Recensione: Angels Fall First

Di EricAdams - 15 Maggio 2002 - 0:00
Angels Fall First
Band: Nightwish
Etichetta:
Genere:
Anno: 1997
Nazione:
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80

Prima uscita sulla lunga distanza per i finnici Nightwish, dopo uno split cd con Old man’s child e Children of Bodom (un trio di nuove proposte mica male…).

I nostri sono autori di un pregevolissimo ibrido tra gothic metal, power sinfonico e momenti strumentali che si rifanno in qualche modo a certe sonorità melodic death di scuola scandinava; questo mix di vari stili è poi ulteriormente impreziosito dalla splendida voce della singer Tarja, un vero soprano che, in quanto a tecnica, espressività e feeling non teme certamente alcun confronto, anche con colleghe più blasonate.

Si parte subito col piede sull’acceleratore con Elvenpath, speed power song che molto deve al sound di gruppi come Stratovarius e Nocturnal Rites, tanto per rimanere in Scandinavia; neanche il tempo di etichettare questo combo come ennesima band clone dei gruppi di cui sopra che i Nightwish ci stupiscono con Beauty and the Beast, a mio avviso la migliore song del lotto. In questa bellissima canzone c’è di tutto: tastieroni, doppia cassa, gorgheggi, voce parlata e distorta, un assolo da sciogliersi in lacrime… un capolavoro assoluto del sincretismo musicale fra più generi in apparenza diversi.

Su coordinate simili si pone la terza traccia del platter, The carpenter, mentre la successiva Astral romance ci riporta su lidi più propriamente power metal, proponendoci parti di doppia cassa e ritmiche a ottavi in quantità industriale.

La title track è la prima ballad dell’album, e rappresenta il secondo “gol” segnato dal gruppo: costruita prevalentemente su voce, chitarra acustica e tappeto di archi, questa song riesce ad infondere una tristezza polare, le liriche, scarne ed evocative, contribuiscono ad aumentare la disperazione; se sopravvivete al primo ascolto, amerete questa canzone

Feeling “egizio”, piramidi e mummie ci introducono poi in Tuthankamen, pezzo decisamente atipico, nella sua unione, un pò forzata a dire la verità, tra flauti egiziani e chitarre metal; una bella song, ma nulla di più. Decisamente meglio con la settima track, Nymphomaniac fanatasia, song delicata e “minacciosa” nella prima parte, più cadenzata e trascinante nella seconda. La qualità scende purtroppo nella successiva Know why the nightingale sings, pezzo che vuole essere power ma che, complice anche un ritornello bruttino, non coinvolge e si lascia dimenticare in fretta.

La suite di chiusura del disco, Lappi (Lapland) è un bel mix di situazioni musicali diverse e, fra parti operistiche (molto belle, ma cantate nella incomprensibile lingua madre del combo), ariose aperture di tastiere ed assoli di timpani, ci conduce alla fine del platter.

Tirando le somme ci troviamo di fronte ad un bel disco, suonato bene e prodotto meglio, che, oltre a risultare estremamente piacevole, coinvolgente e quasi mai autocelebrativo e prolisso, lascia intravedere ampi margini di miglioramento per la band.

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