Recensione: Arctic Thunder

Di Giuseppe Casafina - 14 Ottobre 2016 - 11:30
Arctic Thunder
Band: Darkthrone
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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70

DARKTHRONE BLOODY DARKTHRONE

 

I Darkthrone sono tornati.

E con essi, finalmente “Arctic Thunder” è arrivato.

Mai un ritorno sulle scene del duo norvegese ha causato così tanto trambusto, da ogni punto di vista si guardi la cosa.

In primis vi è la figura di Fenriz, ormai consacrata a mò di ‘Dave Grohl del metal estremo’, grazie alla sua rinata popolarità grazie alla pagina BAND of the WEEK e, soprattutto, grazie alla conduzione del podcast di Radio Fenriz. Tutto questo ovviamente, senza dimenticare anche gli annessi giri di gossip che negli ultimi tempi sono ronzati attorno al suo personaggio (tipo la sua assolutamente singolare candidatura politica, notizia che noi di TrueMetal ci siamo ben visti dal diffondere in quanto crediamo tuttora che fosse una cosa legata ad fattore estremamente personale dell’uomo Fenriz e non del personaggio come noi all’esterno lo conosciamo, senza offesa per nessuno sia chiaro).

Mettiamo poi sul piatto anche le dichiarazioni stesse del duo circa un ‘ritorno alle sonorità degli anni ’90’ e del completo comeback di Nocturno Culto alle parti vocali, la copertina ‘ad effetto’ e così via….ecco spiegato il tanto giustificato (?) clamore.

I Darkthrone ‘solitari e misantropi’ insomma, sembrano solo un lontano ricordo dell’adolescenza ed in fondo è giusto che sia così, perchè nella vita si cambia, si modificano stili ed abitudini: così, dopo tutti questi anni di mistero poi si scopre finalmente che il buon Fenriz è, alla fine, solo un simpatico metal-freak esaltato dal metal più rozzo e primordiale, un convinto estimatore della ferocia grezza servita su un piatto d’argento, un accanito ed appassionato collezionista di dischi, meglio ancora se rari ed introvabili. Fenriz è uno di noi, un personaggio sempre più esposto ed anche piuttosto amichevole tutto sommato (e soprattutto, molto spassoso), contrariamente alla seconda metà del gruppo, quel Nocturno Culto apparentemente sempre refrattario al contatto esterno (nonostante alcune sue sporadiche apparizioni sulla pagina Facebook ufficiale del duo), e all’esposizione mediatica, nonostante la sua presenza come special-guest in un B-Movie norvegese di recente pubblicazione….la nemesi di Fenriz insomma.

I Darkthrone ormai sono questi, son sempre stati questi nonostante alcune piccole differenze nelle varie fasi della loro carriera: prendere o lasciare.

E per quanto mi riguarda, io ‘prendo’ senza pormi alcun problema.

 

( – Da altri punti di vista, potrei anche esporvi la mia delicata posizione redazionale, che mi ha visto costretto ad analizzare il cosiddetto ‘promo’ del disco unicamente via streaming, con qualità audio neanche troppo brillante ed anche un certo numero di accessi limitato per ‘zine….un po’ troppa sicurezza anti-pirateria ma vabbè, in mezzo a tanta frenesia nell’attesa va bene che ogni precauzione non è mai troppa, ma forse si è un tantino esagerato con le limitazioni. – Nda )

 

Insomma, tutto questo discorso introduttivo serve solo a dire una cosa, cioè che se alcune cose ed atteggiamenti nella vita cambiano per forza, il suono dei Darkthrone non cambia mai.

 

TUNDRA SANGUISUGA (TUNDRA LEECH….)

 

Ciancio alle bande….ehm, bando alle ciance e pariamo di questo nuovo, attesissimo album del duo norvegese più popolare che ci sia oggigiorno.

Ad aprire le danze è quella ‘Tundra Leech’ diffusa dallo stesso Fenriz settimane or sono e che vanta il primato di pezzo più diffuso e visualizzato su Youtube e social network affini….Youtube e social network? Ma stiamo davvero parlando dei Darkthrone?!?!

Ebbene sì, stiamo parlando dei Darkthrone e, come già detto, oggi i Darkthrone sono anche tutto questo: condivisione, ciarla, gossip….ma fortunatamente anche tanta musica, suonata rigorosamente con gli attributi, almeno a ben giudicare da un pezzo come ‘Tundra Leech’ che, appunto, sfodera di suo tutti i tratti salienti dell’album: un suono sempre rozzo ma (volutamente?) più sparato e potente del solito, un riffing gelido che per certi versi fa palesemente il verso ai primi lavori puramente black del duo, un ritorno totale (salvo sporadiche occasioni) del buon Ted Skjellum, meglio noto come Nocturno Culto, alle parti vocali.

