Recensione: Architects Of Destruction

Di Vittorio Sabelli - 30 Ottobre 2013 - 0:06
Architects Of Destruction
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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74

 

Curioso l’approccio all’Orchestra Dei Morti Viventi, realtà francese che prende piede un paio di anni fa dalle ceneri di Whisper-X e dalla separazione di alcuni membri dagli In Arkadia. L’intento del quintetto di Grenoble è quello di instaurare punti in comune tra l’estremo brutal e deathcore, evitando di cadere nella famigerata trappola “inghiotti-*-core”, che tende ad amalgamare la maggioranza delle band che si prodigano in questo inflazionato genere.

Ma nonostante la giovane età e considerando che si tratta del loro primo full-length, i cinque dimostrano una maturità da veterani, e soprattutto una capacità d’azione che va ben oltre il genere, sia sotto il profilo tecnico che compositivo. Dopo uno split del 2011 con gli ecuadoriani Descomunal, i quattro brani che componevano l’EP dello scorso anno “Oppressive Procession” li ritroviamo in toto nel nuovo “Architects Of Destruction”. E la nuova etichetta Klonosphère Records ha visto bene a mettere sotto contratto questa nuova realtà transalpina per la produzione di questo atteso debutto.

Si capisce fin dalle prime battute di “Swamp Fever” che ci troviamo di fronte a un’interessante proposta impregnata di deathcore, ma che riesce a essere non statica e ripetitiva, bensì ricca di diverse sezioni, che evitano questo pericolo. Il riffing in particolare è accattivante, e lo sarà per i restanti brani, non soffocando mai l’aria e lasciando momenti di respiro con accordi aperti, in sintonia con il drumming di Cèdric, come nella successiva “A Mandatory Bloodshed”, che inizia a scaldare i motori all’ugola di Florian, che in “Oppressive Procession” si splitta tra screaming e growl brutale su ritmi spezzati alternati a sezioni melodiche che mettono in risalto mini-sezioni dedicate a riff secondari.

Buone le frequenze e il volume del basso di Eduardo, che rendono omogenea l’amalgama tra i vari strumenti per un sound d’insieme che mette in risalto i vari elementi. Dalle melodie chitarristiche alternate a riff, stop’n’go e soli di chitarra, tutto è facilmente comprensibile, sotto l’assedio del fuoco innestato dalle mitragliatrici di JB e Kevin. Così “Burden Of The Flesh”, “Catharsis For The Fallen” e “Entombment Of A Monarch” diventano solo un pretesto per colpire duro e indurci a prender coscienza del potenziale altamente radioattivo della band.

Sezioni a tremila si sprigionano in “Slaughtering The Weakest”, sempre alternandole a tempi meno carichi e invadenti, che vedono il solito Florian dimenarsi a ‘tutto campo’ senza pietà. E lo stesso fa Cèdric martellando le sue pelli a più non posso con estrema precisione e con un particolare timbro del suo ride, che resta facilmente impresso su “A Way To Survive” e sulla successiva ”Locusts”. Il trittico conclusivo composto da “Holy Cleansing”, “Vows Of A Tyrant” e “Coronation” non può che confermare le buone sensazioni percepite durante tutto il disco.

Nessun calo di tensione, nessuna idea rivoluzionaria ma tanta classe messa in campo da parte della The Walking Dead Orchestra, che si conferma più che una realtà in ambito deathcore.

 

Vittorio “versus” Sabelli

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