Recensione: Another Hostile Takeover

Di Alessandro Zaccarini - 7 Giugno 2005 - 0:00
Another Hostile Takeover
Band: Hanoi Rocks
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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72

A distanza di due primavere dall’ottimo Twelve Shots On The Rocks, gli Hanoi Rocks, capitanati dalla premiata ditta MonroeMcCoy, unici reduci della line-up originaria e dal caso Razzle/Neil, si ripresentano sulle scene con questo Another Hostile Takeover: un album che ha l’arduo compito di bissare il ritorno in grande stile dell’episodio precedente.

Il disco si apre nella maniera migliore con la vitalità di Back In Yer Face, brano energico e accattivante che svolge a pieno il suo compito di opener, scatenando collo e piede con il suo veloce trascinante incedere rock’n’roll. Il ritmo scema e ci troviamo alla piacevole ma più blanda Hurt, dove ci attendono chitarre meno marcate e le prime lievi contaminazioni reggae-rock che si amplificheranno nella successiva The Devil in You, pezzo che non riesce a decollare e finisce col risultare assai riempitivo e ripetitivo. Per fortuna la musica cambia completamente con Love, spettacolare indurimento di canoni rock’n’roll di metà secolo, con spruzzate country e settantiane, tra piani alla Grease appena accennati, Beach Boys qua e là, e orecchiabilità all’ennesima potenza. All’altalenante Talk To The Hand, dove il ritornello salva la baracca e un non troppo riuscito tentativo di approccio vocale alla Brian Johnson, segue la non malvagia Eternal Optimist. Il brano trova nella propria melodicità particolare, qualcosa simile al Bon Jovi dei “tempi di mezzo”, un’arma per restare su terreni congeniali agli Hanoi Rocks senza però aggiungere spunti geniali di sorta. Tra il cinguettare di uccellini e la chitarra arpeggiata si apre No Compromise, No Regrets, cover di Stiv Bators. Si tratta di una semi-ballad da ascoltare in macchina al tramonto, con i finestrini abbassati e il sole basso all’orizzonte (aiuto sto diventando un visionario). Reggae Cocker è un esperimento che ha da dire ben poco, se non strappare un amaro sorriso, un “nono non ci siamo” con la testa, e portare verso una coppia di pezzi diversi ma entrambi in pieno stile Hanoi Rocks: la veloce You Make The Earth Move, pezzo dal patrimonio genetico fondamentalmente ottantiano ma con qualche sprizzata più modernista; e la tranquilla Better High. Seconda cover dell’album è la melodica e molto pop-rock Dear Miss Lonely Hearts. Il remake del pezzo che fu di Phil Lynott è destinato a entrare velocemente nella testa di chi non la conoscesse, con il suo ritornello orecchiabile e il susseguirsi di atmosfere da musical e da festa di fine anno. A chiudere il disco troviamo Center Of My Universe, tipica ballatona scandinava un po’ alla Santana un po’ alla rock di fine ’80 / inizio ’90, epilogo abbastanza mediocre, che non delude ma non brilla nemmeno.

È incredibile come la band possa passare da pezzi estremamente riusciti e accattivanti, ad altri davvero evitabili: probabilmente scartare un di un paio di brani avrebbe giovato non poco al ritmo globale dell’album e alla sua resa complessiva. In ogni caso il dado è tratto, e questo è Another Hostile Takeover, con i suoi pezzi più o meno riusciti, ma comunque forti di una certa varietà stilistica. Un album più che sufficiente, un buon acquisto per tutti i fan degli Hanoi Rocks e per gli amanti del genere, che si troveranno tra le mani qualche “drive songs” e un paio di pezzi da godersi in sede live.


Tracklist:

01. Intro
02. Back In Yer Face
03. Insert I
04. Hurt
05. The Devil In You
06. Love
07. Talk To The Hand
08. Eternal Optimist
09. Insert II
10. No Compromise, No Regrets
11. Reggae Rocker
12. You Make The Earth Move
13. Insert III
14. Better High
15. Dear Miss Lonely Hearts
16. Insert IV
17. Center Of My Universe

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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