 

Ma i Darkthrone quindi, sono tornati davvero a suonare quel black metal che fino a dieci anni fa era loro segno distintivo, rinnegando 10 anni di carriera dedicati al più sfrenato Heavy & Black n’ Roll da cantina?

 

Non esattamente.

“Arctic Thunder” va visto ed ascoltato per quello che è, vale a dire un testamento di quello che al momento sono Fenriz & Nocturno Culto: in “Arctic Thunder” non vi è, infatti, alcun singolo momento in cui quanto ascoltabile suoni come artefatto o volutamente creato ad hoc, nel bene o nel male. Sono i Darkthrone, mica il gruppetto black della domenica!

Vero che alcune soluzioni generali sembrano accennare al riffing ormai mitico forgiato dal duo negli anni ’90, ma vi è anche una certa continuazione del discorso ‘Heavy n’ Roll’ cominciato ormai dieci or sono: una via di mezzo quindi, contaminata da dosi letali di doom ed anche qualche sperimentazione….ma occhio, sempre di sperimentazione in chiave Darkthrone si parla!

Quindi, dato che ‘Tundra Leech’ credo sia ormai cosa nota per tutti in quanto tutti bazzichiamo internet, passiamo al resto del disco.

 

IL FRAGORE DEL TUONO ARTICO SI ABBATTERA’ SU DI NOI!

 

Insomma, parte ‘Burial Bliss’ e quasi non ci credi.

Scontato quanto vuoi, ma sentire i Darkthrone suonare quel riff così spudoratamente ‘nineties’ è una di quelle cose che fanno davvero bene al tuo cuore metallico: pare di sentire un mix tra i loro primi lavori ed il suono più ‘raw’ e diretto della loro ultima fase. E mentre Nocturno Culto rovescia contro l’ascoltatore chissà quali anomalie liriche, il brano scivola via che è un piacere, perchè il riffing semplice quanto efficace ti si conficca nella carne come poca altra roba nel mondo dell’estremo.

….e quindi ti godi il brano, fottendotene alla grande che centomila altre band avranno negli anni già saccheggiato, spesso indegnamente, queste sonorità così classiche e bastarde, perchè i Darkthrone sono i signori assoluti!

Loro possono farlo ogni volta che lo vorranno e tutti i restanti imitatori sono solo palesi sudditi che altro non devon fare che inchinarsi al cospetto dei maestri!

Un gran bello scossone, nulla da ridire.

 

Ma dopo tanta classicità, ecco partire una chitarra acustica…si crea pathos e parte ‘Boreal Friends’, uno dei brani più ‘doomy’ e sperimentali dell’intero lavoro: perchè, oltre al tradizionale riffing di Nocturno Culto, assistiamo ad un sali-scendi di atmosfere anomalo per gli stessi Darkthrone ma che a quanto pare i Nostri sentono molto profondamente, dato l’eccellente risultato di coesione stlistica tra queste singole parti apparentemente così diverse tra loro. Poi il tutto si ferma di colpo, per introdurre una delle pochissime ( – se non l’unica, per quanto mi pare di ricordare per via del poco tempo concessomi, grazie ancora per questi Promo online così limitativi – Nda ) urla di Fenriz atte a spezzare il silenzio, per poi ripartire con un ‘riffone’ rallentato da brivido, viaggiando verso un secondo riff la cui coda finale ‘puzza’ di hard rock settantiano, spruzzata solo di un solismo chitarristico atmosferico che chiuderà lo sfumare finale del brano.

 

‘Inbred Vermin’ è la classica black metal song alla Darkthrone, con il solito sfrontato Nocturno Culto alla prese con liriche che sembrano avere a che fare con una simpatica e tranquillizzante estinzione del genere umano: anche qui, oltre ai soliti ritmi ‘punkeggianti’ di Fenriz, compaiono dei momenti in cui il tutto rallenta e ferisce quanto basta, il tutto sotto un riffing decisamente ispirato.

Nulla di trascendentale, ma decisamente godibile: e provate a trovare un singolo pezzo dei Darkthrone che sia davvero brutto e poi ditemi.

Chi ci riesce, in maniera universale e senza posizioni personali, riceverà una nocciolina usata in omaggio!

Vabbè, abbiamo scherzato, capita.

….tornando a noi, arriva la title-track, e lo fa con uno di quei ‘riff’ thrash da farti gelare il sangue: il risultato è in puro stle ultimi Darkthrone al 100%, sebbene in una veste più tagliente e bastarda.

