Recensione: As Daylight Breaks

Di Luca Montini - 17 Gennaio 2015 - 19:15
As Daylight Breaks
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2015
Nazione:
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80

Spagna. Anno 2013. È una giornata calda e luminosa di fine agosto. L’ex chitarrista degli Helloween, Roland Grapow (attualmente in forze ai Masterplan) si trova nel backstage assieme al più giovane bassista Mario Lochert (Visions of Atlantis). Sul posto anche qualche cerveza fresca e dorata, ad allietare le chiacchiere dei due musicisti tedeschi. Mario riflette sulla possibilità di creare una band di all-stars con sei musicisti, ma Roland è scettico. Troppi problemi, troppi rischi. La discussione termina con un “forse”,  o più probabilmente con un: “Wir werden sehen”
Germania. Monaco di Baviera. Mario contatta senza indugi un suo vecchio amico batterista. Non proprio l’ultimo arrivato: stiamo parlando del signor Thomen Stauch (ex-Blind Guardian). Consenso immediato. Con una partenza così a razzo, l’ingresso di Jan Vacik (ex- Dreamscape) e Dominik Sebastian (Edenbridge) avviene senza condizioni e senza riserve.
I cinque si riuniscono a gennaio 2014 ai “Dreamsound Studios” di Monaco, senza avere ancora la più pallida idea di dove li avrebbe portati l’ispirazione ed il progetto. Dopo una lunga notte di aneddoti, birre, chiacchiere ed altre birre, la band inizia la delicata fase di songwriting. 
Sette giorni di lavoro, otto pezzi. Non male.
Resta solo un nodo da sciogliere: chi piazzare dietro al microfono? Mario invia alcune mail e samples allo svedese Urban Breed (ex-Tad Morose, ex- Bloodbound, Trail of Murder), che dopo aver visionato il materiale accetta con entusiasmo: “Ok, sono dentro, se davvero lo volete!”. Tempo qualche giorno, ed ecco che anche le sue idee confluiscono sui brani già composti, terminando così la stesura dei pezzi. 
Questa è la genesi dei Serious Black”, band con un moniker decisamente fuori dal comune, probabile citazione harrypotteriana al “Prigioniero di Azkaban”, padrino del maghetto nato dalla penna di J.K. Rowling. La band, oltre a ricordarci di non chiamarla semplicemente “progetto”, ha con “As Daylight Breaks” l’obiettivo luminoso e chiaro di farci gustare un disco di buon power metal melodico, solare e positivo. Come quella giornata di agosto in Spagna dalla quale tutto è cominciato.

Il target è perfettamente centrato col potere dirompente della luce che si irradia già nell’artwork. 
Fin da subito è fortemente riconoscibile il drumming furente ed esplosivo del vecchio Thomen, complice una produzione di ottima fattura che sottolinea la sezione ritmica senza tuttavia obliare il tappeto di tastiere (come nella tastierosa “High and Low”) ad arricchire ed il riffing talvolta più cupo, talvolta più alto delle chitarre del Grapow. La prova di Breed al microfono lascia sulle prime abbastanza confusi, per poi crescere rapidamente con gli ascolti e convincere: versatile sia nelle parti più aggressive come l’opener al fulmicotone “I Seek no Other Life”, o la grintosa “Setting Fire to the Earth”, a quelle più melodiche come la rilassante ballad e titletrack “As Daylight Breaks”, col suo accompagnamento di pianoforte e crescendo sinfonico. 
Simpatica la trovata del dittico “Temple of the Sun” – “Akhenaton”, nel quale la prima fa da preludio in piena atmosfera egizia alla seconda, un pezzo sul celebre faraone considerato eretico perché intenzionato ad introdurre il culto del dio del sole Aton. Akhenaton, infatti è il nome autoattribuitosi da  Amenofi IV, e significa “colui che è utile ad Aton”.
Nel disco c’è anche posto per la curiosa “Trail of Murder”, che ha il nome della band solista di Breed, la quale non ha scritto alcun pezzo omonimo nell’unico disco pubblicato “Shades of Art”. Hmmm…
Buona la chiusura del disco con “Listen to the Storm”, sempre ben confezionata con una breve intro “tonante” che apre all’arpeggio della power ballad, e con la successiva “Older and Wiser”, che magari eccede nel ripetere il ritornello ma poco conta: è così trascinante che si è già stampata in testa al buon ascoltatore.

As Daylight Breaks” è un bel disco di power metal melodico, consigliato senza remore agli amanti del genere. Poco da aggiungere. Non scopre certo nulla di nuovo ma è composto con gusto, forte della notevole esperienza dei musicisti coinvolti. Un platter che garantisce quaranta minuti di buona musica senza filler né momenti di noia. Peccato che il moniker misconosciuto non dirà nulla alla massa, se non agli addetti ai lavori, e doppiamente peccato per i due tragici infortuni delle due stelle più fulgide del combo proprio ad inizio tour: Roland Grapow e Thomen Stauch, ai quali vanno i nostri migliori auguri di rapida guarigione. La speranza è che la luce emanata dalla band riesca a sconfiggere le cupe tenebre che si addensano su di essa. Riusciranno i nostri eroi nell’impresa? 
 

I live today
I live tonight
I stand alone and I alone decide what’s right
So when tonight has come
Just when the hunt is on
I seek no other life!

 

Luca “Montsteen” Montini
 

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