Recensione: Anointing

Di Stefano Santamaria - 6 Giugno 2017 - 0:00
Anointing
Band: Lo-Ruhamah
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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82

Dieci anni di silenzio ed ora, dopo tanta acqua passata sotto un ponte chiamato vita, ecco riavere tra le mani un’uscita discografica degli estoni Lo-Ruhamah. Poche info al riguardo di un progetto la cui collocazione geografica ci risultava essere in passato gli Stati Uniti. Premesso questo, ciò che conta è sempre la musica e ciò che ci riesce a trasmettere. 

Nell’ormai lontano 2007 ci eravamo imbattuti in “The Glory of God”, ora idealmente quel cammino trova ancora corso con “Anointing”. Gli artisti sono interpreti di un death/black metal cupo, dalle atmsofere dissonanti e decisamente ricercate. 

L’interpretazione vocale è ideale eco di una sofferenza che si è fatta riflessione, pensieri il cui misticismo traspare non solo dai testi, ma anche dagli strumenti. Disco assai complesso, che non snatura l’essenza della nera fiamma, regalando però tra le righe della mestizia profonda religiosità.

 Tutto questo soggiace ad un fitto tappeto di suoni, caos che poi, d’improvviso, si fa cacofonico. L’impasto di voci diventa vento che ulula, boato dalle viscere della terra che tutto scuote, ridestando. Angoscia e poi sole,chitarre che dipingono allucinazioni per poi alzarsi oltre una coltre di quotidiane apprensioni. 

I pezzi sono tutti ben strutturati, tutt’altro che prevedibili e dalle metriche che si avvicinano molto al genere della morte. Un’aura post-rock / avangarde si espande, personalità che ci ricorda a tratti il verbo norvegese, unitamente alle sperimentazioni del filone americano. Riduttivo per questi artisti fermarsi però qui, perché furore e dissennatezza trovano l’ideale punto di incontro con pace e meditazione. Le urla di disperazione di ‘Aeon’ vengono veicolate in un caleidoscopico flusso di psichedelia, viaggio spazio tempo che dissolve l’anima, per poi lasciarla libera di fluttuare indefinita. 

Gli sviluppi dei pezzi sono, per cadenze e velocità, accostabili al concetto di doom, una delle sfaccettature di un full-length che richiede molta attenzione ed impegno per essere totalmente compreso.  “Anointing” è un viaggio interiore tra luci ed ombre di noi stessi. Immagine fissa si stampa nella nostra mente, marea nera che lascia intravedere lampi violacei, in cui noi troviamo intima forza per staccarcene e raggiungere il luminoso silenzio della serenità.

Stefano “Thiess” Santamaria 

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