Tanti grandi riff, uno dietro l’altro, segno di un duo particolarmente ispirato: qui non si va mai oltre il mid-tempo, nessuna accellerazione oltre una variazione in terzine, dritti fino al finale. Alta qualità, grande trademark e tutto quanto al posto giusto per un episodio di grande caratura, forse il migliore del disco, il che ci fa ben sperare per gli ultimi brani.

 

LA SPERANZA NON E’ MAI TROPPA?

 

…ed invece ‘Throw Me Through the Marshes’, a mio personale avviso, si rivela un brano non troppo riuscito: perchè, nonostante la particolarità di un inizio puramente doom e la presenza di grandi riff al proprio interno, non graffia come i precedenti pur rimanendo decisamente apprezzabile. Pare che effettivamente manchi qualcosa, come se i Nostri non avessero focalizzato le idee al meglio al contrario dei brani precedenti….ma alla fine sono i Darkthrone, ascolti e chissenefotte dai!

Per fortuna arriva il riffing malinconico ed epico delle prime note di ‘Deep Lake Tresspass’ a risollevare la situazione!

….ehm, non di molto in verità, in quanto il brano risulta, a conti fatti, un mix assai meno efficace di tutti gli elementi ascoltati finora nel disco, senza contare quell riff finale quasi IDENTICO (!) a quello (anch’esso finale) di ‘Tundra Leech’….ok che siete i Darkthrone e che potete fare quello che volete, ma con tutti i riff killer in grado di macinare, Nocturno Culto non era proprio capace di puntare su altro per il finale? Anche alla luce del fatto che quest’ultimo è stato il brano di anteprima del disco e che ormai conoscono tutti….ammetto che questa proprio non l’ho mandata giù!

“The Wyoming Distance” è il pezzo scelto per chiudere il disco e, sebbene migliore degli ultimi due brani che lo hanno preceduto, non è neanche lontanamente all’altezza delle prime cinque scariche di adrenalina del disco, risultando una versione assai più breve ed anonima della title-track: brano ascoltabilissimo per carità, ma il difetto in questo caso è quello di essere troppo corto e forse neanche troppo ben ben sviluppato, dato che le parti ed i relativi riff sembrano inseriti un po’ a caso….però il divertente siparietto finale dove i Nostri rimangono a chiacchierare una volta finito il brano vale la candela, con tanto di Fenriz intento ad intonare il ritornello di ‘Broken Wings’ (link, incredibile ma vero!) e il riff iniziale di ‘Tundra Leech’ ( – insomma, ‘sto brano è un tormentone anche per i Darkthrone stessi – Nda )!

Che adorabili cazzoni!

 

CONSIDERAZIONI FINALE: MA IL TUONO COLPISCE OPPURE VA A VUOTO?

 

Un tuono che via via perde in potenza? Sì e no.

Insomma, diciamo che il risultato del tuono è distruttivo per poco più di metà….su 8 pezzi totali, solo 5 sono quelli realmente riusciti mentre i tre pezzi finali risultano secondo me piuttosto blandi e poco ispirati rispetto al resto (ripeto, almeno per quello che mi è stato concesso ascoltare in streaming per il promo) ed anzi, sfociando in vere e proprie situazioni che oserei definire imbarazzanti anche per gli stessi Darkthrone, come il citato riff finale in stile ‘Tundra Leech’.

Però, aldilà di tutto, il disco suona sempre “We Are Fuckin’ Darkthrone” e di certo non si butta via nulla.

E detto questo, sebbene nulla si può dire contro l’onestà del proprio operato, vi sarebbe in gioco anche la mia di onestà: quella che mi permette il ragionevole sogno/dubbio di ipotizzare che, se “Arctic Thunder” avesse potuto beneficiare di un periodo di composizione più lungo, forse ora sarebbe davvero un capolavoro mancato e non solo un disco riuscito a metà!

Insomma, ragazzi vi voglio e vi vogliamo bene, ma stavolta oltre un 6 e mezzo non si va….diventa un 7 tondo sulla base della stima profondissima che nutriamo per i Darkthrone, con la speranza che il prossimo disco risulti ben più solido e costante (anche perchè di sicuro i nostri eroi ben poco se ne fregheranno delle nostre opinioni circa il loro operato, da buona tradizione di Fenriz & Co).

Ma, aldilà di tutto, se quel che vi serve è solo un nuovo disco al “100% Darkthrone” anche stavolta non ne rimarrete delusi: i ragazzi sono una garanzia e non sono cambiati di una virgola.

Darkthrone tutta la vita, sempre e comunque ed anche in casi come questo.

 

Giuseppe “Maelstrom” Casafina

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