Recensione: As Time Goes By

Di Stefano Santamaria - 25 Marzo 2017 - 0:00
As Time Goes By
Band: Falaise
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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65

“As Time Goes By” è la prima fatica in studio per i nostrani  Falaise. Il full-lenght  è originariamente uscito come autoprodotto nel 2015, ma non resta per fortuna relegato all’underground e viene ora riproposto, a distanza di un anno, dalla ATFM. 

Un ‘ora di onirico sound, in cui ci immergiamo e scompariamo, perdendoci in pensieri caduchi, confortati dal silenzio che ci circonda. Persi nell’anonimato di una nebbia fitta, ci incamminiamo in un black metal atmosferico, capace di sfiorare il post rock ed evaporare in un ambient solo a tratti sofferto. Ci incuneiamo in una nera fiamma gelida, ma mai eccessivamente violenta. La voce, cupa e distorta, resta in lontananza, pensiero doloroso da cui ci si allontana, progressivamente. Questi crescendo epici ci innalzano in una dimensione inaspettata, un approccio che ci ricorda la scuola norvegese, ma che poi si attesta via via nei classici stilemi del filone. 

Le lacrime che rigano un volto stanco si disperdono in una foschia che si colora di un tenue sole pallido, un sussurro che di volta in volta ci regala la forza di continuare, tra le avversità. 

“No Destination” incarna queste difficoltà, per poi sfumare in armonie consolanti e franare d’improvviso nella mestizia. Così ci verrebbe da pensare alla vita, alle salite che ci aspettano, ma che idealmente ci portano verso l’alto. 

I brani, assai articolati, restano in più punti ancorati a certe strutture, ed è forse il limite di un disco ben fatto, ma ancora scevro di quegli alti necessari ad emozionare davvero.

Il gusto per le melodie, la capacità di emozionare e la sensibilità si sentono, ed in tal senso ci riteniamo speranzosi per il futuro di tale  progetto. Da qui però bisogna saper ripartire, perché il viaggio è lungo, e siamo solo all’inizio. La nebbia, resta in parte fitta ed in parte diradata, compromesso che non ci soddisfa a pieno, poiché non è stata ancora tracciata chiaramente la via che gli interpreti vogliono intraprendere.

La produzione ovattata, ed i brani dilatati dall’enfasi via via profusa, rendono il full-lenght statico e monotono in alcuni passaggi. Ridondanza che tedia, ma che perdoniamo proprio per la genuinità dei sentimenti trasmessi. Noi scommettiamo sui ragazzi, e vi consigliamo l’ascolto di un disco curato, in grado di unire rabbia a sogno e di trasportarci via dalle quattro mura che spesso ci opprimono.

 

Stefano “Thiess” Santamaria

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