Recensione: Animal Anger

Di Mauro Gelsomini - 29 Aprile 2004 - 0:00
Animal Anger
Band: Razorback
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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70

Nati dalle ceneri dei Vanize nel 2002, i Razorback si propongono di seguire le orme dei conterranei At Vance con il loro heavy metal di chiara matrice teutonica, ma ben lontani dal concepire un disco fatto di up-tempo serrati. La musica dei nostri è un metal molto melodico, dalla grande orecchiabilità, in cui gli elementi hard rock sono decisamente importanti e portanti per la riuscita finale di ogni singolo brano. I ritornelli infatti non lasciano adito a dubbi, con la loro semplicità ed immediatezza, e mettono le cose in chiaro fin dall’inizio con la opener “The Hymn”, seguita da “One By One”, due pezzi dal chiaro intento di allontanare l’ascoltatore che non apprezzi fin dal principio determinate sonorità.
Non potrebbe essere altrimenti, considerando il fatto che sono della partita due personaggi di spicco come Stefan Berggren, ex singer dei Company Of Snakes, e Chris Heun, ex Shylock. Il primo dona al combo tanta qualità e contribuisce a portare il sound su territori hard-rock sullo stile dei Whitesnake, mentre il secondo impreziosisce con riff ai limiti dell’AOR le ritmiche non troppo elaborate dei Razorback.
Il singer sfoggia prestazioni di eccellenza in “A New King In Town”, dove emulo di Ronnie James Dio decide per una piccola deviazione dallo standard con un pezzo malinconico e decisamente poco happy. A metà strada, invece, si colloca “Kiss of Death”, che sulle strofe ricalca il mood della song precendente, mentre nel refrain riprende l’ariosità dei migliori Company Of Snakes.
Più intimista e pacata, “Fire and Rain” è del tutto hard rock, semplice ma d’effetto, mentre si picchia con la seguente “Release Me”, ancora in tradizione Dio, anche se qui la voce di Berggren non graffia a sufficienza. Si sfiora quasi il rock&blues con “Lone Wolf”, anche se globalmente si tratta di un pezzo che nei riff è fortemente influenzato da Priest, da un lato, e Manowar dall’altro, supportati da un cantato ancora dannatamente hard rock.
L’hard rock di “Eye Of The Storm” fa fatica a decollare verso quello che potrebbe essere un refrain take-no-prisoner, avendo tutte le carte in regola per farlo, e le aspettative di tornare a due hit come le due song iniziali non vengono esaudite neanche da “Bastard”, hard rock alla Whitesnake, malgrado la bruciante accelerazione sul finale.
Chiude il disco “Dead Man’s Song”, una ballad asfissiante in cui viene fuori tutto il blues finora ben nascosto negli altri pezzi mediamenti ariosi. Breve ma intensa.
In definitiva promuovo la qualità, innegabile, di un platter che contiene molti buoni pezzi e due o tre hit. Se vi piacciono i nuovi At Vance, e se siete fan di vecchia data del Serpente Bianco, forse è il caso che diate credito ai Razorback.

Tracklist:

  1. The Hymn
  2. One By One
  3. A New King In Town
  4. Kiss Of Death
  5. Fire And Rain
  6. Release Me
  7. Lone Wolf
  8. Eye Of The Storm
  9. Bastard
  10. Dead Man’s Song

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