Recensione: Archaic Life Forms

Di Vittorio Cafiero - 6 Febbraio 2011 - 0:00
Archaic Life Forms
Band: Aneurysm
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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80

Rimango sempre più favorevolmente impressionato dal livello di serietà e professionalità raggiunto dalle band italiane underground. Giungono, infatti, alla nostra attenzione con il loro terzo full-length i veronesi Aneurysm, accompagnati dalla completa press-release fornita dalla loro etichetta discografica, l’attiva Kreative Klan. Con un package di tutto rispetto: copertina, layout e foto di alto livello, lavoro concettuale curato, produzione e suoni tutt’altro che amatoriali. Tutto ciò è un ottimo biglietto da visita che ben predispone chi ascolta (e recensisce). Se questo fosse tutto, chiaramente non sarebbe sufficiente. Ma il caso vuole che nella proposta degli Aneurysm anche il contenuto sia interessante. I Nostri senza dubbio guardano al futuro e la loro proposta è modernista: cyber-music, cyber-metal, cyber-thrash? Decidete voi, ma qualunque sia la scelta è innegabile che il mondo sintetico e digitale interessi agli Aneurysm e il loro metal è completamente filtrato da queste atmosfere. Tuttavia, attenzione a non farsi trarre in inganno dalle etichette: come nel più classico dei blockbuster americani, sotto un esoscheletro di acciaio si nascondono un’anima e un cuore pulsante, che contribuiscono ad arricchire tutto il lavoro di struggente pathos e, a livello più squisitamente musicale, di elementi più classicamente metal (mi riferisco in particolare al buon lavoro solistico della chitarra, spesso ultimamente bistrattato nei sottogeneri più moderni della nostra amata musica).

“Archaic Life Forms” si apre con il botto: “The Clear Obscure” (il singolo, per il quale è anche stato girato un video, a conferma dell’impegno di mezzi e promozione) è uno di quei pezzi azzeccati in tutto. Brevissimo prologo industriale ed esplosione metallica in pieno «Fear Factory-style», con il break immediato che lascia alle clean vocals il compito di ricordare da vicino la band di Burton C. Bell & Co. Ma, diversamente da questa, gli Aneurysm si lanciano in un chorus melodico d’immediata presa e, soprattutto, non eccedono nella pesantezza tipica di un certo industrial metal, con il vocalist Gianmaria Carneri che non cade nel cliché delle harsh vocals oramai di rigore. Si tratta di un’opener davvero esaltante che fa ben sperare per il resto dell’album. La tripletta iniziale segue quindi un pattern basato su un cyber-thrash edulcorato da ritornelli melodici, ma senza banalità: sia “The Missing Element” sia, soprattutto, “Agent One”, sono ben strutturate. In particolare, in quest’ultima, si rende protagonista Stefano Torregrossa alle keyboards e agli effetti, ben amalgamato con il resto, e l’approccio futurista è avallato da un’atmosfera «meshugghiana» nient’affatto forzata. Nel seguito dell’album si fanno più evidenti le altre influenze degli Aneurysm: ancora molto metal con “Last Farewell” (a porre l’accento che sì, c’è modernismo, ma non in un’ottica strettamente «alternative») e una certa anthemicità nel mid-tempo “Angel”, caratterizzato da un sentito assolo di Peter Calmasini (il cui lavoro chitarristico in alcuni tratti del CD ricorda, fatte le dovute proporzioni, lo stile di Jeff Loomis dei Nevermore). Dopo una “Anomaly” forse un po’ ripetitiva (ma potrebbe essere una scelta voluta nell’ottica di rappresentare una sorta di routine computerizzata del concept), con “X-World” Carneri tende a emulare Serj Tankian e le classiche nenie dei System Of A Down, mentre nella nuovamente industriale “Postulates” il ritornello riporta a certe atmosfere dei Tool.

In un futuro non troppo lontano, dove la razza umana è ridotta a essere nient’altro che un’arcaica forma di vita organica e la Macchina regola e domina il mondo, gli Aneurysm raffigurano la frustrazione di una realtà ripetitiva e annichilente tramite la riproposizione di un bagaglio d’influenze abbastanza ricco, senza omettere farina del proprio sacco e una certa maestria. Di certo, per il futuro, sarà necessario trovare la quadratura del cerchio completa tra il proprio stile e ciò che naturalmente viene assimilato da altre band (cosa che, ad esempio, già avviene in una canzone come “The Great System”). Come ulteriore suggerimento, mi sentirei di consigliare una maggiore spinta in avanti del basso, a volte un po’ nascosto dal pur notevole missaggio e del lavoro sulla pronuncia dell’Inglese.

“Archaic Life Forms” è un album di livello ragguardevole, dove le varie, indiscutibili influenze sono ben miscelate e riproposte. Di certo non si può parlare di un archetipo di originalità, ma è innegabile che dietro a certe soluzioni che possano sembrare derivate da altre si celi una forte maturità, che potrebbe portare gli Aneurysm assai lontano.

Vittorio “Vittorio” Cafiero

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Track-list:
1. The Clear Obscure 4:36
2. The Missing Element 4:32
3. Agent One 3:39
4. Last Farewell 4:49
5. Angel 5:27
6. Anomaly 4:54
7. Postulates 4:48
8. X-World 6:08
9. The Great System 5:38
10. Progeneration/Deactivation 6:24

All tracks 47 min. ca.

Line-up:
Gianmaria Carneri – Vocals, Guitar
Peter Calmasini – Guitar
Ivano Dalla Brea – Bass
Stefano Torregrossa – Keyboards, Programming
Marco Piran – Drums
 

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