarità di questo genere, finchè non arrivarono gruppi giovani e pieni di voglia di sfondare e che proponevano un tipo di musica mai sentita prima. Nasceva quindi la cosiddetta New Wave of British Heavy Metal. Gruppi come Iron Maiden, Samson, Diamond Head Angel Witch, per citarne solo alcuni dei più famosi, si apprestavano ad invadere le scene e a portare una ventata di freschezza ad un genere musicale dato ormai per spacciato. Proprio gli Angel Witch, con il loro omonimo debut album, si guadagnarono un posto di tutto rispetto tra i padri fondatori del movimento, e dei relativi clichè del genere musicale in questione.
“Angel Witch” presenta fin dalle prime note del brano d’apertura, la title track, una band che sfodera tutte le sue carte migliori, mettendo in mostra una vera creativa che non ha nulla da invidiare a nessuna delle altre band della NWOBHM. I riffs semplici ma efficaci, melodici ma mai scontati, ed il cantato è ben curato sia nelle lead vocals che nelle backing vocals. Insomma un ottimo brano che sembra essere quasi un biglietto da visita che il combo mostra all’ascoltatore per chiarire da subito l’essenza musicale del gruppo. Si passa a “Atlantis” e anche il gruppo gioca con una canzone d’impatto, sfornando un’altra manciata di riff potenti e diretti nell’esecuzione, si assiste inoltre ad un ben collaudato gioco di sovrapposizione delle chitarre, il che mostra il buon livello tecnico della band. Le vocals sono pulite, mai fuori posto e rientrano perfettamente nell’atmosfera di tensione creata dalla track. Sembrerebbe che tutto quello che gli Angel Witch volevano dirci, lo abbiano già espresso con queste due prime tracce, invece con “White Witch” la band ci mostra la sua capacità di variare situazioni all’interno di uno stesso brano, amalgamando tempi sostenuti a parti più lente e quasi drammatiche nell’esecuzione, il tutto nel modo più spontaneo possibile. “Confuded”, il quarto pezzo, ha inizio con un riff quasi galoppante ma comunque potente, giocato su tonalità basse che conferiscono al pezzo una durezza convincente. Le voci, o meglio i cori, anche in questa canzone sono ormai un marchio di fabbrica del combo britannico, e pure qui conquistano subito. La seguente “Sorcerers” ha un riffing iniziale molto cadenzato sul quale si basa tutta la prima parte del brano, il cantato sembra congedarsi dalla precedente impostazione tutta improntata sulla potenza, per farsi più caldo e angosciante; una accellerazione improvvisa del tempo di batteria riporta la canzone sulle “coordinate musicali” già sperimentate dalla band senza stancare però l’ascoltatore. Diverso il discorso per “Gorgon”, almeno all’inizio. Si ha infatti una partenza rappresentata da un arpeggio molto bello, che poi lascia spazio ad una chitarra che spazza via ogni pausa di rilassamento dell’ascoltatore: i continui cambi di fraseggio, una batteria che segue bene i cambi d’umore all’interno del pezzo fanno di questo brano un’altra prova della versatilità del combo di Birmingham. Finita Gorgon ci troviamo subito di fronte a “Sweet danger”, con il suo riff sostenuto, gli assoli che, come in tutti i brani, sono taglienti e non tradiscono la sensazione di paradosso creata dal titolo stesso della track. “Free Man” è invece un pezzo melodico di sicuro effetto , giocato su un arpeggio ben costruito e un cantato come al solito pulito. Nel complesso una grande song, decisamente in grado di mostrare il lato più introspettivo della band. Il penultimo pezzo dell’album è “Angel of death”, canzone con un riff d’apertura cattivo quanto il titolo del pezzo stesso, che sembra quasi una risposta alla precedente melodicità e calma di “Free Man”, e che mostra il lato più “evil” della band. L’ultima traccia, “Devils Tower”, è uno strumentale con un arpeggio quasi sussurrato, inframmezzato da improvise intrusioni di chitarre distorte che conferiscono alla song un carattere “lunatico”.
Finita l’analisi del disco si può concludere dicendo con assoluta certezza che questo album è un acquisto obbligato per vuole conoscere di più sulla NWOBHM e sui suoi padri fondatori, tra i quali gli Angel Witch sono sicuramente tra gli interpreti più convincenti.

Filippo “Oldmaidenfan73” Benedetto

Tracklist :

1) Angel Witch
2) Atlantis
3) White Witch
4) Confused
5) Sorcerers
6) Gorgon
7) Sweet Danger
8) Free Man
9) Angel Of Death
10) Devils Tower

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