Recensione: As the World Dies

Di Andrea Bacigalupo - 25 Febbraio 2019 - 8:30
As the World Dies
Band: Trauma (US)
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2019
Nazione:
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I Trauma sono un gruppo storico statunitense, nato nel 1981, periodo in cui il Metal stava assumendo la sua forma più concreta.

Tra le particolarità, nella primissima formazione, che ha inciso un demo di tre pezzi per meno di otto minuti e mezzo, il bassista era il Cliff Burton, che ha militato nella band prima di entrare nella formazione dei Metallica e diventare la leggenda che è ancora oggi, nonostante siano passati trentadue anni dalla sua prematura ed ingiusta morte.

L’album d’esordio, dal titolo ‘Scratch and Scream’, pubblicato nel 1984, dopo la partecipazione alla compilation ‘Metal Massacre Vol II’ del 1982, fu una discreta rampa di lancio che però non funzionò del tutto. Il gruppo ebbe un certo seguito ma non riuscì ad emergere, tanto è vero che, dopo un secondo demo nel 1984, si sciolse per poi rinascere quasi trent’anni dopo per incidere prima ‘Rapture and Wrath’ nel 2015 e poi ‘As the World Dies’, distribuito autonomamente dal 2018 e poi dalla Pure Steel Records dal 15 febbraio 2019.

I Trauma del 2018 sono una band quasi del tutto nuova rimanendo unico membro della formazione originale del 1981 il vocalist Donny Hillier e della lineup del 2013 il batterista Kris Gustofson. Gli altri musicisti sono stati sostituiti dal chitarrista Steve Robello, proveniente dai Thrashers Dublin Death Patrol, dal bassista Greg Christian, già nei Trinity Fallen, ma con la maggior parte dell’esperienza fatta nientemeno che nei Legacy e nei Testament (che poi, in pratica, sono la stessa band) e dalla seconda ascia Joe Fraulob, militante, dal 2003 al 2006, nei Danzing.

I nuovi Trauma attingono, dunque, dal proprio retaggio, non dimenticando le tendenze degli anni ’80, ed anche a ciò che c’era prima, ma si adeguano ai tempi di oggi, evitando inutili nostalgie ma piuttosto vogliono dare continuità evolutiva al loro stile rendendolo moderno.

Bandpic TRAUMA 2

Quel che esce dal disco è un compatto ed incisivo Heavy Metal, che si dirama prepotentemente in più direzioni, trasformandosi, in certi momenti, in un furioso Thrash mentre in altri sono i ritmi più cadenzati che sanno di NWOBHM a prevalere.

I toni sono pesanti ed aggressivi e seguono attente linee melodiche che rendono il tutto omogeneo e con un buon groove.

La voce di Hillier, potente, di alta estensione ed interpretativa (si potrebbe dire di scuola Bruce Dickinson, se non fosse che Hillier ha, probabilmente, iniziato prima) ed i dinamici ed estroversi assoli di chitarra donano un particolare tocco ai brani, rendendoli epici ed enfatici.  

La sezione ritmica è corposa, energica ed esplosiva quando serve, accompagnando i solisti con precisione e determinazione.

Il risultato è un lavoro diretto e senza fronzoli, dove l’alto potenziale degli artisti si sente alla grande e che può accontentare i gusti di un po’ tutto il mondo Metal.           

Ad esempio l’opener ‘The Rage’ inizia in modo cupo, ricordando l’addensarsi di nuvole nere prima che scoppi il temporale, per poi accelerare e dividersi tra sezioni veloci ed altre cadenzate unite da un refrain determinato.

La seguente ‘From Here to Hell’ è invece un Thrash aggressivo nel quale s’insinua un refrain anthemico e melodico.

La title-track ‘As the World Dies’ si scompone in cadenze e tempi veloci, unendo praticamente le caratteristiche dei primi due pezzi.

Gun to Your Head’ è un brano decisamente da palco: un Thrash ‘N Roll incisivo con un chorus sbarazzino che fa scuotere la testa mentre la successiva ‘Last Rites’ è una ballata elettrica dai toni forti e rassegnati.

Run for Cover’ inizia tranquilla con un arpeggio acustico seguito dalle chitarre gemelle, ma è una finta. Stop e via di sano e borioso Heavy metal, veloce ed anthemico che non lascia tregua, frammentato da un rallentamento improvviso con assolo lento e romantico e da un interludio potente; la parte solista è mozza fiato.

L’album prosegue con l’enfatica ‘Asylum’, poi con ‘Entropy’, una via di mezzo tra una ballata ed un tempo medio molto pestato e ‘Cool Aid’, un po’ fuori dalle righe è moderna, furiosa ma incitante; un altro pezzo che si spera venga inserito nella loro scaletta live.

Conclude il lavoro ‘Savage’, un Heavy Metal spedito e da manuale, con refrain cadenzato ed un buon assolo di twin-guitars.

Concludendo, il ritorno dei Trauma è più che gradito. Speriamo che la formazione si stabilizzi e prosegua il suo percorso, visto l’alto apporto che i singoli elementi attuali possono dare al progetto. Restiamo in attesa degli sviluppi.

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